REVENGE PORN ART 612 TER CP
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000.
La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.
La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si
Il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, che ha natura di reato istantaneo, si perfeziona nel momento in cui avviene il primo invio a un destinatario, indipendentemente dal rapporto esistente tra quest’ultimo e la persona ritratta.
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Integra il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti la condotta di chi, avendo ricevuto o comunque acquisito, anche dalla stessa persona ritratta, immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso della persona rappresentata, al fine specifico di recarle nocumento.
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Ai fini della configurabilità del delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, la divulgazione può riguardare non solo immagini o video che ritraggono atti sessuali ovvero organi genitali, ma anche altre parti erogene del corpo umano in condizioni e contesti tali da evocarne la sessualità.
Cass. pen. n. 16669/2016
È idonea ad estinguere il reato di atti persecutori anche la remissione di querela effettuata davanti a un ufficiale di polizia giudiziaria, e non solo quella ricevuta dall’autorità giudiziaria, atteso che l’art. 612-bis, quarto comma, cod. pen., laddove fa riferimento alla remissione “processuale”, evoca la disciplina risultante dal combinato disposto dagli art. 152 cod. pen. e 340 cod. proc. pen.
Repubblica Italiana In nome del Popolo Italiano IL TRIBUNALE ORDINARIO DI SIENA SEZIONE PENALE in composizione monocratica in persona del Giudice, Dott. Francesco Cerretelli, all’esito della pubblica udienza del giorno 18 dicembre 2023 ha pronunciato la presente S E N T E N Z A nella causa penale di primo grado nei confronti di IMPUTATO 1 nato _______ il _________, con domicilio dichiarato presso l’indirizzo di residenza a __________, difeso di fiducia dall’ Avv. OMISSIS del Foro di Siena (dichiarazione di domicilio e nomina effettuate con verbale d’identificazione del 4.2.2021) libero-assente IMPUTATO 2 nato in _________ il ______, con domicilio dichiarato presso la residenza a ________________, difeso d’ufficio dall’ Avv. OMISSIS del Foro di Siena (decreto di nomina del 21.9.2022) libero-presente I M P U T A T I Del reato p. e p. dagli artt. 81, 110, 612 ter co. 1 e co. 3 c.p., perché, in concorso tra loro, dopo aver realizzato un video ritraente P.O. intenta a consumare un rapporto sessuale con IMPUTATO 2, durante un loro incontro avvenuto il 18.7.2020 all’interno di una camera dell’hotel “OMISSIS”, video materialmente realizzato da IMPUTATO 1 con il proprio telefono cellulare, con la complicità dell’amico IMPUTATO 2, senza il consenso di P.O., lo divulgavano diffondendolo a più persone, in particolare:
Del reato p. e p. dagli artt. 81, 110, 612 ter co. 1 e co. 3 c.p., perché, in concorso tra loro, dopo aver realizzato un video ritraente P.O. intenta a consumare un rapporto sessuale con IMPUTATO 2, durante un loro incontro avvenuto il 18.7.2020 all’interno di una camera dell’hotel “OMISSIS”, video materialmente realizzato da IMPUTATO 1 con il proprio telefono cellulare, con la complicità dell’amico IMPUTATO 2, senza il consenso di P.O., lo divulgavano diffondendolo a più persone, in particolare: – in data 21.7.2021, tra le ore 15:23 e le ore 15:27, IMPUTATO 1, trasmetteva il video, sessualmente esplicito, all’amico IMPUTATO 2 tramite l’applicativo WhatsApp; – in data successiva al 18.7.2020, IMPUTATO 1 mostrava tale video contenuto all’interno del proprio telefono cellulare a OMISSIS; – ne
