SISMICA, VINCOLO PAESAGGISTICO DIRITTO PENALE AVVOCATO ESPERTO BOLOGNA Diritto urbanistico – Reati urbanistici – Rilascio del permesso in sanatoria – Effetti – Art. 45, c.3 d.p.r. n. 380/01.

SISMICA, VINCOLO PAESAGGISTICO DIRITTO PENALE AVVOCATO ESPERTO BOLOGNA

 

LE PROBLEMATICHE DELLA SISMICA, NORME ALQUANTO DIFFICILI, PROVIAMO A PARLARNE

Diritto urbanistico – Reati urbanistici – Rilascio del permesso in sanatoria – Effetti – Art. 45, c.3 d.p.r. n. 380/01.


In materia di reati urbanistici, l’articolo 45, comma terzo del d.P.R. n. 380/01 stabilisce che il rilascio del permesso in sanatoria “estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti” con un riferimento che inequivocabilmente delimita ai soli reati urbanistici l’ambito di applicazione della disciplina escludendo, quindi, gli altri reati che, pur concernendo altri aspetti delle costruzioni, hanno una diversa oggettività giuridica, come quelli relativi a violazioni della normativa in materia di costruzioni in zona sismica, quelli in materia di opere in conglomerato cementizio, i reati paesaggistici e quelli relativi alla tutela del patrimonio storico architettonico, nonché quelli in materia di aree protette. Inoltre, con riferimento al permesso in sanatoria, deve riconoscerci al giudice un potere – dovere di valutazione finalizzato, come si è ripetutamente affermato, non tanto ad una valutazione di legittimità prodromica ad una eventuale disapplicazione, quanto piuttosto una verifica della effettiva sussistenza dei presupposti, di fatto e di diritto, cui consegue l’estinzione del reato. In tal modo il giudice esercita un doveroso sindacato della legittimità del fatto estintivo, incidente sulla fattispecie tipica penale (Cass. Sez. III n. 23080, 10/06/2008). (Amb.Dir.)

si pone, infatti, in palese contrasto con il principio, ripetutamente affermato da questa Corte e che qui va fermamente ribadito, secondo il quale il regime dei titoli abilitativi edilizi non puo’ essere eluso attraverso la suddivisione dell’attivita’ edificatoria finale nelle singole opere che concorrono a realizzarla, astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo piu’ limitate per la loro piu’ modesta incisivita’ sull’assetto territoriale. L’opera deve essere infatti considerata unitariamente nel suo complesso, senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi singoli componenti e cio’ ancor piu’ nel caso di interventi su preesistente opera abusiva (Sez. 3, n. 30147 del 19/4/2017, Tomasulo, Rv. 270256; Sez. 3, n. 16622 del 8/4/2015, Pmt in proc. Casciato, Rv. 263473; Sez. 3, n. 15442 del 26/11/2014 (dep. 2015), Prevosto e altri, Rv. 263339; Sez. 3, n. 5618 del 17/11/2011 (dep.2012), Forte, Rv. 252125; Sez. 3 n. 34585 del 22/4/2010, Tulipani, non massimata; Sez. 3, n. 20363 del 16/3/2010, Marrella, Rv. 247175; Sez. 3, n. 4048 del 6/11/2002 (dep. 2003), Tucci, Rv. 223365).

Cio’ e’ stato ripetutamente specificato anche con riferimento alla sanatoria degli abusi edilizi, escludendo l’ammissibilita’ di una “sanatoria parziale”, dovendo l’atto abilitativo postumo contemplare gli interventi eseguiti nella loro integrita’ (cfr. Sez. 3, n. 22256 del 28/4/2016, Rongo, Rv. 267290; Sez. 3 n. 19587, 18 maggio 2011; n. 45241, 5 dicembre 2007, non massimata; Sez. 3, n. 291 del 26/11/2003 (dep.2004), P.M. in proc. Fammiano, Rv. 226871) ed escludendo, altresi’, la sanatoria condizionata all’esecuzione di interventi volti a ricondurre il manufatto a conformita’ urbanistica (Sez. 3, n. 51013 del 05/11/2015, Carratu’ e altro, Rv. 266034 e prec. conf.), nonche’ quella “giurisprudenziale” o “impropria” (Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci e altro, Rv. 260973 e prec. conf.) sempre sulla base della necessita’ di una valutazione unitaria delle opere a tal fine.

