TRIBUNALE BOLOGNA CORTE APPELLO BOLOGNA BANCAROTTA INTESTAZIONE FITTIZIA BENI
BANCAROTTA BANCAROTTA BANCAROTTA FRAUDOLENTA AVVOCATO DIFENSORE
PROCESSO BANCAROTTA TRIBUNALE CORTE APPELLO BOLOGNA
PROCESSO BANCAROTTA CORTE APPELLO MILANO
PROCESSO BANCAROTTA CORTE APPELLO TORINO
PROCESSO BANCAROTTA CORTE APPELLO VENEZIA
PROCESSO BANCAROTTA CORTE APPELLO BRESCIA
PROCESSO BANCAROTTA VICENZA
PROCESSO BANCAROTTA RIMINI
PROCESSO BANCAROTTA FORLI
che l’unico precedente che aveva comportato un aumento del suo patrimonio illecito era costituito dalla bancarotta fraudolenta verificatasi nell’anno 2004 ed, incorrendo in un evidente errore, avevano ritenuto che l’immobile intestato alla B. era stato acquistato con i proventi di tale reato mentre lo stesso era stato acquistato in realtà nell’anno 2002 periodo in cui il D.S. non poteva farsi rientrare nelle attuali categorie di soggetti pericolosi,
Con decreto in data 19/09/2019 la Corte di appello di Bologna, nel disattendere i gravami avanzati dal proposto D.S.P.R. nonchè dalla terza interessata B.F., confermava il decreto pronunciato dal Tribunale di Bologna il 21/01/2019 con il quale era stata disposta la confisca di denaro, beni mobili ed immobili, tutti riferibili al D.S., in quanto soggetto indiziato del delitto di cui al D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-quinquies, comma 1, (e, quindi, rientrante nell’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 4, lett. b)) nonchè persona abitualmente dedita ai traffici delittuosi che vive con i proventi delle attività delittuose ex D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 4, lett. c) e art. 1, lett. b) e socialmente pericoloso al momento della acquisizione dei beni.
La giurisprudenza di questa Corte è, infatti, ferma nel ritenere che, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, è inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione proposta dal proposto – avverso il decreto di confisca di beni ritenuti fittiziamente intestati a terzi – in quanto, in tal caso, la legittimazione ad impugnare spetta solo al terzo apparente intestatario, proprio perchè solo costui, è il soggetto avente in ipotesi diritto alla restituzione del bene: Cass. 6808/2010 Rv. 249499; Cass. 15474/2012 rv. 252811; Cass. 35240/2013 rv. 256265.
Ha rilevato che il ragionamento della corte di merito la quale lo aveva ritenuto soggetto socialmente pericoloso non era condivisibile atteso che: i giudici territoriali non avevano considerato che il Tribunale di Bologna aveva rigettato la duplice proposta di applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale avanzata sia dalla Procura di Rimini che dalla Procura di Bologna nei propri confronti per mancanza di pericolosità attuale; i giudici di merito non avevano valutato che l’unico precedente che aveva comportato un aumento del suo patrimonio illecito era costituito dalla bancarotta fraudolenta verificatasi nell’anno 2004 ed, incorrendo in un evidente errore, avevano ritenuto che l’immobile intestato alla B. era stato acquistato con i proventi di tale reato mentre lo stesso era stato acquistato in realtà nell’anno 2002 periodo in cui il D.S. non poteva farsi rientrare nelle attuali categorie di soggetti pericolosi, pertanto una volta accertato che il prevenuto non era pericoloso quanto meno sino all’anno 2013-2014 la corte territoriale avrebbe dovuto effettuare una diversa prognosi fondata sui presupposti rimasti inesplorati, non avendo considerato che dalla lettura degli atti emergeva che detta somma era provento di una truffa in danno di un imprenditore russo.
Ha evidenziato, ancora, come ai fini della verifica della pericolosità i giudici territoriali avrebbero dovuto considerare che, secondo quanto emergeva dal provvedimento del Tribunale di Sorveglianza in data 19/03/2019, risultava che il ricorrente da tempo svolgeva attività lavorativa presso la D&G Service, l’hotel (OMISSIS) di (OMISSIS) e la società Zangheri s.r.l.s. sicchè non rispondeva al vero l’affermazione dei giudici di merito secondo cui egli non svolgeva alcuna attività stabile e continuativa.
2.2. B.F., tramite difensore di fiducia e procuratore speciale, ha dedotto con un unico motivo articolato in più censure violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 159 del 2011, artt. 1, 6, 16, 18, 22 e 24.