Repubblica Italiana In nome del Popolo Italiano IL TRIBUNALE ORDINARIO DI SIENA SEZIONE PENALE in composizione monocratica in persona del Giudice, Dott. Francesco Cerretelli, all’esito della pubblica udienza del giorno 18 dicembre 2023 ha pronunciato la presente S E N T E N Z A nella causa penale di primo grado nei confronti di IMPUTATO 1 nato _______ il _________, con domicilio dichiarato presso l’indirizzo di residenza a __________, difeso di fiducia dall’ Avv. OMISSIS del Foro di Siena (dichiarazione di domicilio e nomina effettuate con verbale d’identificazione del 4.2.2021) libero-assente IMPUTATO 2 nato in _________ il ______, con domicilio dichiarato presso la residenza a ________________, difeso d’ufficio dall’ Avv. OMISSIS del Foro di Siena (decreto di nomina del 21.9.2022) libero-presente I M P U T A T I
Del reato p. e p. dagli artt. 81, 110, 612 ter co. 1 e co. 3 c.p., perché, in concorso tra loro, dopo aver realizzato un video ritraente P.O. intenta a consumare un rapporto sessuale con IMPUTATO 2, durante un loro incontro avvenuto il 18.7.2020 all’interno di una camera dell’hotel “OMISSIS”, video materialmente realizzato da IMPUTATO 1 con il proprio telefono cellulare, con la complicità dell’amico IMPUTATO 2, senza il consenso di P.O., lo divulgavano diffondendolo a più persone, in particolare: – in data 21.7.2021, tra le ore 15:23 e le ore 15:27, IMPUTATO 1, trasmetteva il video, sessualmente esplicito, all’amico IMPUTATO 2 tramite l’applicativo WhatsApp; – in data successiva al 18.7.2020, IMPUTATO 1 mostrava tale video contenuto all’interno del proprio telefono cellulare a OMISSIS; – nel mese di dicembre 2020, IMPUTATO 1 e IMPUTATO 2 mostravano tale video a OMISSIS, mentre quest’ultimo si trovava in compagnia di altri due amici “OMISSIS” e “OMISSIS” non meglio identificati, ed il IMPUTATO 2 si compiaceva del fatto che “avevano scopato una”; Con l’aggravante di aver commesso il fatto attraverso strumenti informatici e telematici. In Siena in data successiva e prossima al 18.7.2020 Parte civile: P.O., nata a_______il ______, difesa dall’Avv. OMISSIS del Foro di Siena Conclusioni: il PM chiede per entrambi gli Imputati la condanna alla pena di anni due di reclusione. In subordine, chiede la condanna per il delitto di diffamazione; la DIFESA di PARTE CIVILE si associa alle richieste del Pubblico Ministero chiedendo, eventualmente, la riqualificazione dei fatti, nell’ipotesi di cui all’art. 615 bis c.p. e conclude come da conclusioni scritte; la DIFESA IMPUTATO 1 chiede l’assoluzione dell’Imputato perché il fatto non sussiste; la DIFESA IMPUTATO 2 chiede l’assoluzione dell’Imputato con la formula ritenuta di giustizia. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto che dispone il giudizio emesso il 25.10.2022 IMPUTATO 1 e IMPUTATO 2 venivano tratti davanti a questo Tribunale per rispondere dei reati a loro ascritti nel capo di imputazione all’udienza del 20.2.2023. Nel corso della prima udienza, celebrata alla presenza di IMPUTATO 2, il Giudice dichiarava di poter procedere in assenza dell’Imputato 1, dichiarava aperto il dibattimento e ammetteva le prove richieste dalle parti, ivi compresa la produzione documentale del Pubblico Ministero corredata da indice. All’udienza del 10.7.2023 venivano sentiti i testimoni OMISSIS e P.O. e, su accordo delle parti, venivano acquisite le sit rese da OMISSIS e OMISSIS, le cui testimonianze venivano quindi revocate. All’udienza del 30.10.2023 venivano sentiti i testimoni OMISSIS e OMISSIS nonché il consulente del Pubblico Ministero OMISSIS. Quindi, su accordo delle parti venivano acquisite le sommarie informazioni rese da OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS. A quel punto il Giudice ravvisava i presupposti di cui all’art. 129 c.p.p. e, su richiesta del sostituto processuale del patrono di Parte civile, accordava il rinvio del processo per discussione. All’udienza del 18.12.2023 il Giudice invitava le parti alla discussione e dava lettura del dispositivo in calce. (0 giorni di sospensione della prescrizione) CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI 2 DI FATTO E DI DIRITTO SU CUI È FONDATA LA DECISIONE 1. Terminata l’assunzione delle prove richieste dal Pubblico Ministero il Giudice ravvisava i presupposti per pronunciare sentenza di assoluzione nei confronti dei due Imputati perché i fatti a loro ascritti non sussistono. Ciò per i seguenti motivi. 