STUPRO SOTTO EFFETTO STUPEFACENTI INIBENTI LA VOLONTA’ REATO DI SPACCIO

STUPRO SOTTO EFFETTO STUPEFACENTI INIBENTI LA VOLONTA’ REATO DI SPACCIO

STUPRO SOTTO EFFETTO STUPEFACENTI INIBENTI LA VOLONTA’ REATO DI SPACCIO LIEVE ENTITA’ AVVOCATO PENALISTA BOLOGNA RAVENNA LUGO FAENZA RIMINI CESENA FORLI

  1. La Corte di Appello di Perugia, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la pronuncia di condanna emessa all’esito di rito abbreviato dal Tribunale di Perugia (ritenuti i delitti di cui ai capi A e C in concorso formale ed unificati sotto il vincolo della continuazione con il reato sub B, pena base per il reato di cui al capo A anni sei di reclusione ed Euro 27.000,00 di multa, aumentata ex articolo81 c.p., ad anni dieci di reclusione ed Euro 45.000,00 di multa, ridotta per il rito ad anni sei e mesi otto di reclusione ed Euro 30.000,00 di multa, oltre alla pena di mesi due di reclusione per il reato di cui al capo D ed alla condanna al risarcimento del danno nei confronti delle costituite parti civili) nei confronti di (OMISSIS), imputato:
  2. a) del reato di cui all’articolo61 c.p., n. 2, Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, per aver acquistato un quantitativo imprecisato di sostanza stupefacente del tipo MDMA (c.d. droga dello stupro) al fine di cederlo a (OMISSIS) e per averlo successivamente ceduto alla stessa, gia’ sciolto in una bottiglietta da mezzo litro, in concentrazioni tali da ingenerare intossicazione acuta mortale. Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di indurla a subire, in condizioni di inferiorita’ fisica e psichica, energiche penetrazioni vaginali e anali;
  3. b) del reato di cui all’articolo609 bis c.p., comma 2, n. 1, articolo609 ter c.p., comma 1, n. 2, articolo 609 septies c.p., comma 4, n. 4, per aver indotto (OMISSIS) a compiere e subire atti sessuali consistenti in energiche penetrazioni vaginali e anali abusando delle sue condizioni di inferiorita’ fisica e psichica cagionate dall’assunzione di un quantitativo notevole di sostanza stupefacente del tipo MDMA (c.d. droga dello stupro) sciolta in una bottiglietta d’acqua da mezzo litro, quantitativo rinvenuto in concentrazioni ematiche pari a 8,930 microgrammi/ml, tale da ingenerare intossicazione acuta mortale;
  4. c) del reato di cui all’articolo586 c.p., in relazione ai delitti di cui all’articolo 73 Testo Unico Stup., e articolo 609 bis, comma 2, n. 1, articolo 609 ter, comma 1, n. 2, per aver ceduto a (OMISSIS) la sostanza stupefacente del tipo MDMA nei quantitativi mortali di cui al capo A e per aver commesso in suo danno la violenza sessuale di cui al capo B, condotte dalle quali derivava, quale conseguenza non voluta dal colpevole ma comunque ipotizzabile in base ai comuni parametri della scienza medica e delle conoscenze medie in materia di sostenibilita’ di sostanze stupefacenti da parte della ragazza, diciannovenne e non abituata all’uso sistematico e in quantita’ considerevoli di sostanze stupefacenti, la morte della stessa (OMISSIS), per miocardio-tossicita’ acuta da assunzione di MDMA in dose letale aggravata dall’incremento della produzione di catecolamine derivante dall’attivita’ sessuale indotta di cui al capo B;
  5. d) del reato di cui all’articolo412 c.p., per avere occultato il cadavere di (OMISSIS) nel sottobosco prospiciente il parcheggio della spiaggia (OMISSIS), lungo la s.p. (OMISSIS), altezza km 8+700, a seguito del decesso della medesima, avvenuto con le modalita’ di cui ai capi che precedono.

 

l’attuale disciplina normativa del fatto di lieve entita’ in materia di sostanze stupefacenti e’ il risultato di una prima modifica ad opera del Decreto Legge 23 dicembre 2013, n. 146 (conv. dalla L. 21 febbraio 2014, n. 10)

e, successivamente, una volta intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014 che avvertiva dell’irrilevanza del suo decisum rispetto alla disciplina del fatto di lieve entita’, di un secondo intervento del legislatore con Decreto Legge 20 marzo 2014, n. 36 (conv. dalla L. 16 maggio 2014, n. 79); dopo questi interventi modificativi, l’interprete deve, oggi, confrontarsi con una previsione di reato autonoma riferita alle condotte di detenzione e cessione di droghe di minor offensivita’, connotata da elementi distonici rispetto alle fattispecie delittuose disciplinate dall’articolo 73, comma 1, Testo Unico Stup. e non piu’ valutabile secondo il metro dell’ipotesi attenuata rispetto a queste ultime.

E’ sufficiente sottolineare, a conferma della disomogeneita’ di tali ipotesi di reato, l’identita’ di regime sanzionatorio riconosciuta a tutte le fattispecie che siano da considerare lievi, indipendentemente dal tipo di sostanza (cd. pesante o leggera) che, invece, condiziona decisamente il diverso trattamento sanzionatorio delle ipotesi “ordinarie”.

 

Il rilievo della natura della sostanza stupefacente e’ stato, in altre parole, non irragionevolmente (Sez. 4, n. 10514 del 28/02/2014, Verderamo, Rv. 25936001), svalutato a fronte di specifiche modalita’ del fatto criminoso, tali da rivelarne la concreta e obiettiva ridotta portata offensiva, suggerendo all’interprete di prestare attenzione, oltre che a singoli indici quali la quantita’ e la qualita’ della sostanza ceduta, anche alla complessiva portata della condotta nel contesto in cui si e’ svolta. Piu’ in generale, la giurisprudenza di legittimita’ ha piu’ volte affermato che la fattispecie prevista dall’articolo 73, comma 5, Testo Unico Stup. continua, anche dopo le modifiche normative, a regolare ipotesi di minima offensivita’ penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalita’, circostanze dell’azione) (Sez. U, n.35737 del 24/6/2010, Rico, Rv. 24791101; Sez. 3, n. 23945 del 29/04/2015, Xhihani, Rv. 26365101; Sez. 3, n. 27064 del 19/03/2014, Fontana, Rv. 25966401).

Con la conseguenza che, ove le specifiche modalita’ del fatto non siano in concreto rivelatrici di tale, ridotta, portata offensiva, il differente rilievo attribuito dal legislatore alla natura della sostanza per quanto concerne il trattamento sanzionatorio delle ipotesi di reato non lievi impone, in primo luogo, di chiarire che la distinzione tra droghe c.d. leggere e droghe c.d. pesanti mantiene ancora oggi la sua autonoma incidenza rispetto ad altri elementi del fatto, quale parametro di offensivita’ della condotta. Si tratta di indice rivelatore dell’obiettivo di sanzionare piu’ severamente la condotta diffusiva di droghe che generano dipendenza e, nel tempo, comportano effetti dannosi stabili sul sistema nervoso.

Tale rilievo e’ conforme a quanto sottolineato in una recente pronuncia del giudice delle leggi (Corte Cost. n.179 del 13 luglio 2017), in cui si legge che “Le due ipotesi di reato delineate rispettivamente dal comma 1 e dal comma 5, dell’articolo 73, sono due fattispecie autonome…. (omissis). Deve rilevarsi pero’ che, a differenza di quanto ritenuto dal giudice di Rovereto, non si tratta di due fattispecie del tutto omogenee. Benche’ nelle due disposizioni le condotte siano descritte in termini analoghi e l’oggetto materiale sia parzialmente sovrapponibile, nondimeno merita di essere rimarcato che il fatto di non lieve entita’ di cui al citato articolo 73, comma 1, riguarda le sole droghe “pesanti”, mentre il fatto di lieve entita’ di cui al comma 5 dello stesso articolo 73 si caratterizza per l’indistinzione tra i diversi tipi di droghe”. Va tenuto presente, sotto altro profilo, che l’articolo 80 Testo Unico Stup. prevede un cospicuo aumento di pena quando le sostanze stupefacenti siano consegnate o destinate a minori, o siano adulterate o commiste ad altre in modo che ne risulti accentuata la potenzialita’ lesiva, se l’offerta o la cessione sia finalizzata ad ottenere prestazioni sessuali da parte di persona tossicodipendente o se la cessione sia effettuata all’interno o in prossimita’ di scuole, comunita’ giovanili, strutture per la cura e la riabilitazione dei tossicodipendenti, se la cessione riguardi quantita’ ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope. Si tratta di aggravamenti di pena indicativi del maggior disvalore, dunque della maggiore offensivita’, che il legislatore connette a condotte che si dirigano verso categorie la cui capacita’ di autodeterminazione sia piu’ agevolmente aggredibile.

Il principio di offensivita’, che deve guidare l’interprete nell’individuazione del fatto tipico sanzionato dal legislatore penale, regola altresi’ il significato da attribuire ad espressioni lessicali vaghe come la “lieve entita’”, cosicche’ si possa “cogliere nel lessico legale una portata che esprima fenomenologie significative” (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, in motivazione), che giustifichino la diversa qualificazione del fatto. Qui l’interpretazione della norma sconta la modifica strutturale di una circostanza attenuante in fattispecie autonoma di reato, giacche’ alla complessiva portata del fatto in tutti i suoi elementi circostanziali rivelatori di minima offensivita’ fa da contraltare la rilevanza attribuita al singolo indice, qualitativo o quantitativo o inerente alle modalita’ dell’azione, ritenuto sufficiente a far sussumere il fatto nell’ipotesi “ordinaria”.

Ma e’, in definitiva, la corretta individuazione del bene giuridico tutelato dalla norma, su questo si concorda con l’impostazione difensiva, a costituire il faro per sceverare le condotte minimamente offensive da quelle che tali non sono.

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Secondo tale prospettazione, sulla premessa che il bene tutelato dalle norme che sanzionano penalmente la cessione delle sostanze stupefacenti sia l’interesse sociale ad evitare ogni diffusione delle sostanze droganti, ne’ la qualita’ ne’ la quantita’ e, ancor meno, le modalita’ di assunzione dello stupefacente o le finalita’ dell’agente costituirebbero, nel caso concreto, validi parametri di offensivita’ del fatto in relazione al bene della salute pubblica.

Ed, invero, la Corte di Cassazione, anche a Sezioni Unite (Sez. U, n. 22676 del 22/01/2009, Ronci, Rv. 24338101),

 ha piu’ volte precisato che l’oggettivita’ giuridica del delitto di cessione di sostanza stupefacente non e’ la tutela della vita o dell’incolumita’ fisica dell’assuntore, anche in ossequio a quanto affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza n.333 del 10 luglio 1991, e che lo scopo immediato e diretto della legislazione in materia di stupefacenti e’ costituito dalla repressione del mercato illegale della droga. La legislazione in materia di sostanze stupefacenti non svolge, dunque, in via diretta un ruolo di prevenzione delle offese alla integrita’ fisica dei cittadini; soltanto come scopo ulteriore, collocato sullo sfondo, e’ ravvisabile la tutela della salute pubblica, accanto alla tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico. D’altro canto, la natura astrattamente e genericamente pericolosa dell’attivita’ e’ legislativamente segnalata dall’articolo 81 Testo Unico Stup., il quale prevede la possibilita’ che l’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope possa cagionare la morte o lesioni personali dell’assuntore e che in tal caso possano essere configurabili i reati di cui agli articoli 586, 589 o 590 c.p., per chi abbia determinato o agevolato tale uso, disponendo altresi’ una notevole riduzione delle pene previste dalle norme sugli stupefacenti se il colpevole presti assistenza alla persona offesa ed informi tempestivamente l’autorita’ sanitaria o di polizia.

Nondimeno, si deve ritenere indicativo di maggiore capacita’ diffusiva dello spaccio

 anche quel parametro che, indipendentemente dal grado di pericolosita’ per la salute del singolo, riveli l’idoneita’ della condotta a coartare la capacita’ di autodeterminazione dell’assuntore. A tale conclusione conduce il rilievo per cui tratto tipico della fattispecie e’ la concreta attitudine della sostanza ceduta ad influenzare in qualche misura l’attivita’ neuropsichica del consumatore, in assenza della quale non vi e’ rilevanza penale del fatto per difetto di offensivita’ (Sez. U, n. 28605 del 24/04/2008, Di Salvia, Rv. 23992101; Sez. 6, n. 6928 del 13/12/2011, dep. 2012, Choukrallah, Rv. 25203601; Sez. 4, n. 21814 del 12/05/2010, Renna, Rv. 24747801), cosi’ escludendo, alla luce del principio di offensivita’, la rilevanza penale di condotte di spaccio di dosi contenenti un principio attivo inferiore alla soglia drogante (Sez. U, n. 9973 del 24/06/1998, Kremi, Rv. 21107301).

Originally posted 2019-01-08 09:32:54.