BANCAROTTA FRAUDOLENTA AVVOCATO ESPERTO DIFENDE BOLOGNA MILANO ROMA PERUGIA VICENZA E TUTTA ITALIA
BANCAROTTA FRAUDOLENTA AVVOCATO ESPERTO DIFENDE BOLOGNA MILANO ROMA PERUGIA VICENZA E TUTTA ITALIA
La suprema corte con sentenza Cass. pen. n. 38810/2006 ha affermato che
In tema di bancarotta per distrazione (art. 216 L. fall.), è illegittima la decisione con cui il giudice di appello applichi la disciplina della continuazione in relazione ad una pluralità di fatti distrattivi anziché considerarli quale circostanza aggravante, ai sensi dell’art. 219, comma primo, n. 1 L. fall., in ragione della concezione unitaria del reato di bancarotta ed al fine di mitigare il rigore derivante dall’applicazione delle norme sul concorso di reati.
Inoltre sempre la suprema corte Cass. pen. n. 10391/2005
Ha disposto che la previsione di cui all’art. 219, terzo comma, legge fall., che contempla una circostanza a cosiddetto effetto speciale, applicabile qualora il danno patrimoniale cagionato dai reati di cui agli artt. 216, 217 e 218 legge fall., sia di speciale tenuità, prevede una diminuzione di pena «fin al terzo» e non sino al massimo di un terzo.
La corte Cass. pen. n. 32254/2003 ritiene che
In tema di reati fallimentari, diversi episodi di bancarotta nell’ambito dello stesso fallimento ben possono atteggiarsi quali segmenti di un più ampio comportamento distrattivo in un’articolata condotta criminosa, come previsto quoad poenam dall’art. 219 legge fallimentare, che si connota di propria e diversificante autonomia tale da rendere impossibile il riscontro della coincidenza fattuale, che costituisce il presupposto dell’applicazione dell’art. 669 c.p.p.
Cass. pen. n. 21353/2003
Ai fini della concessione dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, prevista dall’art. 219 comma 3 l. fall., fermo restando che la valutazione deve riguardare il pregiudizio economico arrecato ai creditori dai fatti di bancarotta, tuttavia non può prescindersi dal considerare anche le dimensioni dell’impresa, il movimento degli affari e l’ammontare dell’attivo e del passivo. (Nel caso di specie, in cui si trattava di una bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale con un passivo pari a lire 480.000.000, la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva negato la concessione dell’attenuante).
)
Secondo la suprema corte (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 8829 del 5 marzo 2010)
Nei reati fallimentari, è applicabile la circostanza aggravante comune della pluralità di fatti di bancarotta di cui all’art. 219, comma secondo, n. 1 l. fall. all’ipotesi della bancarotta fraudolenta impropria, sia alla previsione di cui all’art. 223, comma primo, che prevedendo lo stesso trattamento sanzionatorio stabilito per la bancarotta propria implica l’applicabilità del relativo regime sanzionatorio nella sua interezza, comprensivo, pertanto, del regime dell’aggravante in questione; sia all’ipotesi di cui all’art. 223, comma secondo, riguardo a cui la previsione della applicabilità della pena prevista dal primo comma dell’art. 216, deve intendersi comprensiva dell’intero trattamento sanzionatorio previsto per la bancarotta propria, e dunque anche del regime dell’aggravante; né all’applicazione della predetta aggravante osta l’interpretazione analogica, trattandosi di disposizione favorevole all’imputato, posto che la previsione di cui all’art. 219, comma secondo, n. 1 esclude il concorso di reati e, pertanto, il cumulo materiale delle pene nel caso di commissione di più fatti tra quelli previsti dagli art. 216, 217 e 218 l. fall. ed è, inoltre, soggetta all’ordinario giudizio di bilanciamento tra le aggravanti ed attenuanti di cui all’art. 69 cod. pen.
In tema di reati fallimentari, non è applicabile la circostanza aggravante ad effetto speciale del danno patrimoniale di rilevante gravità di cui all’art. 219, comma primo, l. fall. all’ipotesi di bancarotta documentale fraudolenta impropria, stante il richiamo letterale dell’art. 219 comma primo l. fall. circoscritto agli art. 216, 217 e 218 l. fall. e determinato dalla diversità strutturale ed ontologica sussistente tra la bancarotta fraudolenta impropria e quella ordinaria che ne preclude l’estensione in via analogica, la quale si risolverebbe, peraltro, nell’applicazione in “malam partem” del criterio analogico, vietato in materia penale.