2. Sentita come testimone, P.O. ha dichiarato di aver avuto un rapporto sessuale con i due Imputati all’interno di una camera dell’hotel “OMISSIS” a Siena il 18.7.2020. Riferiva che quella sera aveva ecceduto nel bere e, non volendo chiamare i propri genitori per tornare a casa, decideva di accettare l’invito di IMPUTATO 2, suo conoscente, nell’andare a dormire con lui nel predetto hotel. La persona offesa non ricordava molto del rapporto sessuale se non che questo fosse avvenuto. Viceversa, dichiarava di non essersi accorta che mentre consumava il rapporto con IMPUTATO 2, IMPUTATO 1, presente anche lui nella stanza d’albergo e con il quale aveva poi un rapporto, stesse riprendendo la scena. Dalle sommarie informazioni rese da OMISSIS il 4.2.2021 si legge che nel corso di quell’estate IMPUTATO 1 gli mostrava un video ritraente un uomo che consumava un rapporto sessuale con la persona offesa, penetrandola: IMPUTATO 1 gli comunicava che quell’uomo era lui mentre OMISSIS riconosceva subito P.O., sua amica. OMISSIS riferiva dell’incontro con IMPUTATO 1 a OMISSIS (si vedano le sit del 18.5.2021) che, nel corso della medesima estate, lo raccontava a sua volta alla persona offesa che, a suo dire, veniva per la prima volta a conoscenza dell’esistenza di un video dal contenuto sessualmente esplicito che la riguardava. Diversi mesi dopo, nel gennaio 2021, la persona offesa veniva a conoscenza da OMISSIS che il video era stato nuovamente visionato da altre persone. OMISSIS, sentito a sommarie informazioni dalla Stazione dei Carabinieri di Siena Centro il 22.1.2021 e il 3.6.2021, chiariva che si trovava alla fermata dell’autobus davanti al supermercato Pam di Siena, nell’attesa dell’arrivo del bus, incontrava anche i due Imputati nonché due ragazzi conosciuti come “OMISSIS” e “OMISSIS”. Ad un certo punto, IMPUTATO 1 prendeva il cellulare di IMPUTATO 2 per mostrare agli altri tre che “avevano scopato una” e che avevano girato un video che provava la cosa. Il video in questione ritraeva una ragazza di spalle mentre faceva sesso con un ragazzo ma di nessuno dei due si scorgeva il volto. IMPUTATO 1 e IMPUTATO 2 non specificavano l’identità di questa ragazza. OMISSIS asseriva che gli “sembrava” di riconoscere la persona offesa per via della acconciatura di capelli. Non era in grado di aggiungere dettagli circa l’identità dei due soggetti che oltre a lui avevano assistito al video, ossia “OMISSIS ” e “OMISSIS ”, meri conoscenti di cui non conservava nemmeno il numero di telefono. Dopo qualche giorno, OMISSIS riceveva una telefonata dalla persona offesa in presenza di altro soggetto, tale “OMISSIS”, di cui forniva il numero di cellulare. Terminata la chiamata, “Mati” si lasciava andare a commenti dispregiativi nei confronti della persona offesa, asserendo che circolava un video che la ritraeva avere rapporti con due ragazzi. Avuta conferma dell’identità della ragazza rappresentata nel video visto pochi giorni prima, OMISSIS raccontava il tutto a P.O. che nella stessa giornata querelava i due Imputati per il delitto di cui all’art. 612 ter c.p. e per quello di violenza sessuale di gruppo, reato, quest’ultimo che veniva successivamente archiviato. Avviate le indagini, oltre a sentire le persone informate sui fatti, il Pubblico Ministero conferiva incarico al dott. OMISSIS di estrarre copia forense dei dati contenuti nei cellulari e negli altri dispositivi informatici, nel frattempo sequestrati, in uso agli Imputati e a OMISSIS . 