Ha rilevato che la corte territoriale non aveva considerato che difettava la prova che l’immobile sito in (OMISSIS) era stato acquistato per effetto dell’illecito accumulo di proventi atteso che l’unico reato fonte di un arricchimento del proposto compatibile con l’acquisto era stato commesso in epoca successiva (anno 2004) mentre i reati in precedenza contestati di ricettazione e commercio di prodotti falsi non potevano certo consentire una provvista sufficiente per l’acquisto di detto appartamento del valore di Euro 90.000,00.
Ha osservato che non vi era prova della sproporzione fra le proprie condizioni economiche e l’acquisto in contestazione apparendo la motivazione della corte di merito sul punto del tutto inconferente poichè era stato dimostrato che l’immobile era stato acquistato con un prestito da parte di D.S.M., fratello del proposto, come comprovato dai documenti in atti il cui contenuto era stato travisato dalla corte territoriale.
Art. 12-quinquies. Trasferimento fraudolento e possesso ingiustificato di valori 1. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 1 MARZO 2018, N. 21)). ((34)) 2. Fuori dei casi previsti dal comma 1 e dagli articoli 648, 648-bis e 648 – ter del codice penale, coloro nei cui confronti pendeprocedimento penale per uno dei delitti previsti dai predettiarticoli o dei delitti in materia di contrabbando, o per delitticommessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416 -bisdel codice penale ovvero al fine di agevolare l’attivita’ delleassociazioni previste dallo stesso articolo, nonche’ per i delitti dicui agli articoli 416 -bis, 629, 630, 644 e 644 -bis del codicepenale e agli articoli 73 e 74 del testo unico delle leggi in materiadi disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione,cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza,approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990,n. 309, ovvero nei cui confronti e’ in corso di applicazione ocomunque si procede per l’applicazione di una misura di prevenzionepersonale , i quali, anche per interposta persona fisica o giuridica,risultano essere titolari o avere la disponibilita’ a qualsiasititolo di denaro, beni o altre utilita’ di valore sproporzionato alproprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o allapropria attivita’ economica, e dei quali non possano giustificare lalegittima provenienza, sono puniti con la reclusione da due a cinqueanni e il denaro, beni o altre utilita’ sono confiscati.(9) ————–
Cass. pen. n. 46959/2009
Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministrazione che prelevi somme dalle casse sociali, a titolo di pagamento di competenze, ancorché su delibera del consiglio di amministrazione, in quanto la previsione di cui all’art. 2389 c.c. stabilisce che la misura del compenso degli amministratori di società di capitali, qualora non sia stabilita nello statuto, sia determinata con delibera assembleare; né detta specifica delibera può considerarsi implicita in quella di approvazione dei bilanci, salvo che l’assemblea convocata solo per l’approvazione del bilancio abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori. (Nella specie la Suprema Corte ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha affermato che gli incarichi svolti dagli amministratori rientravano tutti tra quelli loro propri nell’esercizio dell’impresa e nei limiti dati dall’oggetto sociale, essendo irrilevante a tal fine la distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione).
Cass. pen. n. 45332/2009
In tema di reati fallimentari, integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione la concessione di un’ipoteca senza un sinallagma rispondente al fine istituzionale dell’impresa, in quanto essa realizza di per sé ed automaticamente una diminuzione patrimoniale; inoltre, poichè ai fini della configurabilità del reato è postulato il dolo generico, la divergenza oggettiva dell’atto di disposizione dal fine suddetto dà sufficientemente conto della direzione del volere dell’agente, essendo del tutto irrilevanti i motivi che hanno determinato il suo comportamento.
Cass. pen. n. 38529/2009
Non costituisce distrazione ai sensi dell’art. 216, comma primo, n. 1 L. fall. la ripartizione di utili avvenuta prima dell’approvazione del rendiconto, in quanto la prescrizione dell’art. 2262 cod. civ., non solo ammette patto contrario tra i soci, ma mira a garantire la parità di trattamento dei soci e non l’integrità del patrimonio sociale posto a garanzia dei creditori.
Cass. pen. n. 37432/2009
In tema di reati fallimentari, non sussistono gli estremi del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione nel caso in cui il fallito riscuota ratei di pensione di invalidità, la quale, in ragione della funzione che le è propria – meramente reintegratrice della permanente riduzione della capacità di guadagno in occupazioni confacenti all’attitudine del lavoratore a causa di infermità o di difetto fisico o mentale – si configura, anche ai sensi dell’art. 38, comma secondo, Cost., in area concettuale assai vicina a quella dei diritti di natura strettamente personale, esclusi “eo ipso” dal fallimento, ex art. 46, n. 1, L. fall. e, pertanto, estranei all’oggetto della condotta distrattiva.