  1. Tali principi sono stati, dunque, del tutto ignorati dal Tribunale, sebbene tale evenienza non rilevi in questa sede in assenza di impugnazione del Pubblico Ministero, ma vanno ulteriormente considerati anche in relazione a quanto prospettato dai ricorrenti nei motivi di ricorso in esame, poiche’ anche in questo caso si rileva, dal contesto generale delle argomentazioni sviluppate, che gli interventi realizzati non sono stati presi in considerazione unitariamente.
  2. Invero, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 93, nel disciplinare le modalita’ di denuncia dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche, afferma chiaramente, al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 93, comma 3, che il contenuto minimo del progetto e’ determinato dal competente ufficio tecnico della regione e che, in ogni caso, il progetto deve essere esauriente per planimetria, piante, prospetti e sezioni ed accompagnato da una relazione tecnica, dal fascicolo dei calcoli delle strutture portanti, sia in fondazione sia in elevazione, e dai disegni dei particolari esecutivi delle strutture.

Nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 93, commi 4 e 5 si stabilisce, inoltre, che al progetto deve essere allegata una relazione sulla fondazione, nella quale devono essere illustrati i criteri seguiti nella scelta del tipo di fondazione, le ipotesi assunte, i calcoli svolti nei riguardi del complesso terreno-opera di fondazione e che la relazione sulla fondazione deve essere corredata da grafici o da documentazioni, in quanto necessari.

Il rigoroso procedimento autorizzatorio individuato dal legislatore che, come e’ noto, si configura come del tutto autonomo da quello finalizzato al rilascio del titolo abilitativo edilizio, ha la evidente finalita’ di consentire il controllo preventivo da parte della pubblica amministrazione di tutte le costruzioni realizzate in zone sismiche, stante l’evidente rilievo che esse assumono con riferimento alle esigenze di tutela della pubblica incolumita’, sicche’ e’ evidente l’esigenza, avvertita dalle richiamate disposizioni, di fornire alle autorita’ competenti una informazione completa circa le opere da realizzare.

Da cio’ consegue, evidentemente, che non puo’ ammettersi la possibilita’ di interventi non conformi all’opera progettata, valutandone singolarmente la consistenza ai fini della necessita’ o meno del rilascio di un titolo abilitativo.

Cio’ e’ quanto fanno, invece, i ricorrenti, considerando autonomamente singole opere che essi stessi ammettono non essere incluse nel progetto depositato presso il Genio Civile e che, sulla base di personali valutazioni in fatto relative alla loro effettiva consistenza, ritengono non rilevanti sulla base della disciplina regionale che assumono, peraltro, erroneamente applicata dal giudice del merito.

Una simile asserzione, proprio alla luce della finalita’ della disciplina antisismica di cui si e’ detto, non puo’ essere condivisa, perche’ le opere vanno considerate nella loro integrita’ e la valutazione sulla loro effettiva consistenza e conseguente rilevanza ai fini della disciplina antisismica spettava alle autorita’ competenti.

Si e’ inoltre gia’ affermato che, ai fini dell’integrazione delle violazioni della disciplina prevista per le costruzioni in zone sismiche, non rileva la concreta entita’ delle opere realizzate in difformita’ rispetto a quelle assentite, poiche’ essa non prevede esenzioni o tetti minimi di difformita’, ma trova applicazione in ogni caso di violazione (cosi’ Sez. 3, n. 36576 del 21/6/2011, Licastro e altro, Rv. 251388).

A nulla rileva, inoltre, il contenuto delle disposizioni regionali richiamate in ricorso, poiche’, in disparte la questione della loro applicabilita’ o meno nel caso concreto, va ricordato come questa Corte abbia gia’ avuto modo di affermare che il reato previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 95 e’ applicabile a qualsiasi opera, eseguita in assenza della prescritta autorizzazione antisismica, in grado di esporre a pericolo la pubblica incolumita’, senza che le Regioni possano adottare in via amministrativa deroghe per particolari categorie di interventi ed escludendo espressamente la possibilita’ di individuazione di “opere minori” non soggette alla disciplina antisismica, poiche’ cio’ costituisce aperta violazione del disposto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 83, il quale prevede che tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumita’ sono soggette alla normativa antisismica (cosi’, Sez. 3, n. 19185 del 14/1/2015, Garofano, Rv. 263376).

