ARRESTO PER BANCAROTTA A BOLOGNA – VICENZA RAVENNA MILANO AVVOCATO PENALISTA ARRESTO BANCAROTTA
bancarotta fraudolenta ed evasione fiscale
il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente ex articolo 19, secondo comma, d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231 non può essere disposto su beni appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per violazioni finanziarie commesse dal suo legale rappresentante, poiché gli articoli 24 ss. d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231 non includono i reati fiscali tra le fattispecie criminose in grado di giustificare il suddetto provvedimento, tranne nel caso in cui la struttura societaria sia un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti così che ogni cosa intestata alla società sia invece immediatamente riconducibile alla disponibilità dell’autore del reato (Cass., Sez. III, 28 febbraio 2013 n. 9576; Cass. Sez. III, 19 settembre 2012-10 gennaio 2013 n. 1256; Cass. Sez. III, 4 luglio 2012 n. 25774; Cass. Sez. III, 29 agosto 2012 n. 33371; Cass. Sez. VI, 1 dicembre 2010 n. 42703). Il superamento dell’alterità della soggettività giuridica riconosciuta all’ente rispetto alle persone fisiche che agiscono per esso e nell’interesse di esso non può infatti – a parte l’ipotesi in cui già di per sé l’alterità non sussista, costituendo un’apparenza occultante il reo, che si avvale della persona giuridica allo stesso modo in cui potrebbe avvalersi di una persona fisica come prestanome (fattispecie simulatorie in cui non vi è compresenza di più soggettività, bensì traslocamento dell’unica in una maschera, un “guscio vuoto”) – non derivare da una fonte di legislazione primaria, che allo stato è identificabile nel d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, il quale esclude i reati tributari dalle fattispecie criminose idonee a giustificare la cautela in questione
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE ARRESTO BANCAROTTA
SEZIONE III PENALE
Sentenza 14 febbraio – 5 giugno 2013, n. 24519
(Presidente Squassoni – Relatore Graziosi)
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 18 maggio 2012 il Tribunale di Cagliari ha respinto l’istanza di riesame proposta da G.R. – indagato per il reato di cui all’articolo 10 bis d.lgs. 74/2000 per avere, quale rappresentante legale di Atlantis S.p.A., società in seguito fallita, omesso di versare la ritenuta alla fonte sugli emolumenti dei dipendenti nel periodo d’imposta 2007 – del decreto di sequestro preventivo, emesso il 5 aprile 2012 dal gip dello stesso Tribunale, avente ad oggetto una somma di denaro fino ad Euro 257.755 nella disponibilità del suddetto G.
Il riesame era stato richiesto per asserito difetto del fumus commissi delicti (vi sarebbe stata impossibilità oggettiva di adempiere all’obbligo di versamento), per violazione degli articoli 321 c.p.p. e 322 ter c.p. e adducendo che il sequestro avrebbe dovuto essere effettuato sui beni sociali, avendo il reato comportato semmai un indebito beneficio solo alla società.
Il Tribunale, in ordine al fumus, evidenziava che il sequestro preventivo richiede solo una sua valutazione sommaria, e che nella fattispecie si poteva ritenere sussistente la concretezza del reato intesa come fatto materiale (essendo stato accertato l’omesso versamento nei termini di presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta). Il riferimento dell’indagato alle difficoltà finanziarie aziendali dimostrava poi la sua consapevolezza sia dei suoi doveri sia dell’inottemperanza agli stessi; se veramente vi fosse stata impossibilità di corrispondere le ritenute in proporzione alle retribuzioni pagate, avrebbe dovuto operare una riduzione proporzionale dei pagamenti fintanto che fosse consentito all’impresa di adempiere anche il proporzionale onere fiscale. Non sussisteva neppure impossibilità materiale di effettuare il versamento in conseguenza del concordato preventivo, giacché durante tale procedura il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, seppure sotto la vigilanza del commissario giudiziale; e per un versamento di imposta non sarebbe stata necessaria neppure la preventiva autorizzazione del giudice delegato, prevista solo per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione (articolo 167 l.fall.).