3 Dall’accertamento tecnico irripetibile risultava che in data 21.7.2020 IMPUTATO 1 inviava tramite chat Whatsapp a IMPUTATO 2 otto file video ritraenti il rapporto sessuale oggetto del processo: i video avevano una durata complessiva di due minuti e trentacinque secondi. Grazie alla consulenza si poteva appurare anche che IMPUTATO 2, pur conservando i video nella memoria del proprio cellulare e nella chat con IMPUTATO 1, non li inviava o condivideva ad alcuno. Viceversa, IMPUTATO 1 aveva resettato il suo cellulare in data 16.10.2020 (tre mesi circa dopo i fatti) e da quel giorno in poi risultava certo che non avesse più avuto la disponibilità dei video in parola. Tant’è vero che per mostrarli a OMISSIS , OMISSIS e OMISSIS (qualche settimana prima della denuncia del 21.1.2021) doveva chiedere il cellulare di IMPUTATO 2. 3. Tale ricostruzione storica dei fatti combacia esattamente con i fatti descritti nel capo di imputazione: ciononostante, la loro sussunzione nell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 612 ter c.p. è impossibile. Il delitto in questione, rubricato “diffusione illecita di immagini e video sessualmente espliciti” (c.d. revenge porn), sanziona, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la pena della reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000 “chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate”. 3.1. Due sono le criticità che emergono ictu oculi già dalla lettura del capo di imputazione: la prima attiene alla circostanza che se il video viene inviato, consegnato o ceduto a una delle persone che ha partecipato all’atto sessuale – come emerso con riferimento all’invio del video da IMPUTATO 1 a IMPUTATO 2– il video non viene divulgato ma mantiene la sua destinazione privata. Del resto, la locuzione “destinati a rimanere privati” utilizzata dal legislatore, è semplicemente una conferma del fatto che, trattandosi di contenuto “intimo”, questo è stato realizzato non per essere pubblicato ma per rimanere ad esclusivo beneficio dei partecipanti. Nel caso di specie, dunque, non vi poteva essere nulla di anomalo se il video fosse rimasto nella disponibilità di IMPUTATO 2. 3.2. La seconda evidente criticità attiene alla decisione di esercitare l’azione penale per condotte in cui gli agenti si sarebbero limitati a “mostrare” il video, in un caso, a una persona, e, nell’altro, a tre persone. Come già accennato, la disposizione di cui al primo comma dell’art. 612 ter c.p. – che è quella di interesse – è una norma a più fattispecie che elenca cinque diverse modalità realizzative della condotta: “inviare”, “consegnare”, “cedere”, “pubblicare” o “diffondere”. Mentre le prime tre si basano su un contatto diretto tra un soggetto ed un altro (o altri, ma determinati) e sono, sostanzialmente, tutte delle cessioni, le ultime due modalità realizzative riguardano attività destinate ad una cerchia indeterminata di destinatari, con una potenziale “viralità” della pubblicità e della diffusione delle immagini o dei video. Ebbene, il semplice mostrare un video o un’immagine a contenuto sessualmente esplicito a una terza persona senza il consenso della persona rappresentata non realizza – all’evidenza – né un invio né una consegna né una cessione perché colui che lo visiona non entra nella disponibilità del video o dell’immagine e non può a sua volta metterli in circolazione. Tantomeno la mera visione di un video da un altrui cellulare può costituire una “pubblicazione” o una “diffusione” del contenuto. “Pubblicazione” e “diffusione” sono terminologie ampiamente utilizzate dal codice penale e sono adoperate insieme come condotte alternative, ad esempio, nell’ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 656 c.p. che punisce chiunque pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose: 4 la pubblicazione risulta connotata dall’utilizzo del mezzo della stampa ed è una specie della più ampia condotta di diffusione che consiste nella