Cass. pen. n. 37428/2009
Il reato di bancarotta fraudolenta preferenziale si consuma nel momento dei pagamenti, irrilevante essendo la data della sentenza dichiarativa di fallimento (Fattispecie in tema di prescrizione).
Cass. pen. n. 36595/2009
In tema di reati fallimentari, non sussistono gli estremi della bancarotta fraudolenta documentale nel caso in cui l’amministratore di una società finanziaria invii ai clienti rendiconti trimestrali contraffatti – in quanto rappresentativi di operazioni inesistenti – al fine di non evidenziare le perdite dagli stessi subite, non utilizzati per la contabilità ufficiale e non inviati successivamente al curatore fallimentare, in quanto i documenti e le scritture che, irregolarmente tenute, integrano la bancarotta documentale sono quelli che impediscono la ricostruzione del patrimonio della società ed alterano, di conseguenza, i rigidi meccanismi di soddisfazione dei singoli creditori.
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Integra la distrazione, rilevante ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 216 L. fall. (bancarotta fraudolenta patrimoniale), la condotta di colui che, in qualità di presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato di una società finanziaria successivamente fallita, costituisca in pegno titoli di stato, poiché il pegno, in caso di mancato pagamento della somma data in prestito nella quantità, nei tempi e nei modi pattuiti, può essere escusso dal creditore, con perdita del patrimonio societario che costituisce la garanzia per i creditori. (La circostanza – ha altresì osservato la Corte – che l’acquisto di detti titoli sia avvenuto su mandato e nell’interesse dei clienti non esclude che siano divenuti patrimonio della società fallita e, dunque, oggetto di distrazione proprio con l’utilizzazione degli stessi come propri avvenuta con la costituzione in pegno senza l’autorizzazione dei clienti, verificandosi così una interversione del possesso).
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La circostanza attenuante dell’attivo ravvedimento di cui all’art. 62, comma primo, n. 6, seconda parte, c.p. – che contempla l’ipotesi dell’essersi prima del giudizio ed al di fuori del caso preveduto dall’ultimo capoverso dell’art. 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato – si riferisce a conseguenze del reato che non consistano in un danno patrimoniale o non patrimoniale, economicamente risarcibile, ai sensi dell’art. 185 c.p., e, pertanto, non è applicabile ai reati che, come la bancarotta per distrazione, offendano il patrimonio.
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Non costituiscono oggetto materiale del delitto di bancarotta fraudolenta documentale societaria i reclami dei clienti alla Consob ed il relativo registro: essi, infatti, non sono scritture contabili rilevanti ai fini della ricostruzione del patrimonio sociale e del movimento degli affari ma strumenti preordinati a garantire maggiore efficacia alle attività di vigilanza. (In applicazione di questo principio la S.C. ha censurato la decisione con cui il giudice di appello ha affermato la responsabilità, a titolo di bancarotta fraudolenta documentale, nei confronti dell’amministratore che aveva omesso di annotare tempestivamente i reclami dei clienti alla Consob nel relativo registro, osservando, tuttavia, che tale condotta può rilevare sotto il profilo dell’art. 2638 c.c., quale ostacolo all’esercizio delle funzioni pubbliche di vigilanza).
Cass. pen. n. 32173/2009
L’omessa tenuta della contabilità interna integra gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta – e non quello di bancarotta semplice – qualora si accerti che scopo dell’omissione sia quello di recare pregiudizio ai creditori.
Cass. pen., Sez. II, Sent., (data ud. 14/07/2020) 02/10/2020, n. 27436
Sentenza
IntestazioneSvolgimento del processoMotivi della decisioneP.Q.M.Conclusione
Intestazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAGO Geppino – Presidente –
Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere –
Dott. PARDO Ignazio – Consigliere –
Dott. DI PISA Fabio – rel. Consigliere –
Dott. PERROTTI Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D.S.P.R., nato a (OMISSIS);
B.F., nato a (OMISSIS);
avverso il decreto del 11/07/2019 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. FABIO DI PISA;
lette le conclusioni del PG.