Riguardo poi alla seconda doglianza, il Tribunale ha rilevato l’applicabilità dell’articolo 322 ter c.p., in quanto esteso ai reati tributari dall’articolo 1 comma 143 L. 24 dicembre 2007 n. 244, essendo stato contestato il reato come commesso nel luglio 2008, cioè in coincidenza con la scadenza del termine per la presentazione annuale della dichiarazione del sostituto d’imposta, quindi in epoca ben successiva all’entrata in vigore della estensione suddetta. L’articolo 322 ter c.p., poi, è applicabile integralmente ai reati tributari, per cui il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente è disponibile non soltanto per il prezzo ma anche per il profitto del reato.
Quanto alla assoggettabilità dei beni del legale rappresentante della società, in luogo dei beni sociali, al sequestro, osservava il Tribunale che la giurisprudenza di questa Suprema Corte insegna che per i reati commessi nell’interesse della persona giuridica il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente sui beni della persona fisica non richiede per la sua legittimità la preventiva escussione del patrimonio dell’ente.
2. Avverso l’ordinanza ha presentato ricorso il difensore del G., articolandolo su tre motivi: il primo motivo denuncia violazione dell’articolo 321 c.p.p. per assenza del fumus commissi delicti; il secondo ancora violazione dell’articolo 321 c.p.p., nonché dell’articolo 322 ter c.p.; il terzo propone eccezione di manifesta incostituzionalità dell’articolo 1 comma 143 l. 244/2007 rispetto agli articoli 2, 3, 27, 42 e 53 Cost.
Considerato in diritto
3. Il ricorso non è fondato.
3.1 Il primo motivo sostanzialmente riproduce il primo motivo della richiesta di riesame, senza apportarvi, del resto, reali novità: all’epoca dei fatti la società amministrata dall’indagato sarebbe stata in una situazione di grave dissesto economico e le risultanze delle indagini non consentirebbero di stabilire l’astratta configurabilità del reato. Si tratta evidentemente di un motivo di natura fattuale, che implica una cognizione preclusa al giudice di legittimità ed è pertanto in questa sede inammissibile.
3.2 Il secondo motivo a sua volta ripropone sostanzialmente il secondo motivo della richiesta di riesame. Si richiama, infatti, l’articolo 1 comma 143 della legge finanziaria 2007 (l. 24 dicembre 2007 n. 244) che estende ai reati di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11 d.lgs. 74/2000 le disposizioni dell’articolo 322 ter c.p., “in quanto applicabili”, deducendone che la confisca per equivalente di cui al primo comma di tale articolo attiene solo al prezzo dell’illecito, e nel caso di specie il risparmio dell’Imposta avrebbe realizzato invece l’ipotesi del profitto del prezzo del reato, di cui al secondo comma, che, se applicato nella fattispecie, darebbe luogo ad una – illegittima per la legge penale – analogia in malam partem. E comunque il beneficio dell’illecito sarebbe stato fruito dalla società, per cui i beni di questa avrebbero dovuto essere sequestrati.