  1. Va conseguentemente affermato che, anche per quanto riguarda la disciplina antisismica, la valutazione di un’opera va effettuata con riferimento al suo complesso, non potendosi considerare separatamente i singoli interventi, anche successivi, non rilevando, peraltro, l’entita’ delle difformita’ realizzate ne’ eventuali deroghe per particolari categorie di opere stabilite da disposizioni amministrative regionali.
  2. Per quanto concerne, poi, il terzo motivo di ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS), va ricordato che incombe sui soggetti che intendono eseguire interventi edilizi uno specifico onere di informazione presso le autorita’ competenti circa la disciplina che regola l’esecuzione delle opere che si intendono effettuare, tanto piu’ quando, come nella fattispecie, si tratta della esecuzione di interventi non compresi nel progetto presentato, sicche’ una simile verifica, diversamente da quanto si assume in ricorso, non era affatto complessa.
  3. Quanto alla dedotta prescrizione del reato, di cui trattano il quarto motivo di ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) ed il terzo motivo di ricorso di (OMISSIS), va rilevato che la data di accertamento del fatto e’ quella del (OMISSIS) ed il giudice ha invece collocato la cessazione della permanenza del reato al (OMISSIS), data in cui e’ stata ottenuta quella che viene definita “sanatoria postuma” da parte del Genio Civile.

I ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), invece, ritengono che il reato sia istantaneo ed individuano, al piu’ tardi, come data dalla quale inizierebbero a decorrere i termini di prescrizione, il (OMISSIS), data di inizio dei lavori, mentre il ricorrente (OMISSIS) indica come data di ultimazione lavori fine (OMISSIS).

Va rilevata, in primo luogo, la natura permanente del reato in esame.

Dando atto delle precedenti oscillazioni della giurisprudenza, questa Corte ha qualificato come permanente il reato contestato agli odierni ricorrenti, chiarendo che la consumazione dello stesso si protrae sino a quando il responsabile non presenta la relativa denuncia con l’allegato progetto ovvero non termina l’intervento edilizio (Sez. 3, n. 29737 del 4/6/2013, Vella, Rv. 255823, cui si rinvia per i richiami ai precedenti). Il principio e’ stato successivamente ribadito (Sez. 3, n. 12235 del 11/2/2014, Petrolo, Rv. 258738; Sez. 3, n. 2209 del 3/6/2015 (dep.2016), Russo e altro, Rv. 266224; Sez. 3, n. 1145 del 8/10/2015 (dep.2016), Stabile, Rv. 266015; Sez. 3, n. 24574 del 23/6/2016 (dep. 2017), Sorbello, non massimata).

Cio’ premesso, deve rilevarsi, considerati i richiamati principi, che in ogni caso, considerando la data di accertamento del fatto, la data di conseguimento della “sanatoria” o quella di fine lavori come individuata dallo stesso (OMISSIS), e calcolando anche le sospensioni dei termini di cui viene dato atto in sentenza, il termine massimo quinquennale di prescrizione non e’, ad oggi, maturato.

  1. Quanto alla mancata assunzione di prove, di cui tratta il terzo motivo di ricorso del (OMISSIS), richiamando anche il contenuto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 98, menzionato anche nel secondo motivo degli altri ricorrenti, va rilevato, quanto alla richiamata disposizione, che la stessa e’ rivolta al Pubblico Ministero, al quale e’ consentita, qualora ravvisi la necessita’ di ulteriori accertamenti tecnici, la nomina di uno o piu’ consulenti, da scegliere fra i componenti del Consiglio superiore dei lavori pubblici o tra tecnici laureati appartenenti ai ruoli del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti o di altre amministrazioni statali.

Corte di Cassazione|Sezione 3|Penale|Sentenza|3 settembre 2018| n. 39428

Data udienza 12 giugno 2018

Integrale

Interventi edilizi – Costruzioni in zone sismiche – Disciplina – Genio Civile – Onere di informazione delle autorità competenti – Titolo abilitativo edilizio – Rilascio – Disciplina antisismica

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. RAMACCI Luc – Rel. Consigliere

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessand – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 15/09/2017 del TRIBUNALE di FIRENZE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Ramacci Luca;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa Filippi Paola che conclude per il rigetto;

il difensore avv. (OMISSIS) chiede l’accoglimento del ricorso;

il difensore avv. (OMISSIS) si riporta ai motivi.

RITENUTO IN FATTO

  1. Il Tribunale di Firenze, con sentenza del 15 settembre 2017 ha affermato la responsabilita’ penale di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che ha condannato alla pena dell’ammenda, per il reato di cui all’articolo 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 93 e 95, perche’, in concorso tra loro, i primi due quali proprietari e committenti, il terzo quale tecnico asseverante e direttore dei lavori realizzavano interventi in zona sismica senza provvedere al preventivo deposito, presso l’ufficio del Genio Civile, del relativo progetto; in particolare, perche’ realizzavano opere strutturali diverse da quelle oggetto del progetto depositato, consistite nell’allungamento dei pilastri esterni in muratura tramite una porzione di pilastro in cemento armato e nella realizzazione di due travi in cemento armato poste al di sopra delle travi principali di copertura, inoltre perche’ realizzavano opere strutturali, in assenza del deposito del progetto, consistite nella costruzione di platee di fondazione, pilastri e travi in cemento armato e solatio interpiano in legno (fatto accertato in (OMISSIS)).

Il tribunale, inoltre, ha assolto gli imputati dal reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera c) ritenendo che parte dell’intervento e, segnatamente, la movimentazione di terreno, il riporto, la realizzazione di un marciapiede, la realizzazione di cordonature e di pilastri, lo scavo del piano terra ed il rialzamento del tetto fossero da qualificarsi come interventi manutentivi tali da non richiedere il titolo edilizio e, pertanto, quali fatti non previsti dalla legge come reato. Riteneva, inoltre, il rifacimento del solaio quale intervento estinto per sanatoria ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 36.

Ha inoltre dichiarato non doversi procedere, nei confronti degli imputati, in relazione al reato paesaggistico, pure contestato, perche’ estinto a seguito di sanatoria paesaggistica ai sensi del Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1-quinquies, richiamando, in particolare, l’innalzamento della quota del tetto.

Avverso tale pronuncia i predetti propongono ricorso per cassazione tramite i rispettivi difensori di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p..

  1. (OMISSIS) e (OMISSIS), con un primo motivo di ricorso, deducono la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rappresentando che il giudice del merito avrebbe erroneamente affermato la loro responsabilita’ penale per la violazione della normativa antisismica senza tener conto del fatto che le opere eseguite e non indicate nel progetto originariamente depositato andrebbero considerate come “interventi aggiuntivi”, qualificabili quali “opere di trascurabile importanza ai fini della pubblica incolumita’”, rispetto alle quali il D.P.R.G. Reg. Toscana n. 36/R del 2009, articolo 12 consente la possibilita’ di procedere senza necessita’ di ulteriore previa autorizzazione, ovvero senza preavviso.

2.1. Con un secondo motivo di ricorso denunciano la violazione di legge ed il vizio di motivazione, osservando che la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto del fatto che le opere oggetto di imputazione non avrebbero comportato in alcun modo la modifica della tipologia strutturale del fabbricato e non necessitavano, pertanto, di quanto richiesto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 93 e 95.

Specificano che le caratteristiche degli interventi aggiuntivi non presenterebbero neppure i requisiti previsti dal Decreto Ministeriale 14 gennaio 2008.

Rilevano, altresi’, che tali opere non potrebbero considerarsi quali difformita’ al progetto, bensi’ avrebbero potuto essere ricondotte, nell’ipotesi meno favorevole agli imputati, ad un caso in cui la pratica gia’ avviata necessitava di meri chiarimenti o integrazioni, integrazioni comunque fornite al Genio Civile il quale, peraltro, non aveva richiesto il deposito di un nuovo progetto, limitandosi a considerare le nuove opere quale variante al progetto medesimo.

Lamentano, altresi’, che il giudice del merito non avrebbe provveduto al necessario accertamento tecnico nei termini indicati dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 98.

2.3. Con un terzo motivo di ricorso rilevano la violazione di legge ed il vizio di motivazione, ritenendo incolpevole la condotta dei proprietari committenti, i quali si sarebbero rivolti a soggetti dotati di specifiche competenze tecniche riguardo ad una materia che aveva richiesto anche interventi interpretativi ed orientativi da parte del legislatore regionale.

2.4. Con un quarto motivo di ricorso lamentano che il giudice del merito avrebbe erroneamente ritenuto non maturata la prescrizione del reato.

2.5. Con un quinto motivo di ricorso denunciano la mancata applicazione della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131-bis c.p..

  1. Il ricorso di (OMISSIS) si fonda su argomentazioni non dissimili da quelle prospettate dai ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS)

Egli deduce infatti, con un primo motivo di ricorso, la violazione di legge ed il vizio di motivazione, osservando che, diversamente da quanto accertato dalla polizia giudiziaria, gli ulteriori interventi realizzati non potrebbero ritenersi quali opere strutturali rispetto a quelle indicate nel progetto originario e, pertanto, richiama l’attenzione sul fatto che il Genio Civile avrebbe considerato tali opere come mera variante, nonche’ sui contenuti del D.P.R.G. Reg. Toscana n. 36/R del 2009, articolo 12.

3.1. Con un secondo motivo di ricorso lamenta il fatto della mancata declaratoria di prescrizione del reato.

3.2. Con un terzo motivo di ricorso deduce la mancata assunzione della prova decisiva e, segnatamente, la mancata audizione di testi e consulenti tecnici e l’espletamento di perizia.

3.3. Con un quarto motivo di ricorso segnala la mancata applicazione della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131-bis c.p..

Tutti insistono pertanto per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi

CONSIDERATO IN DIRITTO

  1. I ricorsi sono infondati.
  2. Occorre rilevare, con riferimento al primo e secondo motivo di ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) ed al primo motivo di ricorso di (OMISSIS), che gli stessi si fondano, cosi’ come la sentenza, su un erroneo presupposto e, cioe’, sulla possibilita’ di una valutazione parziale e frammentaria dell’intervento edilizio.
  3. Invero, come e’ dato rilevare dalla sentenza, il giudice del merito, nell’assolvere gli imputati dalla violazione urbanistica contestata al capo a) dell’imputazione, ha preso in considerazione singolarmente le opere eseguite, come ricordato in premessa, ritenendone alcune non soggette a titolo abilitativo edilizio ed altre sanate ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 36ed altrettanto sembra aver fatto con riferimento alla violazione paesaggistica, rispetto alla quale, riferendosi, in dispositivo, alla “sanatoria paesaggistica”, richiama, in particolare, l’innalzamento della quota del tetto.

Altrettanto avviene nei ricorsi, laddove le opere eseguite vengono distinte, come si dira’ anche in seguito, tra quelle individuate nel progetto originariamente presentato e quelle definite “aggiuntive”, ritenendo queste ultime di minimo rilievo e, in quanto tali, sottratte alla disciplina antisismica in forza delle richiamate disposizioni regionali.

  1. Una simile soluzione interpretativa e’ del tutto errata.

Essa si pone, infatti, in palese contrasto con il principio, ripetutamente affermato da questa Corte e che qui va fermamente ribadito, secondo il quale il regime dei titoli abilitativi edilizi non puo’ essere eluso attraverso la suddivisione dell’attivita’ edificatoria finale nelle singole opere che concorrono a realizzarla, astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo piu’ limitate per la loro piu’ modesta incisivita’ sull’assetto territoriale. L’opera deve essere infatti considerata unitariamente nel suo complesso, senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi singoli componenti e cio’ ancor piu’ nel caso di interventi su preesistente opera abusiva (Sez. 3, n. 30147 del 19/4/2017, Tomasulo, Rv. 270256; Sez. 3, n. 16622 del 8/4/2015, Pmt in proc. Casciato, Rv. 263473; Sez. 3, n. 15442 del 26/11/2014 (dep. 2015), Prevosto e altri, Rv. 263339; Sez. 3, n. 5618 del 17/11/2011 (dep.2012), Forte, Rv. 252125; Sez. 3 n. 34585 del 22/4/2010, Tulipani, non massimata; Sez. 3, n. 20363 del 16/3/2010, Marrella, Rv. 247175; Sez. 3, n. 4048 del 6/11/2002 (dep. 2003), Tucci, Rv. 223365).

Cio’ e’ stato ripetutamente specificato anche con riferimento alla sanatoria degli abusi edilizi, escludendo l’ammissibilita’ di una “sanatoria parziale”, dovendo l’atto abilitativo postumo contemplare gli interventi eseguiti nella loro integrita’ (cfr. Sez. 3, n. 22256 del 28/4/2016, Rongo, Rv. 267290; Sez. 3 n. 19587, 18 maggio 2011; n. 45241, 5 dicembre 2007, non massimata; Sez. 3, n. 291 del 26/11/2003 (dep.2004), P.M. in proc. Fammiano, Rv. 226871) ed escludendo, altresi’, la sanatoria condizionata all’esecuzione di interventi volti a ricondurre il manufatto a conformita’ urbanistica (Sez. 3, n. 51013 del 05/11/2015, Carratu’ e altro, Rv. 266034 e prec. conf.), nonche’ quella “giurisprudenziale” o “impropria” (Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci e altro, Rv. 260973 e prec. conf.) sempre sulla base della necessita’ di una valutazione unitaria delle opere a tal fine.

  1. Tali principi sono stati, dunque, del tutto ignorati dal Tribunale, sebbene tale evenienza non rilevi in questa sede in assenza di impugnazione del Pubblico Ministero, ma vanno ulteriormente considerati anche in relazione a quanto prospettato dai ricorrenti nei motivi di ricorso in esame, poiche’ anche in questo caso si rileva, dal contesto generale delle argomentazioni sviluppate, che gli interventi realizzati non sono stati presi in considerazione unitariamente.
  2. Invero, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 93, nel disciplinare le modalita’ di denuncia dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche, afferma chiaramente, al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 93, comma 3, che il contenuto minimo del progetto e’ determinato dal competente ufficio tecnico della regione e che, in ogni caso, il progetto deve essere esauriente per planimetria, piante, prospetti e sezioni ed accompagnato da una relazione tecnica, dal fascicolo dei calcoli delle strutture portanti, sia in fondazione sia in elevazione, e dai disegni dei particolari esecutivi delle strutture.

Nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 93, commi 4 e 5 si stabilisce, inoltre, che al progetto deve essere allegata una relazione sulla fondazione, nella quale devono essere illustrati i criteri seguiti nella scelta del tipo di fondazione, le ipotesi assunte, i calcoli svolti nei riguardi del complesso terreno-opera di fondazione e che la relazione sulla fondazione deve essere corredata da grafici o da documentazioni, in quanto necessari.

Il rigoroso procedimento autorizzatorio individuato dal legislatore che, come e’ noto, si configura come del tutto autonomo da quello finalizzato al rilascio del titolo abilitativo edilizio, ha la evidente finalita’ di consentire il controllo preventivo da parte della pubblica amministrazione di tutte le costruzioni realizzate in zone sismiche, stante l’evidente rilievo che esse assumono con riferimento alle esigenze di tutela della pubblica incolumita’, sicche’ e’ evidente l’esigenza, avvertita dalle richiamate disposizioni, di fornire alle autorita’ competenti una informazione completa circa le opere da realizzare.

Da cio’ consegue, evidentemente, che non puo’ ammettersi la possibilita’ di interventi non conformi all’opera progettata, valutandone singolarmente la consistenza ai fini della necessita’ o meno del rilascio di un titolo abilitativo.

Cio’ e’ quanto fanno, invece, i ricorrenti, considerando autonomamente singole opere che essi stessi ammettono non essere incluse nel progetto depositato presso il Genio Civile e che, sulla base di personali valutazioni in fatto relative alla loro effettiva consistenza, ritengono non rilevanti sulla base della disciplina regionale che assumono, peraltro, erroneamente applicata dal giudice del merito.

Una simile asserzione, proprio alla luce della finalita’ della disciplina antisismica di cui si e’ detto, non puo’ essere condivisa, perche’ le opere vanno considerate nella loro integrita’ e la valutazione sulla loro effettiva consistenza e conseguente rilevanza ai fini della disciplina antisismica spettava alle autorita’ competenti.

Si e’ inoltre gia’ affermato che, ai fini dell’integrazione delle violazioni della disciplina prevista per le costruzioni in zone sismiche, non rileva la concreta entita’ delle opere realizzate in difformita’ rispetto a quelle assentite, poiche’ essa non prevede esenzioni o tetti minimi di difformita’, ma trova applicazione in ogni caso di violazione (cosi’ Sez. 3, n. 36576 del 21/6/2011, Licastro e altro, Rv. 251388).

A nulla rileva, inoltre, il contenuto delle disposizioni regionali richiamate in ricorso, poiche’, in disparte la questione della loro applicabilita’ o meno nel caso concreto, va ricordato come questa Corte abbia gia’ avuto modo di affermare che il reato previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 95 e’ applicabile a qualsiasi opera, eseguita in assenza della prescritta autorizzazione antisismica, in grado di esporre a pericolo la pubblica incolumita’, senza che le Regioni possano adottare in via amministrativa deroghe per particolari categorie di interventi ed escludendo espressamente la possibilita’ di individuazione di “opere minori” non soggette alla disciplina antisismica, poiche’ cio’ costituisce aperta violazione del disposto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 83, il quale prevede che tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumita’ sono soggette alla normativa antisismica (cosi’, Sez. 3, n. 19185 del 14/1/2015, Garofano, Rv. 263376).

  1. Va conseguentemente affermato che, anche per quanto riguarda la disciplina antisismica, la valutazione di un’opera va effettuata con riferimento al suo complesso, non potendosi considerare separatamente i singoli interventi, anche successivi, non rilevando, peraltro, l’entita’ delle difformita’ realizzate ne’ eventuali deroghe per particolari categorie di opere stabilite da disposizioni amministrative regionali.
  2. Per quanto concerne, poi, il terzo motivo di ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS), va ricordato che incombe sui soggetti che intendono eseguire interventi edilizi uno specifico onere di informazione presso le autorita’ competenti circa la disciplina che regola l’esecuzione delle opere che si intendono effettuare, tanto piu’ quando, come nella fattispecie, si tratta della esecuzione di interventi non compresi nel progetto presentato, sicche’ una simile verifica, diversamente da quanto si assume in ricorso, non era affatto complessa.
  3. Quanto alla dedotta prescrizione del reato, di cui trattano il quarto motivo di ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) ed il terzo motivo di ricorso di (OMISSIS), va rilevato che la data di accertamento del fatto e’ quella del (OMISSIS) ed il giudice ha invece collocato la cessazione della permanenza del reato al (OMISSIS), data in cui e’ stata ottenuta quella che viene definita “sanatoria postuma” da parte del Genio Civile.

I ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), invece, ritengono che il reato sia istantaneo ed individuano, al piu’ tardi, come data dalla quale inizierebbero a decorrere i termini di prescrizione, il (OMISSIS), data di inizio dei lavori, mentre il ricorrente (OMISSIS) indica come data di ultimazione lavori fine (OMISSIS).

Va rilevata, in primo luogo, la natura permanente del reato in esame.

Dando atto delle precedenti oscillazioni della giurisprudenza, questa Corte ha qualificato come permanente il reato contestato agli odierni ricorrenti, chiarendo che la consumazione dello stesso si protrae sino a quando il responsabile non presenta la relativa denuncia con l’allegato progetto ovvero non termina l’intervento edilizio (Sez. 3, n. 29737 del 4/6/2013, Vella, Rv. 255823, cui si rinvia per i richiami ai precedenti). Il principio e’ stato successivamente ribadito (Sez. 3, n. 12235 del 11/2/2014, Petrolo, Rv. 258738; Sez. 3, n. 2209 del 3/6/2015 (dep.2016), Russo e altro, Rv. 266224; Sez. 3, n. 1145 del 8/10/2015 (dep.2016), Stabile, Rv. 266015; Sez. 3, n. 24574 del 23/6/2016 (dep. 2017), Sorbello, non massimata).