Svolgimento del processo
- Con decreto in data 19/09/2019 la Corte di appello di Bologna, nel disattendere i gravami avanzati dal proposto D.S.P.R. nonchè dalla terza interessata B.F., confermava il decreto pronunciato dal Tribunale di Bologna il 21/01/2019 con il quale era stata disposta la confisca di denaro, beni mobili ed immobili, tutti riferibili al D.S., in quanto soggetto indiziato del delitto di cui al D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-quinquies, comma 1, (e, quindi, rientrante nell’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 4, lett. b)) nonchè persona abitualmente dedita ai traffici delittuosi che vive con i proventi delle attività delittuose ex D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 4, lett. c) e art. 1, lett. b) e socialmente pericoloso al momento della acquisizione dei beni.
La corte territoriale riteneva inammissibili le censure formulate dal ricorrente D.S.P.R. con riferimento ai beni mobili ed immobili intestati formalmente a soggetti terzi;
rilevava, poi, che risultava dimostrato che il D.S. era gravemente indiziato del reato di cui al D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-quinquies, comma 1, commesso nel periodo ricompreso fra l’anno 2009 ed il novembre 2014, come comprovato dalla misura cautelare carceraria disposta nei suoi confronti nonchè dai provvedimenti di sequestro preventivo emessi a suo carico e passati in autorità di giudicato a seguito delle proposte impugnazioni; osservava, altresì, che tenuto conto del curriculum criminale del ricorrente attestante la commissione da parte dello stesso di una serie di reati contro il patrimonio commessi dal 1981 al 2010 nonchè in considerazione delle successive denunzie nei suoi confronti per truffa, sostituzione di persona, appropriazione indebita, ricorso abusivo al credito e bancarotta fraudolenta risultava che, quanto meno a partite dal 1999 e sino alla data del 2014, il D.S. era da ritenere persona abitualmente dedita ai traffici delittuosi che vive con i proventi delle attività delittuose ex D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 4 lett. c) e art. 1, lett. b) e socialmente pericoloso al momento della acquisizione dei beni, risultando dalle dichiarazioni del redditi proprie e dei propri familiari che lo stesso percepiva introiti insufficienti per il proprio mantenimento quotidiano a fronte di un tenore di vita e di disponibilità effettive per centinaia di migliaia di Euro; precisava che quanto all’importo di Euro 126.000,00, in contanti, del quale il predetto era stato trovato in possesso in data (OMISSIS) il ricorrente non aveva fornito alcuna giustificazione e, peraltro, trattavasi di cespite del tutto sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati.
La corte di appello rigettava, altresì, l’impugnazione avanzata dalla terza interessata B.F. precisando che risultava accertato che la stessa non aveva versato alcuna somma per l’acquisto dei beni immobili de quibus e che, come dalla medesima riconosciuto, i beni erano stati a lei fittiziamente intestati.
- Contro detto provvedimento hanno proposto ricorsi per cassazione sia il proposto che la terza interessata.
2.1. D.S.P.R., tramite difensore di fiducia, ha dedotto con un unico motivo articolato in più censure, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b) violazione del D.Lgs. n. 159 del 2011, artt. 1, 6, 16, 18, 22 e 24.
Ha rilevato che il ragionamento della corte di merito la quale lo aveva ritenuto soggetto socialmente pericoloso non era condivisibile atteso che: i giudici territoriali non avevano considerato che il Tribunale di Bologna aveva rigettato la duplice proposta di applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale avanzata sia dalla Procura di Rimini che dalla Procura di Bologna nei propri confronti per mancanza di pericolosità attuale; i giudici di merito non avevano valutato che l’unico precedente che aveva comportato un aumento del suo patrimonio illecito era costituito dalla bancarotta fraudolenta verificatasi nell’anno 2004 ed, incorrendo in un evidente errore, avevano ritenuto che l’immobile intestato alla B. era stato acquistato con i proventi di tale reato mentre lo stesso era stato acquistato in realtà nell’anno 2002 periodo in cui il D.S. non poteva farsi rientrare nelle attuali categorie di soggetti pericolosi, pertanto una volta accertato che il prevenuto non era pericoloso quanto meno sino all’anno 2013-2014 la corte territoriale avrebbe dovuto effettuare una diversa prognosi fondata sui presupposti rimasti inesplorati, non avendo considerato che dalla lettura degli atti emergeva che detta somma era provento di una truffa in danno di un imprenditore russo.