LA CORTE AFFERMA CHE LA MERA TRASCURATEZZA PE R UN PERIODO ESCLUDE LA BANCAROTTA DOCUMENTALE
in tema di bancarotta fraudolenta documentale (L. Fall., art. 216, comma 1, n. 2), è illegittima l’affermazione di responsabilità dell’amministratore che faccia derivare l’esistenza dell’elemento soggettivo del reato dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, considerato che, in tal caso, trattandosi per di più, nella specie, di omissione contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non; invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza por mente alle conseguenze di tale condotta, considerato che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui alla L. Fall., art. 217, comma 2, (Sez. 5, n. 172 del 07/06/2006, dep. 2007, Vianello, Rv. 236032; analogamente, Sez. 5, n. 23251 del 29/04/2014, Pavone, Rv. 262384: “In tema di bancarotta fraudolenta documentale (L. Fall., art. 216, comma 1, n. 2), l’esistenza dell’elemento soggettivo non può essere desunto dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, tanto più quando l’omissione è contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, poichè in detta ipotesi è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza valutare le conseguenze di tale condotta, atteso che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui alla L. Fall., art. 217, comma 2”).
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE V PENALE
Sentenza 22 febbraio – 17 giugno 2019, n. 26613
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
A.N., nata il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 23/01/2018 della Corte di Appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE RICCARDI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. MIGNOLO Olga, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio in ordine alla determinazione della pena, e l’inammissibilità del ricorso nel resto;
uditi i difensori, Avv. Carlo Veronelli e Avv. Francesco Picca, che hanno concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
GUIDA STATO EBREZZA E INCIDENTE CAUSALITA’CAMIONISTI AUTOBUS, AUTO
Svolgimento del processo
- Con sentenza emessa il 23.01.2018 la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano che aveva dichiarato A.N. colpevole del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, condannandola alla pena di anni 2 e mesi 4 di reclusione, per avere, in qualità di amministratore e legale rappresentante della società “All Trading s.r.l.”, tenuto le scritture contabili in guisa da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, compilando il libro assemblee senza rispettarne l’ordine cronologico, aggiornando il libro inventario sino al bilancio del 31.12.2005, omettendo di compilarlo rispetto agli esercizi successivi, e compilando il libro giornale in maniera confusa, assolvendola dal reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale (capo B) e dai reati di truffa e esercizio abusivo di attività finanziaria (capo A).
- Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di A.N., Avv. Carlo Veronelli, deducendo tre motivi di ricorso.
2.1. Vizio di motivazione in relazione alla prova del fatto ed alla sussistenza del necessario dolo specifico: la Corte non avrebbe valutato la sentenza n. 219/11 del Tribunale di Milano che, assolvendo l’imputata dall’accusa di evasione e frode fiscale, conseguente agli esiti erronei dell’accertamento induttivo abusivamente subito dalla società con riferimento ai redditi degli anni 2004 e 2005, dichiarava le scritture contabili di All Trading idonee per la ricostruzione di ogni singola transazione commerciale. Mancherebbe dunque l’argomentazione in relazione all’accertamento della sussistenza in capo alla ricorrente del dolo specifico richiesto dalla norma e del fine di profitto o nocumento per i creditori; l’affermazione di responsabilità sarebbe poi fondata su un errore del curatore in merito a presunte discordanze tra il magazzino contabilizzato e quello reale. Lamenta inoltre che l’elemento soggettivo sia stato desunto da un
elemento – l’irreperibilità della A. quando il curatore ha cercato l’amministratore – inconferente, in quanto il dolo della bancarotta fraudolenta documentale consiste nella coscienza e volontà di contraffazione delle scritture, con la consapevolezza di rendere impossibile la ricostruzione delle vicende patrimoniali.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata derubricazione nel reato di bancarotta semplice: la Corte non avrebbe indicato quali sarebbero i libri sociali mancanti, che non avrebbero consentito la ricostruzione del patrimonio.
2.3. Vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio.
2.4. Con memoria difensiva depositata il 6.2.2019 l’Avv. Francesco Picca ribadiva le doglianze già proposte, evidenziando che la contestazione riguardava la irregolare tenuta delle scritture contabili, non già l’occultamento o la sottrazione, e che l’assoluzione dalla bancarotta fraudolenta patrimoniale farebbe venir meno un indice di fraudolenza della condotta concernente le scritture contabili.
Motivi della decisione
- Il ricorso è fondato nei limiti di cui alla motivazione.
Giova premettere che questa Corte ha chiarito che, in tema di reati fallimentari, la bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita, che richiede il dolo generico (Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, Rossi, Rv. 271611); per cui, accertata la responsabilità in ordine alla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita – che richiede il solo dolo generico – diviene superfluo accertare il dolo specifico richiesto per la condotta di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, anch’essa contestata (Sez. 5, n. 43977 del 14/07/2017, Pastechi, Rv. 271753).
Nel caso in esame, sebbene l’imputazione riguardi la tenuta irregolare della contabilità in guisa da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, la contestazione evoca altresì il profilo di dolo specifico del fine di realizzare un ingiusto profitto e recare pregiudizio ai creditori proprio delle condotte di occultamento e/o sottrazione.
- Tanto premesso, pur prescindendo dalle doglianze con le quali il ricorrente deduce censure concernenti il merito della valutazione probatoria – in particolare, quelle relative alle divergenze sul magazzino e sulla corretta tenuta delle scritture negli anni 2004-2005, oggetto di distinto accertamento giurisdizionale -, non consentite in sede di legittimità, la sentenza impugnata appare tuttavia carente, sotto il profilo motivazionale: risulta, infatti, che l’imputata, in qualità di amministratore di diritto della società fallita, abbia consegnato al curatore una serie di scritture contabili (libro soci, libro assemblee, libri inventari, libro
cespiti, libro giornale, schede contabili, registro IVA vendite e acquisti 2008 e 2009), che, tuttavia, non concernono l’intera vita sociale dell’ente, essendo carente la documentazione degli ultimi anni prima della dichiarazione di fallimento; la stessa A. è stata assolta, già in primo grado, dal reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, originariamente contestato per la dissipazione di 4,5 milioni di Euro.
- Ebbene, escluso che sia stata contestata la fattispecie a dolo specifico di sottrazione o occultamento, va rammentato che la condotta contestata di tenuta irregolare o incompleta delle scritture contabili può rilevare come bancarotta fraudolenta, allorquando sia funzionale a rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, ovvero come bancarotta semplice (Sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, dep. 2019, Pisano, Rv. 274630: “La bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo, che, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice L. Fall., ex art. 217, comma 2, può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, L. Fall., ex art. 216, comma 1, n. 2), l’elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore”; Sez. 5, n. 55065 del 14/11/2016, Incalza, Rv. 268867: “In tema di irregolare tenuta dei libri contabili nei reati fallimentari, a differenza del reato di bancarotta semplice in cui l’illiceità della condotta è circoscritta alle scritture obbligatorie ed ai libri prescritti dalla legge, l’elemento oggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale riguarda tutti i libri e le scritture contabili genericamente intesi, ancorchè non obbligatori; in quest’ultima ipotesi, si richiede, inoltre, il requisito dell’impedimento della ricostruzione del volume d’affari o del patrimonio del fallito, elemento, invece, estraneo al fatto tipico descritto nella L. Fall., art. 217, comma 2. Diverso è, infine, l’elemento soggettivo, costituito nell’ipotesi di bancarotta semplice indifferentemente dal dolo o dalla colpa, mentre nell’ipotesi di cui alla L. Fall., art. 216, comma 1, n. 2, prima parte, dal dolo generico”).
GUIDA STATO EBREZZA E INCIDENTE CAUSALITA’CAMIONISTI AUTOBUS, AUTO
Nel caso in esame, la sentenza impugnata appare carente in relazione alla qualificazione giuridica del fatto in termini di bancarotta documentale fraudolenta, e non semplice, avendo affermato la sussistenza della più grave fattispecie in maniera assertiva, limitandosi ad un astratto richiamo della giurisprudenza di legittimità in materia di criteri distintivi tra bancarotta fraudolenta e semplice, e sostenendo che l’elemento soggettivo dovesse desumersi dalla irreperibilità della A..
Tuttavia, l’irreperibilità dell’odierna ricorrente appare innanzitutto contraddetta dalla circostanza, richiamata nella medesima motivazione, che la A. aveva consegnato al curatore una serie di scritture contabili; la circostanza, inoltre, non appare di per sè logicamente rilevante ai fini dell’affermazione del dolo della fattispecie ritenuta integrata, che consiste nella coscienza e volontà di tenere le scritture contabili in maniera da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari; elemento soggettivo la cui sussistenza va, dunque, affermata, secondo un procedimento logico- inferenziale, sulla base delle modalità della condotta contestata – nella specie, la tenuta irregolare della contabilità -, non già sulla base di un posterius rispetto al fatto-reato.
