TRUFFA SUPERBONSU CREDITI FITTIZI : BASTA CREAZIONE

 

la semplice creazione di un credito d’imposta fittizio, mediante l’opzione per la cessione o lo sconto in fattura, costituisce reato di truffa aggravata

La sentenza n. 45868, depositata il 13 dicembre 2024 dalla Corte di Cassazione, affronta il tema della truffa aggravata in relazione alla creazione e cessione di crediti d’imposta inesistenti legati al Superbonus 110%.

La sentenza n. 45868, depositata il 13 dicembre 2024 dalla Corte di Cassazione, affronta il tema della configurabilità del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche in relazione alla creazione e cessione di crediti d’imposta inesistenti legati al Superbonus 110%.

 

avvocato per grossi risarcimenti vicenza
avvocato per grossi risarcimenti vicenza

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Commento: La Suprema Corte ha stabilito che la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche si consuma nel momento in cui viene creato un credito d’imposta inesistente attraverso l’opzione per la cessione a terzi, indipendentemente dall’effettivo utilizzo o compensazione di tale credito. Questo significa che, anche se il credito fittizio non viene mai utilizzato in compensazione o riscosso, il solo fatto di averlo generato e ceduto costituisce reato.

 

Questa pronuncia conferma un orientamento giurisprudenziale che considera sufficiente, ai fini della consumazione del reato, la creazione del credito inesistente e la sua cessione, senza necessità di un danno patrimoniale concreto allo Stato derivante dall’utilizzo del credito stesso.

 

È importante notare che esistono orientamenti giurisprudenziali differenti. Alcune sentenze precedenti ritenevano configurabile il reato di truffa aggravata solo nel caso in cui i crediti ceduti fossero stati effettivamente riscossi o utilizzati in compensazione, determinando un danno concreto per lo Stato.

 

In sintesi, la sentenza n. 45868/2024 della Corte di Cassazione chiarisce che la semplice creazione e cessione di un credito d’imposta inesistente, anche senza il suo effettivo utilizzo, integra il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

PENALISTA ESPERTO
PENALISTA ESPERTO

La Cassazione, con la, ha stabilito che le truffe aggravate per il conseguimento di erogazioni pubbliche commesse generando un credito d’imposta inesistente in quanto fondato su un diritto alla detrazione del quale manchino del tutto i presupposti costitutivi si consumano con la creazione dello stesso credito mediante l’esercizio dell’opzione per la cessione a terzi di un credito d’imposta di ammontare pari a quello della suddetta detrazione.

La controversia pervenuta alla valutazione del giudice di legittimità trae origine da un’ordinanza del tribunale di Messina, che rigettava la richiesta di riesame proposta (articolo 309 codice procedura penale) da un indagato contro un’ordinanza del Gip che lo aveva messo agli arresti domiciliari in quanto gravemente indiziato dei reati di:

  1. associazione a delinquere finalizzata alla commissione di più delitti di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, falso, indebita compensazione di debiti fiscali con crediti fiscali inesistenti e autoriciclaggio
  2. truffe aggravate in concorso per il conseguimento di erogazioni pubbliche
  3. autoriciclaggio in concorso.

Contro la menzionata ordinanza, l’indagato proponeva ricorso per cassazione, affidato a sei motivi di diritto, solo uno dei quali – relativo ai reati sopra esposti sub b) – riteniamo di attenzionare in questa sede.

 

 

  • La Corte ha stabilito che la semplice creazione di un credito d’imposta fittizio, mediante l’opzione per la cessione o lo sconto in fattura, costituisce reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, indipendentemente dall’effettivo utilizzo o compensazione di tale credito.

 

 

  • Questo orientamento si discosta da precedenti decisioni, come la sentenza n. 23402/2024, che ritenevano necessario l’effettivo utilizzo o compensazione del credito per configurare il reato. La nuova interpretazione mira a tutelare le finanze pubbliche, considerando dannosa per lo Stato anche la sola creazione di crediti inesistenti, in quanto potenzialmente destinati alla compensazione o alla cessione a terzi in buona fede.
  1. Come noto, continuano i giudici di legittimità, l’articolo 121 del Dl 34/2020 (Decreto Rilancio) prevede che i soggetti che sostengono spese relative a determinati interventi (recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, adozione di misure antisismiche, recupero o restauro della facciata di edifici esistenti, installazione di impianti fotovoltaici, installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici, superamento ed eliminazione delle barriere architettoniche) possano optare, in alternativa all’utilizzo diretto della detrazione loro riconosciuta (la quale costituisce, perciò, la prima forma di strutturazione del beneficio):
  2. per lo “sconto in fattura”, praticato dall’esecutore dei lavori, con la conseguente possibilità, per quest’ultimo, di godere di un credito d’imposta di importo pari alla detrazione o di cedere tale credito a terzi (compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari) (lettera a) del comma 1)
  3. per la cessione a terzi (compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari), da parte dell’originario beneficiario della detrazione, di un credito d’imposta di importo pari alla stessa detrazione (lettera b) del comma 1).
  4. I crediti d’imposta così acquisiti dai terzi (cioè dai soggetti diversi dall’originario beneficiario dell’agevolazione) cessionari possono essere: