TRUFFE SUPERBONUS SEQUESTRO CREDITI     AVVOCATO ESPERTO CIVILE E PENALE SUPERBONUS  

TRUFFE SUPERBONUS SEQUESTRO CREDITI

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AVVOCATO ESPERTO CIVILE E PENALE SUPERBONUS

BOLOGNA RAVENNA FORLI CESENA TREVISO VICENZA PADOVA  VENEZIA

 

 

Da queste emergenze appare evidente che il provvedimento da impugnare non era, perciò, l’originario decreto di sequestro preventivo o la successiva ordinanza confermativa del Tribunale del riesame, quanto piuttosto il provvedimento del P.M. che dava esecuzione al decreto del G.I.P., disponendo a tal fine l’annullamento delle operazioni di compensazione dei crediti di imposta già compiute dalla società ricorrente. Del resto, tale ultima la decisione non è rinvenibile nel decreto di sequestro preventivo, che si limitava legittimamente a disporre che: “Il sequestro diretto a fini impeditivi, dei crediti d’imposta costituenti il profitto del reato, come in motivazione specificato, nei confronti della società ……. società cooperativa sociale e/o della …… per l’ammontare complessivo di Euro 39.126.000,00, sia in relazione ai crediti già ceduti a terzi sia in relazione ai crediti che risultino ancora nella disponibilità delle predette società e che siano riferibili ai lavori eseguiti per il Comune di Laviano”. A fronte dell’avvenuta compensazione del credito di imposta, il pubblico ministero ben avrebbe potuto astenersi dal procedere oltre con l’annullamento retroattivo, dato che nel decreto di sequestro del G.I.P. non vi è traccia del fatto che il credito della Servizi Imprese – CAF Srl fosse già stato portato in compensazione.

SEQUESTRO DI BENI MOBILI E IMMOBILI IN MATERIA PENALE

Cass. pen., Sez. II, 15/12/2023, n. 9833

In tema di sequestro preventivo impeditivo relativo al delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato, sono suscettibili di apprensione i crediti dei terzi cessionari di cui all’art. 121, comma 1, lett. b), D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77 (oggetto del cd. “superbonus 110%”), posto che gli stessi, derivando dal diritto alla detrazione di imposta spettante al committente delle opere, costituiscono cose pertinenti al reato, senza che rilevi la condizione soggettiva di detti terzi, in conformità alle norme processual-penalistiche che non risultano derogate dalla disciplina in oggetto.

SEQUESTRO DI BENI MOBILI E IMMOBILI IN MATERIA PENALE

Cass. pen., Sez. II, Sent., (data ud. 15/12/2023) 07/03/2024, n. 9833

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta da:

Dott. IMPERIALI Luciano – Presiedente

Dott. DE SANTIS Anna Maria – Consigliere

Dott. CIANFROCCA Pierluigi – Consigliere

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere

Dott. MARRA Giuseppe – Relatore

  • ha pronunciato la seguente
  • SENTENZA
  • sul ricorso proposto da:
  • SERVIZI IMPRESE – CAF Srl
  • avverso l’ordinanza del 25/09/2023 del TRIB. LIBERTA’ di SALERNO
  • udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE MARRA;
  • sentite le conclusioni del P.G. LIDIA GIORGIO che ha chiesto il rigetto del ricorso,
  • udito il difensore, avvocato SANTAMBROGIO MARIO del foro di PALMI in sostituzione dell’avvocato MENGONI STEFANO del foro di TRENTO in difesa di SERVIZI IMPRESE – CAF Srl, che si riporta ai motivi di ricorso.
  • Svolgimento del processo
  1. Con ordinanza del 25 settembre 2023 il Tribunale del Riesame di Salerno ha rigettato l’istanza di riesame proposta dal legale rappresentate della Servizi Imprese – CAF Srl avverso il decreto di sequestro preventivo ai fini impeditivi emesso dal G.I.P. di Salerno in data 21.07.2023, nell’ambito del proc. pen. n. 4372/2023 nei confronti anche della società Efficient Building Spa ex artt. 24D.Lgs. n. 231/2001.
  2. Il procuratore speciale della Servizi Imprese – CAF Srl, avv. Stefano Mengoni, in persona del legale rappresentante della società, propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Salerno, chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato e del sotteso decreto di sequestro preventivo e degli atti conseguenti. A tal fine formula cinque distinti motivi.
  • 2.1 Con il primo eccepisce la violazione di legge per erronea applicazione del combinato disposto degli artt. 321, comma 1, e 655 c.p.p., in quanto il P.M. che ha dato esecuzione al decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. in data 21.07.2023 mediante l’annullamento delle operazioni di compensazione dei crediti fiscali, avrebbe debordato il limite del vincolo reale stabilito dal giudice.
  • Nel provvedimento del G.I.P., infatti, sarebbe stato disposto unicamente il sequestro diretto dei crediti di imposta ancora nelle disponibilità delle società Polis Mathera soc. coop. sociale, committente per conto del Comune di Laviano dei lavori di ristrutturazione ed efficientamento economico dell’area denominata ………….., e della …………ditta che aveva ricevuto l’appalto per l’esecuzione dei lavori edilizi, o comunque dei crediti di imposta ceduti a terzi purché esistenti e circolanti, requisiti non rinvenibili con riguardo ai crediti di imposta acquistati dalla Servizi Imprese – CAF Srl e già da essa interamente compensati in data 17.07.2023, prima del decreto del G.I.P.; quindi, di fatto, crediti non più esistenti, malgrado i dubbi espressi dal Tribunale del Riesame sull’effettiva compensazione, che risulterebbe, invece, per tabulas.