Ha evidenziato, ancora, come ai fini della verifica della pericolosità i giudici territoriali avrebbero dovuto considerare che, secondo quanto emergeva dal provvedimento del Tribunale di Sorveglianza in data 19/03/2019, risultava che il ricorrente da tempo svolgeva attività lavorativa presso la D&G Service, l’hotel (OMISSIS) di (OMISSIS) e la società Zangheri s.r.l.s. sicchè non rispondeva al vero l’affermazione dei giudici di merito secondo cui egli non svolgeva alcuna attività stabile e continuativa.
2.2. B.F., tramite difensore di fiducia e procuratore speciale, ha dedotto con un unico motivo articolato in più censure violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 159 del 2011, artt. 1, 6, 16, 18, 22 e 24.
Ha rilevato che la corte territoriale non aveva considerato che difettava la prova che l’immobile sito in (OMISSIS) era stato acquistato per effetto dell’illecito accumulo di proventi atteso che l’unico reato fonte di un arricchimento del proposto compatibile con l’acquisto era stato commesso in epoca successiva (anno 2004) mentre i reati in precedenza contestati di ricettazione e commercio di prodotti falsi non potevano certo consentire una provvista sufficiente per l’acquisto di detto appartamento del valore di Euro 90.000,00.
Ha osservato che non vi era prova della sproporzione fra le proprie condizioni economiche e l’acquisto in contestazione apparendo la motivazione della corte di merito sul punto del tutto inconferente poichè era stato dimostrato che l’immobile era stato acquistato con un prestito da parte di D.S.M., fratello del proposto, come comprovato dai documenti in atti il cui contenuto era stato travisato dalla corte territoriale.
Ha evidenziato, infine, che i giudici di merito avevano del tutto trascurato il profilo della attualità della pericolosità del prevenuto al momento della acquisizione del bene (anno 2002).
- In data 11/03/200 la Procura Generale, tramite il sostituto Procuratore generale Dr. Pasquale Fimiani, ha trasmesso la propria requisitoria e le proprie conclusioni evidenziando come non si ravvisava alcuna violazione di legge e per questa ragione ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
Motivi della decisione
Entrambi i ricorsi sono da ritenere inammissibili per le ragioni appresso specificate.
- Il ricorso avanzato da D.S.P.R.. 1.1. Deve essere premesso che il ricorso per cassazione in materia di misure di prevenzione può essere proposto esclusivamente per “violazione di legge”.
Ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e), potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poichè qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dalla L. n. 1423 del 1956, predetto art. 4, comma 9 il caso di motivazione inesistente o meramente apparente. (In motivazione la Corte ha ribadito che non può essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato)” (Cass. Sez. U, sent. n. 33451 del 29/05/2014, dep. 29/07/2014, Rv. 260246). In sostanza, come sopra chiarito nella nozione di “violazione di legge” rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e) (Cass. Sez. un., sent. n. 5876 del 28/01/2004, dep. 13/02/2004, Rv. 226710).
Il controllo di legittimità non si estende, quindi, all’adeguatezza delle linee argomentative ed alla congruenza logica del discorso giustificativo della decisione potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso il caso in cui la motivazione manchi assolutamente o sia, altresì, del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito, ovvero le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento. Ora risulta di tutta evidenza che con il ricorso che in questa sede ci occupa la difesa del proposto tende a indicare una diversa ricostruzione dei fatti lamentando come la Corte di Appello li ha ricostruiti ma ciò oltre a comportare un’inammissibile richiesta di rivalutazione da parte di questa Corte Suprema del merito della vicenda e degli elementi probatori che la sorreggono, non consente di ipotizzare la ricorrenza di una “violazione di legge” nel senso sopra indicato ma di ricondurre al più le doglianze formulate nell’alveo del disposto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in relazione al quale, però, non può essere ammissibilmente presentato ricorso innanzi a questa Corte di legittimità in presenza di una motivazione che – come quella contenuta nel decreto gravato – è certamente esistente e non meramente apparente.
1.2. In questa sede il ricorrente lamenta, in realtà, una motivazione carente e, sostanzialmente, illogica quanto alla ritenuta pericolosità del preposto ed alla sua attualità.
Sennonchè si deve replicare che le argomentazioni addotte dalla Corte sono sorrette da motivazione tute altro che carente ma, anzi, congrua ed adeguata proprio perchè la stessa ha preso in esame gli elementi probatori forniti dall’accusa, ha valutato la tesi difensiva ed i medesimi motivi di censura oggi reiterati ed è giunta a disattenderla sulla base di un iter motivazionale che, stante i ristretti limiti in cui può essere impugnata la motivazione in questa sede di legittimità, non può dirsi nè carente, nè apparente nè mancante.