trasmissione di un contenuto ad un numero indeterminato di persone in qualunque forma. Inoltre, l’unica codificazione della nozione di “diffusione” che si rinviene nell’ordinamento è a proposito dei dati personali, più precisamente all’art. 4 lett. m) del Codice della Privacy (d. lgs. 196/2003). Anche in questo caso emerge chiaramente che per aversi diffusione la comunicazione deve raggiungere una platea indeterminata di destinatari in quanto essa consiste “nel dare conoscenza dei dati personali a soggetti indeterminati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione”. Malgrado l’ipotesi delittuosa del revenge porn sia di recente introduzione e la giurisprudenza di legittimità non abbia ancora dato il proprio contributo nomofilattico a proposito delle cinque condotte alternative sinora attenzionate, l’interpretazione letterale offerta appare trovare conferma nell’analisi delle norme contenute al terzo e al quarto comma dell’art. 600 ter c.p. in tema di pornografia minorile nonché nella lettura delle sentenze pronunciate sul punto perché tali commi puniscono esattamente le stesse condotte del revenge porn quando le persone rappresentate sono minorenni. Infatti, il terzo comma dell’art. 600 ter c.p. sanziona con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da Euro 2.582 a Euro 51.645 le c.d. “attività pubblicitarie”, ossia quelle commesse da chiunque “distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza” il materiale pedopornografico mentre il quarto comma punisce con la reclusione fino a tre anni e con la multa da Euro 1.549 a 5.164 le condotte di cessione, ossia quelle commesse da chi “offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico”. Come si può ben apprezzare, il legislatore punisce meno gravemente analoghe condotte realizzate a danno di minori: il che farebbe già di per sé dubitare della legittimità costituzionale della più severa e ampia cornice edittale cui è ricorso per il delitto di cui all’art. 612 ter c.p. Tali dubbi, peraltro, aumentano nel momento in cui, correttamente, i commi terzo e quarto dell’art. 600 ter c.p. distinguono i trattamenti sanzionatori a seconda che vengano realizzate le condotte c.d. pubblicitarie ovvero quelle c.d. di cessione – cosa che, invece, non avviene nel delitto di revenge porn in cui una condotta grandemente meno offensiva come la cessione di un video a contenuto sessuale ad una singola persona è punita allo stesso modo della condotta diffusiva verso una platea indeterminata di persone. Tanto è diversa la portata delle condotte di “diffusione” rispetto a quelle di “cessione” che proprio in tema di pornografia minorile la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare che “integra il reato di divulgazione di materiale pedopornografico, di cui all’art. 600-ter, comma terzo, cod. pen., e non quello di cessione dello stesso con il mezzo telematico, di cui all’art. 600ter, comma quarto, cod. pen., la condotta di chi propaghi tale materiale su una “chat” alla quale partecipi un apprezzabile numero di persone, che abbiano, a loro volta, la possibilità di effettuare ulteriori smistamenti” (Cass. Sez. III, Sentenza n. 48377 del 09/11/2022 Ud. (dep. 21/12/2022 ) Rv. 283911 – 01): viceversa “chi non si limiti a riprendere con un telefonino un rapporto sessuale tra due amici minorenni per un suo privato utilizzo, ma diffonda la videoripresa nella cerchia degli amici della coppia, commette il reato di cessione di materiale pedopornografico “(Cass. pen., Sez. III, 21/11/2012, n. 47239). In definitiva, equiparare la condotta di “mostrare” a quella di “diffondere” significherebbe estendere la norma incriminatrice di cui all’art. 612 ter c.p. oltre i casi in essa previsti e, per l’effetto, violare il divieto di analogia la cui operatività è esclusa in materia penale dall’art. 14 delle Preleggi. 