Cio’ premesso, deve rilevarsi, considerati i richiamati principi, che in ogni caso, considerando la data di accertamento del fatto, la data di conseguimento della “sanatoria” o quella di fine lavori come individuata dallo stesso (OMISSIS), e calcolando anche le sospensioni dei termini di cui viene dato atto in sentenza, il termine massimo quinquennale di prescrizione non e’, ad oggi, maturato.

  1. Quanto alla mancata assunzione di prove, di cui tratta il terzo motivo di ricorso del (OMISSIS), richiamando anche il contenuto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 98, menzionato anche nel secondo motivo degli altri ricorrenti, va rilevato, quanto alla richiamata disposizione, che la stessa e’ rivolta al Pubblico Ministero, al quale e’ consentita, qualora ravvisi la necessita’ di ulteriori accertamenti tecnici, la nomina di uno o piu’ consulenti, da scegliere fra i componenti del Consiglio superiore dei lavori pubblici o tra tecnici laureati appartenenti ai ruoli del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti o di altre amministrazioni statali.

Si tratta di mera facolta’ e non di obbligo, che la legge neppure prevede nei confronti del giudice.

  1. Quanto alla ulteriore censura concernente la mancata assunzione di prove richieste, nei ricorsi non viene dedotto di aver eccepito immediatamente l’eventuale nullita’ dell’ordinanza di revoca, sicche’ una eventuale nullita’ sarebbe in ogni caso sanata ai sensi dell’articolo 182 c.p.p., comma 2 (cfr. Sez. 2, n. 9761 del 10/2/2015, Rizzello, Rv. 263210; Sez. 5, n. 51522 del 30/9/2013, Abatelli e altro, Rv. 257891; Sez. 5, n. 18351 del 17/2/2012, Biagini, Rv. 252680; Sez. 3, n. 816 del 06/12/2005 (dep. 2006), Guatta, Rv. 233256).

Neppure viene offerta la doverosa dimostrazione della decisivita’ della prova non ammessa, dovendosi intendere come tale quella che, ove esperita, avrebbe determinato una diversa decisione (Sez. 4, n. 6783 del 23/1/2014, Di Meglio, Rv. 259323; Sez. 3, n. 27581 del 15/6/2010, M., Rv. 248105; Sez. 6, n. 14916 del 25/3/2010, Brustenghi e altro, Rv. 246667 ed altre prec. conf.).

Tale onere, infatti, incombe sulla parte che intende censurare l’ordinanza con la quale viene esclusa la prova gia’ ammessa, in forza del principio di specificita’ di all’articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera c) (Sez. 6, n. 15673 del 19/12/2011 (dep. 2012), Ceresoli, Rv. 252581).

  1. Per cio’ che concerne, infine, il quinto motivo del ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) ed il quarto motivo del ricorso (OMISSIS), concernente la mancata applicazione della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131-bis c.p., va osservato che nessuno dei suddetti risulta aver richiesto l’applicazione dell’articolo 131-bis c.p., nel giudizio di merito, risultando l’unica richiesta in tal senso formulata dall’imputato (OMISSIS), non ricorrente, e pertanto, deve ribadirsi, secondo quanto gia’ affermato da questa Corte, che quando la sentenza di merito e’ successiva alla vigenza della nuova causa di non punibilita’, la questione dell’applicabilita’ dell’articolo 131-bis c.p., non puo’ essere posta per la prima volta nel giudizio di legittimita’ come motivo di violazione di legge (cfr. Sez. 6, n. 20270 del 27/4/2016, Gravina, Rv. 26667801; Sez. 7, n. 43838 del 27/5/2016, Savini, Rv. 26828101), ne’ puo’ affermarsi, in assenza di specifica richiesta, che nella fattispecie il giudice avesse l’obbligo di pronunciarsi comunque.
  2. I ricorsi devono pertanto essere rigettati, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.

Originally posted 2019-03-20 08:47:14.