In altri termini appare evidente che quanto alla ricostruzione della pericolosità del proposto la motivazione censurata contiene tutti gli elementi per ritenere che la corte di merito abbia adempiuto all’obbligo motivazionale, sicchè, non essendo ipotizzabile alcuna violazione di legge, sotto il profilo della motivazione assente o apparente, tutte le censura vanno ritenute inammissibili in quanto il ricorrente si è limitato, in modo surrettizio, a far valere la manifesta illogicità e la contraddittorietà dell’impugnato provvedimento ovvero il motivo di cui all’art. 606 c.p.p., lett. d), ossia quei vizi motivazionali non deducibili in questa sede.
1.3. Va, quindi, osservato, quanto all’acquisto dei beni fittiziamente intestati a B.F., che le censure dedotte dal D.S. non possono essere in alcun modo essere prese in esame, come già condivisibilmente affermato dalla corte di appello.
La giurisprudenza di questa Corte è, infatti, ferma nel ritenere che, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, è inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione proposta dal proposto – avverso il decreto di confisca di beni ritenuti fittiziamente intestati a terzi – in quanto, in tal caso, la legittimazione ad impugnare spetta solo al terzo apparente intestatario, proprio perchè solo costui, è il soggetto avente in ipotesi diritto alla restituzione del bene: Cass. 6808/2010 Rv. 249499; Cass. 15474/2012 rv. 252811; Cass. 35240/2013 rv. 256265.
1.3. Occorre, ancora, precisare che ogni riferimento alla mancanza di prova di una pericolosità “attuale” del D.S. è privo di rilievo avendo la corte territoriale offerto una motivazione che non è nè carente nè meramente apparente circa la riconducibilità della somma di Euro 126.000,00 (in contanti) rinvenuta nella disponibilità del prevenuto in data 23 Novembre 2013 al periodo della piena pericolosità del ricorrente il quale, del resto, non ha fornito alcuna spiegazione circa la liceità di tale cespite del tutto sproporzionato rispetto ai suoi redditi leciti.
Occorre, invero, rilevare come non coglie in alcun modo nel segno la generica affermazione del D.S. secondo cui, come era dato evincere dal provvedimento del Tribunale di Sorveglianza in data 19/03/2019, risultava che lo stesso “da tempo” svolgeva attività lavorativa presso la D&G Service, l’hotel (OMISSIS) di (OMISSIS) e la società Zangheri s.r.l.s., dato questo che, a tacer d’ altro, in assenza di ogni concreto riferimento temporale appare in sè del tutto ininfluente ai fini che occupano.
- Ricorso proposto da B.F.. 2.1. Rileva il Collegio che la corte territoriale, in ordine alla pretesa legittima provenienza dei beni confiscati formalmente di proprietà della predetta, figlia della convivente del proposto, valutate tutte le emergenze processuali, ivi compresa la documentazione in atti, ha individuato con ampia motivazione tutti gli elementi da cui era dato desumere univocamente l’interposizione fittizia della ricorrente quanto all’immobile sito in (OMISSIS) risultato nella totale disponibilità del proposto ed acquistato, nel periodo di acclarata pericolosità del predetto, con denaro di provenienza illecita di questi.
La corte di Appello di Bologna ha evidenziato, infatti, che non vi era prova della liceità della provvista – frutto di un asserito prestito di cui non era emersa dimostrazione alcuna – spiegando le ragioni per le quali non appariva, comunque, decisivo il riferimento ad un presunto (ed indimostrato) prestito ad opera di D.S.M. fratello del proposto (v. ff. 1721), ragionamento per nulla scalfito dalle contestazioni di parte ricorrente la quale, a parte il richiamo a principi giurisprudenziali di carattere generale, fa riferimento ad incoerenze motivazionali ovvero illogicità certamente non deducibili in questa sede.
Per il resto deve osservarsi che la difesa della ricorrente, sotto il profilo del vizio di legge che discenderebbe da una asserita carenza od erroneità motivazionale del provvedimento impugnato nell’ambito della valutazione degli elementi riguardanti la provenienza illecita dei fondi necessari per l’acquisto dei beni confiscati ed la pericolosità del proposto all’epoca dell’acquisto tenta in realtà di sottoporre a questa Corte un giudizio di merito, non consentito.
La natura del controllo demandato la Corte di Cassazione infatti, può essere solo di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di merito: ai giudice di legittimità resta tuttora preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito.
- Per le considerazioni esposte, dunque, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonchè al pagamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro duemila ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 14 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020
Originally posted 2022-07-15 15:42:25.