5 Ciò non significa che la condotta di chi mostri un’immagine o un video dai contenuti sessuali espliciti a terze persone non commetta alcun reato: l’ipotesi astrattamente configurabile è quella, ben più tenue, della diffamazione semplice allorquando l’immagine o il video siano mostrati contemporaneamente ad almeno due persone. Dunque, tra tutti i fatti descritti nel capo di imputazione, il solo che poteva assumere una rilevanza penale era quello consistito nel mostrare a un gruppo di tre persone il video dal contenuto sessuale esplicito senza il consenso della persona offesa. All’opposto, l’aver mostrato il video ad una sola persona non integra neppure il delitto di diffamazione. 4. L’istruttoria dibattimentale, oltre che concentrarsi su questo specifico tema, ha dato grande risalto a quello del consenso della persona offesa alla registrazione degli otto video che la ritraevano compiere atti sessuali con IMPUTATO 2. 4.1. Posto che i risultati probatori hanno comunque smentito l’affermazione della persona offesa in ordine al consenso ad essere ripresa durante il rapporto occorre, comunque, ribadire che ai fini dell’integrazione del delitto di revenge porn il solo dissenso ad essere elemento costitutivo della fattispecie è quello relativo alla cessione o divulgazione del video o dell’immagine. 4.2. Riprendere un rapporto sessuale all’insaputa del partner è, infatti, una condotta penalmente irrilevante. L’unico reato che, in simili ipotesi è stato contestato a taluni imputati è quello di interferenze illecite nella vita privata: tuttavia, secondo un condivisibile e consolidato orientamento della Suprema Corte “non integra il reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis cod. pen.) la condotta di colui che, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva, in un’abitazione in cui sia lecitamente presente, filma scene di vita privata, in quanto l’interferenza illecita normativamente prevista è quella realizzata dal terzo estraneo al domicilio che ne violi l’intimità, mentre il disvalore penale non è ricollegato alla mera assenza del consenso da parte di chi viene ripreso” (così Cass. Sez. V, Sentenza n. 27160 del 02/05/2018 Ud. dep. 13/06/2018 ; Rv. 273554 – 01; Cass. Pen. nn. 1766 del 2008 Rv. 239098 – 01 e 22221 del 2017 Rv. 270236 – 01). Come ricordato dalla massima ora citata il bene giuridico tutelato dalla norma è costituito solamente dall’inviolabilità del domicilio mentre l’indebita ripresa di scene di vita privata – ivi compreso un rapporto sessuale – e la detenzione del relativo filmato da parte di chi legittimamente presenziava nel luogo di privata dimora non è punibile, proprio perché il soggetto autore delle riprese è diventato parte della “vita privata”. Ciò a maggior ragione vale nel momento in cui si è prestato il consenso a consumare un rapporto sessuale con la persona che lo ha ripreso o detiene il video ovvero se il rapporto è stato consumato, sempre in maniera consenziente, davanti a terze persone. Il Legislatore è intervenuto sanzionando, con il delitto di revenge porn, proprio quelle condotte che, nei termini dianzi citati, portano terze persone che non hanno visto o partecipato all’atto sessuale (e dunque estranee allo stesso) a entrare in possesso di immagini o video che lo ritraggono venendo a conoscenza di momenti di intimità altrui. 4.3. In ogni caso – come già accennato – anche a voler accogliere una diversa prospettazione, la persona offesa è risultata nel corso della sua testimonianza inattendibile e non credibile con riguardo al tema del dissenso alla registrazione dei video. Infatti, ella ha affermato di non essersi resa conto di venire filmata da IMPUTATO 1 mentre stava consumando il rapporto con IMPUTATO 2 perché aveva bevuto molto quella sera e di ricordare anche poco o niente anche del rapporto sessuale. Tuttavia, il Difensore di IMPUTATO 2, per contestare il contenuto della deposizione della P.O. sul punto, dava