Per quanto riguarda la prima parte del motivo, cioè l’interpretazione dell’ambito di applicabilità dell’articolo 322 ter c.p., consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte ha ormai chiarito l’applicabilità integrale di tale norma, giurisprudenza rispetto alla quale le osservazioni svolte nel ricorso non sono idonee a consentire mutamento. È evidente ictu oculi, infatti, che l’articolo 1, comma 143, L. 244/2007 si riferisce all’intero articolo 322 ter c.p.: poiché, dunque, il rinvio integrale rende applicabili ai reati tributari entrambi i commi dell’articolo 322 ter c.p., la loro applicazione non costituisce interpretazione estensiva, per cui non si pone alcun problema di violazione del principio di legalità della legge penale. D’altronde il rapporto tra il primo e il secondo comma della norma non comporta, nel caso dei reati tributari, l’inapplicabilità di entrambi, giacché la differenza tra profitto e prezzo del reato (e quindi la sussistenza dell’uno e/o dell’altro) discende dalla natura del reato stesso (cfr. Cass., sez. III, 7 luglio 2010 n. 35807, che trae fondamento a proposito dei reati tributari proprio da S.U. 25 giugno 2009 n. 38691) e non si pone pertanto su un piano astratto ed esterno alla fattispecie criminosa (non sussiste infatti una norma che definisca la nozione di profitto del reato, locuzione utilizzata in maniera meramente enunciativa nelle varie fattispecie in cui è inserita, assumendo quindi un’ampia “latitudine semantica” da colmare in via interpretativa, occorrendo allo scopo non solo una correlazione diretta del profitto con il reato ma altresì una stretta affinità del profitto con l’oggetto del reato stesso:cfr. ancora S.U. 25 giugno 2009 n. 38691, nonché S.U. 2 luglio 2008 n. 26654). E, nelle fattispecie criminose tributarie, la giurisprudenza ha individuato il profitto come integrato da qualsiasi vantaggio patrimoniale derivante dalla imposta evasa (da ultimo Cass. sez. III, 2 dicembre 2011-16 gennaio 2012 n. 1199 e Cass. sez. V, 10 novembre 2011-17 gennaio 2012 n. 1843); non si vede pertanto il motivo per ritenere inapplicabile a tali fattispecie criminose il sequestro preventivo in quanto finalizzato alla confisca per equivalente di un profitto nel caso concreto di indubbia sussistenza.
Né infine, si osserva ad abundantiam, porta alcuna incidenza interpretativa in senso contrario il recente intervento del legislatore sul primo comma dell’articolo 322 ter c.p., laddove le parole “o profitto” sono state inserite a chiudere appunto il suddetto comma dall’articolo 1 L. 6 novembre 2012 n. 190 (in probabile correzione di precedente omissione, dato che in precedenza il comma già si riferiva a “beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo”).
Per quanto concerne, poi, il fatto che il sequestro abbia colpito i beni della persona fisica anziché i beni sociali, è stato chiarito dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte che il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente ex articolo 19, secondo comma, d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231 non può essere disposto su beni appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per violazioni finanziarie commesse dal suo legale rappresentante, poiché gli articoli 24 ss. d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231 non includono i reati fiscali tra le fattispecie criminose in grado di giustificare il suddetto provvedimento, tranne nel caso in cui la struttura societaria sia un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti così che ogni cosa intestata alla società sia invece immediatamente riconducibile alla disponibilità dell’autore del reato (Cass., Sez. III, 28 febbraio 2013 n. 9576; Cass. Sez. III, 19 settembre 2012-10 gennaio 2013 n. 1256; Cass. Sez. III, 4 luglio 2012 n. 25774; Cass. Sez. III, 29 agosto 2012 n. 33371; Cass. Sez. VI, 1 dicembre 2010 n. 42703). Il superamento dell’alterità della soggettività giuridica riconosciuta all’ente rispetto alle persone fisiche che agiscono per esso e nell’interesse di esso non può infatti – a parte l’ipotesi in cui già di per sé l’alterità non sussista, costituendo un’apparenza occultante il reo, che si avvale della persona giuridica allo stesso modo in cui potrebbe avvalersi di una persona fisica come prestanome (fattispecie simulatorie in cui non vi è compresenza di più soggettività, bensì traslocamento dell’unica in una maschera, un “guscio vuoto”) – non derivare da una fonte di legislazione primaria, che allo stato è identificabile nel d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, il quale esclude i reati tributari dalle fattispecie criminose idonee a giustificare la cautela in questione.
3.4 Queste considerazioni investono anche il quarto motivo, giacché con esso il ricorrente propone, come si è visto, eccezione di illegittimità costituzionale dell’articolo 1 comma 143 l. 244/2007, fondandola sul fatto che, nel caso in esame, l’utilizzo dell’istituto della confisca per equivalente inciderebbe solo sul patrimonio personale dell’imputato e non anche su quello della società che avrebbe tratto vantaggio dalla commissione dell’illecito, realizzandosi così una disparità di trattamento, sproporzionata e afflittiva, rispetto ai casi in cui l’unico destinatario della confisca per equivalente resta l’ente nel cui vantaggio l’illecito è stato commesso. Si tratta, invero, di una condotta criminosa posta in essere da un soggetto diverso rispetto all’ente, che non assume alcun ruolo concorrenziale nella commissione del reato; risiede dunque – ovviamente nel rispetto dei principi costituzionali – nella valutazione discrezionale del legislatore ordinario istituire eccezioni al “confine” della soggettività giuridica, così da coinvolgere negli effetti della condotta del reo anche un soggetto che reo non è. Nel caso di specie, premesso che logicamente la questione di illegittimità costituzionale dovrebbe porsi non in riferimento soltanto all’articolo 1 comma 143 l. 244/2007 bensì al suo combinato disposto con il d.lgs. 3 giugno 2001 n. 231, la difformità del presupposto – cioè della fattispecie criminosa – rispetto alle ipotesi in cui appunto il d.lgs. 231/2008 consente il sequestro preventivo ai fini della confisca per equivalente anche sui beni di una persona giuridica, esclude manifestamente la prospettabilità di una violazione dei principi costituzionali invocati dal ricorrente e quindi conduce al disattendimento anche del quarto motivo.
In conclusione il ricorso deve essere respinto, con conseguente condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Dichiara irrilevante la questione di legittimità costituzionale; rigetta il ricorso e condanna ricorrente al pagamento delle spese processu
Certo non e’ cosa simpatica essere arrestati, in quanto non si sa quando finisce la custodia cautelare.
Certo si puo’ andare in carcere per bancarotta per una pena diventata definitiva ma questo è meno improvviso,
adesso sto scrivendo per la difesa di coloro che a Bologna o Milano e Venezia o Ravenna o Vicenza padova vengono sottoposti a custodia cautelare per ipotesi delittuose di bancarotta fraudolenta.
ARRESTO PER BANCAROTTA BOLOGNA, ARRESTO PER BANCAROTTA PAVIA, ARRESTO PER BANCAROTTA VICENZA
default di uno stato
In questa fase le esigenze cautelari che portano alla custodia cautelare in carcEre sono comuni agli altri reati
arresti domiciliari (art. 284 c.p.p.) nella ipotesi “base” prevedono l’obbligo per il soggetto di non allontanarsi dal luogo indicato nel provvedimento; il Giudice può, tuttavia, disporre una modalità più rigida che prevede anche il divieto di comunicazione con le persone diverse da quelle che coabitano o che, comunque, prestano assistenza all’indagato o all’imputato; analogamente, ove l’indagato/imputato non possa provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita, ovvero versi in uno stato di assoluta indigenza, il Giudice può disporre la possibilità di allontanarsi dal luogo per il tempo strettamente necessario a provvedere a tali esigenze, ovvero ad esercitare un’attività lavorativa. In qualunque momento il P.M. o la polizia giudiziaria, anche di iniziativa, può controllare l’osservanza delle prescrizioni imposte. L’imputato
agli arresti domiciliari è considerato in stato di custodia cautelare (di talché potrà commettere il delitto di evasione ex art. 385 c.p. ed il pre-sofferto andrà a decurtare il quantum da scontare in caso di condanna definitiva);
– custodia cautelare in carcere (art. 285 c.p.p.), costituisce la misura massimamente afflittiva; disposizioni particolari sono previste dall’art. 286-bis c.p.p. in caso di persone affette da HIV o, che si trovino, comunque, in situazioni di incompatibilità con lo stato di detenzione;
1. Le misure cautelari sono disposte (:
a) quando sussistono specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini relative ai fatti per i quali si procede, in relazione a situazioni di concreto e attuale pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova ], fondate su circostanze di fatto espressamente indicate nel provvedimento a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio [292]. Le situazioni di concreto ed attuale pericolo non possono essere individuate nel rifiuto della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato di rendere dichiarazioni né nella mancata ammissione degli addebiti ;
b) quando l’imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto e attuale pericolo che egli si dia alla fuga, sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione (3). Le situazioni di concreto e attuale pericolo non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede;
arrestati bancarotta fraudolenta pratoIn tema di misure cautelari personali, il pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova, richiesto dall’art. 274 lett. a) cod. proc. pen., per l’applicazione delle stesse, deve essere concreto e va identificato in tutte quelle situazioni dalle quali sia possibile desumere, secondo la regola dell'”id quod plerumque accidit”, che l’indagato possa realmente turbare il processo formativo della prova, ostacolandone la ricerca o inquinando le relative fonti. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto insufficiente la motivazione delle esigenze cautelari fondata sul persistente inserimento dell’indagato nell’amministrazione comunale nella quale i reati erano stati commessi e dei conseguenti rapporti con altri soggetti presenti nell’organigramma dell’ente, aventi la veste di persone informate sui fatti).