Va, infine, evidenziato che, venuta meno la fattispecie di bancarotta fraudolenta patrimoniale originariamente contestata, la motivazione concernente la sussistenza degli indici di fraudolenza della condotta di tenuta irregolare delle scritture contabili deve essere maggiormente rigorosa, in quanto la
consapevolezza di rendere impossibile la ricostruzione patrimoniale e finanziaria della società fallita di per sè celerebbe, sul piano pratico, lo scopo di danneggiare i creditori (animus nocendi) o di procurarsi un vantaggio (animus lucrandi), essendo sovente funzionale alla dissimulazione o all’occultamento di atti depauperativi del patrimonio sociale.
Va, pertanto, ribadito il principio secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta documentale (L. Fall., art. 216, comma 1, n. 2), è illegittima l’affermazione di responsabilità dell’amministratore che faccia derivare l’esistenza dell’elemento soggettivo del reato dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, considerato che, in tal caso, trattandosi per di più, nella specie, di omissione contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non; invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza por mente alle conseguenze di tale condotta, considerato che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui alla L. Fall., art. 217, comma 2, (Sez. 5, n. 172 del 07/06/2006, dep. 2007, Vianello, Rv. 236032; analogamente, Sez. 5, n. 23251 del 29/04/2014, Pavone, Rv. 262384: “In tema di bancarotta fraudolenta documentale (L. Fall., art. 216, comma 1, n. 2), l’esistenza dell’elemento soggettivo non può essere desunto dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, tanto più quando l’omissione è contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, poichè in detta ipotesi è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza valutare le conseguenze di tale condotta, atteso che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui alla L. Fall., art. 217, comma 2”).
- Ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Milano, restando assorbite le doglianze concernenti il trattamento sanzionatorio, e la stessa illegalità sopravvenuta delle pene accessorie, conseguente alla declaratoria di illegittimità costituzionale pronunciata dalla Corte costituzionale con sentenza 5 dicembre 2018, n. 222.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.
Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2019.
“In tema di reati fallimentari, è configurabile il concorso nel reato di bancarotta fraudolenta da parte di persona estranea al fallimento qualora la condotta realizzata in concorso col fallito sia stata efficiente per la produzione dell’evento e il terzo concorrente abbia operato con la consapevolezza e la volontà di aiutare l’imprenditore in dissesto a frustrare gli adempimenti predisposti dalla legge a tutela dei creditori dell’impresa” (Cass. pen., sez. V, n. 27367/2011)
“In tema di concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, il dolo dell’“extraneus” è configurabile ogniqualvolta egli apporta un contributo causale volontario al depauperamento del patrimonio sociale, non essendo richiesta la consapevolezza dello stato di dissesto della società” (Cass. pen., sez. V, n. 54291/2017).
“Nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione lo stato di insolvenza che dà luogo al fallimento costituisce elemento essenziale del reato, in qualità di evento dello stesso e pertanto deve porsi in rapporto causale con la condotta dell’agente e deve essere, altresì, sorretto dall’elemento soggettivo del dolo” (Cass. pen., sez. V, n. 47502/2012).
“In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, affinché possa configurarsi il concorso del terzo percettore di determinate somme, distratte in suo favore dall’imprenditore poi ammesso al concordato preventivo, è necessario che tale concorrente si sia sufficientemente rappresentato il concreto rischio dello stato di grave crisi dell’impresa dalla quale il denaro proviene” (Cass. pen., sez. V, n. 16000/2012).
“In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione e con particolare riguardo alla partecipazione del soggetto non qualificato nel reato proprio dell’amministratore, il dolo normativamente postulato consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’“intraneus”, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni della classe creditoria non essendo invece richiesta la specifica conoscenza dello stato di dissesto della società: all’uopo va affermato che ogni atto distrattivo viene ad assumere rilevanza ai sensi dell’art. 216 l. fall., in caso di fallimento, indipendentemente dalla rappresentazione di quest’ultimo, il quale non costituisce l’evento del reato che, invece, coincide con la lesione dell’interesse patrimoniale della massa” (Cass. pen., sez. V, n. 16579/2010)
“Non è configurabile il reato di riciclaggio del denaro provento di bancarotta fraudolenta per distrazione, bensì quello di concorso dell’extraneus nel reato di cui all’art. 216 l. fall., nella condotta del soggetto che riceve somme di denaro provenienti dalla società poi fallita, con la consapevolezza dello stato di dissesto finanziario della stessa ed in mancanza di titolo giustificativo” (Cass. pen., sez. V, n. 2298/2017)
Originally posted 2019-12-12 09:38:49.