2.2. Con il secondo motivo si duole del vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, che non avrebbe argomentato, malgrado l’eccezione proposta con il riesame, sulla possibilità di sequestrare ex art. 321, comma 1, c.p.p. crediti di imposta inesistenti perché già utilizzati ai fini della compensazione con l’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’art. 17 D.Lgs. n. 241/1997.

2.3 Con il terzo motivo lamenta la violazione di legge in relazione all’art. 321, comma 1, c.p.p., e all’art. 121 del D.L. n.34/2020 e s.m.i., in quanto il provvedimento cautelare ha come presupposto la necessità che la circolazione di cose pertinenti al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze dell’illecito penale, ovvero agevolare la commissione di ulteriori reati. Tale presupposto non potrebbero ricorrere nel caso di specie perché i crediti fiscali si erano estinti a seguito della compensazione, già prima del provvedimento cautelare. Né sarebbe possibile ricostruire con efficacia retroattiva i detti crediti di imposta mediante l’annullamento delle operazioni di compensazione come disposto dal P.M., con un provvedimento illegittimo se non abnorme, in quanto volto, in realtà, a riparare di fatto un asserito danno erariale.

2.4 Con il quarto motivo lamenta la violazione di legge in relazione all’art. 121, comma 6 bis 6 quater, D.L. n.34/2020, come introdotti dal D.L. n.11/2023, in quanto il Tribunale del riesame ha erroneamente ritenuto irrilevante la buona fede del ricorrente nell’acquisto del credito di imposta Efficient Building Spa, in spregio alle disposizioni citate che hanno introdotto uno schermo operativo in favore del terzo cessionario in buona fede che porti in compensazione i crediti acquistati.

2.5 Infine, con il quinto motivo eccepisce la violazione di legge in relazione agli artt. 275 e 321 c.p.p., in quanto il vincolo reale apposto in danno della Servizi Imprese – CAF Srl supererebbe l’importo consentito pari a Euro 39.126.000, somma indicata come profitto del reato dal G.I.P. di Salerno, così violando il principio dì proporzionalità. Secondo il ricorrente l’importo dei crediti sottoposti a sequestro preventivo a fini impeditivi ex art. 321, comma 1, c.p.p., ammonta in realtà a 40.626.000 Euro; il Tribunale del Riesame avrebbe, quindi, disatteso la richiesta della società ricorrente di riduzione del sequestro alla somma differenziale di Euro 99.940.

Motivi della decisione

  1. Il ricorso è inammissibile perché proposto fuori dai casi consentiti dalla legge.
  2. In primo luogo, va evidenziato che il decreto di sequestro preventivo relativo anche ai crediti di imposta in possesso della Servizi Imprese – CAF Srl, da essa acquistati dalla società Efficient Building Spa indagata per il delitto di cui all’art. 640 biscod. pen., non è invalido.

Il Collegio sul punto richiama i principi di diritto affermati dalla Suprema Corte, precisamente con la sentenza Sez.3, n.40865 del 21.09.2022, Decio, Rv.283701-01, secondo cui: “In tema di sequestro preventivo impeditivo relativo al delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato, sono suscettibili di apprensione i crediti dei terzi cessionari di cui all’art. 121, comma 1, lett. b), d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (oggetto del ed. “superbonus 110%”), posto che gli stessi, derivando dal diritto alla detrazione di imposta spettante al committente delle opere, costituiscono cose pertinenti al reato, senza che rilevi la condizione soggettiva di detti terzi, in conformità alle norme processualpenalistiche che non risultano derogate dalia disciplina in oggetto”.

Al riguardo, occorre, inoltre, ribadire – secondo la giurisprudenza consolidata – che il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca implica l’esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicché possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di un terzo, estraneo all’illecito ed in buona fede, se la loro libera disponibilità sia idonea a costituire un pericolo nei termini di cui all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., sopra richiamato (cfr. oltre alla già citata n.40865/2022, anche Sez. 3, n 57595 del 25/10/2018, Cervino, Rv. 274691; Sez. 3, n. 40480 del 27/10/2010, Orlando, Rv. 248741). Orbene è evidente che la circolazione del credito di imposta derivante da un’attività illecita a monte, possa creare un pericolo di protrazione e/o aggravamento delle conseguenze del reato, proprio in ragione del fatto che il terzo cessionario può utilizzare il credito acquistato per cederlo a sua volta o per portarlo in compensazione, come avvenuto nel caso di specie. Né rileva la buona fede del cessionario stesso, in quanto non si è in presenza di un acquisto del diritto alla detrazione a titolo originario, impermeabile ad ogni vicenda illecita precedente; si ritiene che tali crediti di imposta, una volta emersa la loro provenienza illecita, diventino inutilizzabili dal terzo cessionario, anche in buona, fede, al quale, pertanto, non resta che rivalersi nei confronti del cedente. Le censure relative alla presunta violazione dell’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., sono pertanto manifestamente infondate, dato che ben poteva essere sottoposto a sequestro preventivo impeditivo il credito di imposta acquistato dalla società ricorrente, anche nella veste di cessionario in buona fede. Sotto questo profilo l’ordinanza del Tribunale Di Salerno che rigetta il ricorso per il riesame, confermando il decreto di sequestro del G.I.P., risulta corretta.

Tuttavia, nel caso di specie, va sottolineato che il credito erariale de quo era stato portato in compensazione dalla Servizi Imprese – CAF Srl in data 17.07.2023, prima del provvedimento del pubblico ministero del 25.07.2023, che dava esecuzione al decreto di sequestro del G.I.P., in cui si disponeva l’annullamento delle operazioni di compensazione dei crediti di imposta effettuate dalla ……….. e dai cessionari della stessa, delegando per l’incombente la Guardia di Finanza – Compagnia di Battipaglia. Tale provvedimento veniva poi eseguito dalla GdF in data 11.08.2023 e nel relativo verbale si legge espressamente che i verbalizzanti: “procedono all’annullamento delle operazioni di compensazione dei crediti d’imposta oggetto del provvedimento di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Salerno in data 21.07.2023 – effettuate dalla parte in relazione ai crediti acquisiti dai Efficient Building Spa per un totale di Euro 1.600.000”. Da qui l’eccezione, di cui ai motivi 1 e 3 del ricorso, della violazione di legge per erronea applicazione del combinato disposto degli artt. 321, comma 1, e 655 c.p.p., in quanto il P.M., che ha dato esecuzione al decreto di sequestro preventivo disponendo l’annullamento delle operazioni di compensazione, avrebbe emesso un provvedimento illegittimo se non abnorme, con effetti retroattivi rispetto alla procedura amministrativa di compensazione già conclusa.

Da queste emergenze appare evidente che il provvedimento da impugnare non era, perciò, l’originario decreto di sequestro preventivo o la successiva ordinanza confermativa del Tribunale del riesame, quanto piuttosto il provvedimento del P.M. che dava esecuzione al decreto del G.I.P., disponendo a tal fine l’annullamento delle operazioni di compensazione dei crediti di imposta già compiute dalla società ricorrente. Del resto, tale ultima la decisione non è rinvenibile nel decreto di sequestro preventivo, che si limitava legittimamente a disporre che: “Il sequestro diretto a fini impeditivi, dei crediti d’imposta costituenti il profitto del reato, come in motivazione specificato, nei confronti della società Polis Mathera società cooperativa sociale e/o della Efficient Building Spa, per l’ammontare complessivo di Euro 39.126.000,00, sia in relazione ai crediti già ceduti a terzi sia in relazione ai crediti che risultino ancora nella disponibilità delle predette società e che siano riferibili ai lavori eseguiti per il Comune di Laviano”. A fronte dell’avvenuta compensazione del credito di imposta, il pubblico ministero ben avrebbe potuto astenersi dal procedere oltre con l’annullamento retroattivo, dato che nel decreto di sequestro del G.I.P. non vi è traccia del fatto che il credito della Servizi Imprese – CAF Srl fosse già stato portato in compensazione.

Tuttavia, il provvedimento del pubblico ministero di esecuzione del decreto di sequestro preventivo non è, però, ricorribile per cassazione. Si richiama, al riguardo, il principio espresso dalla sentenza Sez.2, n.44504 del 03/07/2015, Rv.265103-01 (conf. Sez. 1, ord. n.8283 del 24.11.2020, Rv.280604-01), la cui massima afferma: “I provvedimenti riguardanti le modalità di esecuzione del sequestro preventivo non sono né appellabili né ricorribili per cassazione e le eventuali questioni ad essi attinenti vanno proposte in sede di incidente di esecuzione. (Fattispecie in cui, nonostante il Tribunale del riesame avesse disposto H sequestro preventivo fino alla concorrenza di una somma di poco superiore a 3.000 Euro, erano stati sottoposti a vincolo beni per un valore complessivo di circa 30 volte superiore. In applicazione del principio, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame, in cui era stata dedotta l’erronea estensione del vincolo reale)”. La società ricorrente, per far valere le sue ragioni, avrebbe dovuto, quindi, impugnare il già citato provvedimento del pubblico ministero del 25.07.2023.

  1. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa di Euro tremila a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Conclusione

Così deciso in Roma il 15 dicembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 7 marzo 2024.