arresto per bancarotta fraudolenta 051 6447838
arresto per bancarotta fraudolenta
arresto per bancarotta fraudolenta
arresto per bancarotta fraudolenta
ARRESTO BANCAROTTA
E legittima l’adozione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con l’obbligo di soggiorno nei confronti di persona già sottoposta al divieto, disposto dal questore, ai sensi dell’art. 6, comma quinto, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, di accedere a manifestazioni sportive, con relativo obbligo di presentazione personale all’autorità di polizia in occasione degli incontri di calcio (DASPO), in quanto si tratta di misure differenti che non si sovrappongono. In tema di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto nell’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, non richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione prognostica fondata su elementi concreti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure l’impugnata ordinanza del tribunale del riesame, che, nel confermare la misura custodiale disposta dal G.I.P. nei confronti dell’indagato per fatti di furto in abitazione, aveva argomentato l’attualità del pericolo di recidiva – nonostante la confessione resa e l’emergenza di un solo lontano precedente – dalla particolare spregiudicatezza dimostrata dal medesimo, sfuggito alla cattura in occasione della perpetrazione del primo furto e nondimeno pronto, a distanza soltanto di qualche giorno, a commetterne un altro).
In tema di misure cautelari, il requisito della attualità del pericolo di fuga di cui all’art. 274, comma primo, lettera b), cod. proc. pen. (nel testo modificato dalla legge n. 47 del 2015), richiede la formulazione di un giudizio prognostico in base al quale ritenere, senza il ricorso a formule astratte e non verificabili in concreto, che sia imminente la sottrazione dell’indagato al processo e, in caso di condanna, alla irrogazione della pena. (In applicazione del principio, la S.C.ha censurato l’ordinanza che aveva desunto il pericolo di fuga di una cittadina rumena principalmente dalla sua facilità di spostamento all’estero, laddove dagli atti risultava che la stessa si era limitata ad attivarsi per il trasferimento presso la nazione di provenienza dei profitti illecitamente conseguiti).
In tema di esigenze cautelari, il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto all’art. 274, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, impone la previsione, in termini di alta probabilità, che all’imputato si presenti effettivamente un’occasione per compiere ulteriori delitti della stessa specie, e la relativa prognosi comporta la valutazione, attraverso la disamina della fattispecie concreta, della permanenza della situazione di fatto che ha reso possibile o, comunque, agevolato la commissione del delitto per il quale si procede, mentre, nelle ipotesi in cui tale preliminare valutazione sia preclusa, in ragione delle peculiarità del caso di specie, il giudizio sulla sussistenza dell’esigenza cautelare deve fondarsi su elementi concreti – e non congetturali – rivelatori di una continuità ed effettività del pericolo di reiterazione, attualizzata al momento della adozione della misura, e idonei a dar conto della continuità del “periculum libertatis” nella sua dimensione temporale, da apprezzarsi sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi dell’effettività di un concreto ed attuale pericolo di reiterazione.
Originally posted 2021-06-21 16:32:42.