lettura delle sommarie informazioni da lei rese il 27.1.2021 che smentiscono come in quel frangente la capacità di intendere e di volere della persona offesa fosse scemata (p. 29 6 fonoregistrazione dell’udienza del 10.7.2023) giacché a distanza di sei mesi dai fatti offriva il seguente vivido ricordo: “ricordo che avevo la borsa che poggiavo sul letto, non ricordo di essermi tolta il copri spalle, IMPUTATO 2 iniziava a farmi delle avances, ovvero mi faceva delle coccole, io ero seduta sul letto e lui si sedeva vicino a me. IMPUTATO 1 era affacciato alla finestra e ci dava le spalle. IMPUTATO 2 iniziava ad abbracciarmi, mi accarezzava la schiena senza comunque esagerare. Decidevo perciò di lasciarlo fare anche perché non ero proprio nelle condizioni di impedirglielo, anche perché non stava esagerando. IMPUTATO 2 iniziava ad essere più esplicito nelle sue azioni, cercando di arrivare con le mani alle mie parti intime. Io non avevo intenzione di proseguire oltre, mi ero sdraiata sul letto perché volevo dormire. Lui ha iniziato a togliersi la maglietta e darmi i bacini sul viso, sul collo. Non ricordo come fosse vestito, dopo essersi tolto la maglietta si mise sopra di me dicendomi: “dai, togliti la maglietta”. Io non avevo neanche la forza di farlo, ma comunque dopo un po’ ci riuscivo e rimanevo solo con l’intimo. Io non dicevo di smetterla, pensavo e speravo che tutto finisse lì e che avremmo dormito. Ricordo che gli dissi di fermarsi ma lui senza dire nulla andava oltre e mi penetrava. Ipotizzo che lui abbia pensato che io stessi fingendo e che non stessi così male come di fatto stavo, ricordo che a un certo punto mi ritrovai dando le spalle a IMPUTATO 2 e mentre questi continuava con la sua azione, IMPUTATO 1 mi si poneva davanti. Ricordo che IMPUTATO 1 si era abbassato i pantaloni, non ricordo come fosse vestito; quindi, avevo un rapporto orale con IMPUTATO 1. Non ricordo se lui me lo abbia chiesto ma conoscendo il tipo non credo l’abbia fatto. Con IMPUTATO 1 ebbi solo un rapporto orale”. Malgrado tale contestazione la persona offesa ribadiva di continuare a non ricordarsi nulla dell’accaduto se non di aver avuto un rapporto sessuale con i due ragazzi. Tale lettura a contestazione risulta importante non solo perché dimostra come, dalla ricchezza di dettagli offerta all’epoca delle sit, la persona offesa risultasse in grado di comprendere esattamente quanto stava avvenendo il giorno in cui è stato consumato e ripreso il rapporto sessuale ma perché quanto letto in contestazione contrasta in maniera netta con quanto si vede e si sente dai video: in primo luogo, tutti gli otto video ritraggono il rapporto sessuale avuto tra IMPUTATO 2e P.O. e sono ripresi da una distanza estremamente ravvicinata di talché era impossibile non avvedersi della presenza di IMPUTATO 1 e del fatto che stesse filmando il rapporto; in secondo luogo, in uno di questi video IMPUTATO 1 dice “Voglio vedere anch’io” e la P.O. gli risponde “No, leva sta cazzo di torcia”, intendendo la torcia del cellulare. Diversamente da quanto sostenuto dalla Difesa di Parte civile – secondo cui questa risposta paleserebbe il dissenso alla ripresa – questo scambio di battute chiarisce: che non è vero che i video fossero stati girati all’insaputa della persona offesa poiché la ragazza aveva chiaramente percepito che IMPUTATO 1 la stesse filmando; che malgrado questa chiara percezione la ragazza non ha interrotto il rapporto per impedire la ripresa ma si è limitata a dire di non utilizzare la torcia. È, poi, impossibile sostenere che non voleva che il IMPUTATO 1 presenziasse in quella stanza mentre consumava il rapporto con IMPUTATO 2 tanto più che poi aveva un rapporto anche con lui. Dalla visione dei video che sono stati rinvenuti nel cellulare di IMPUTATO 2della durata complessiva di 155 secondi (25 secondi, 32 secondi, 14 secondi, 1 secondo, 14 secondi, 23 secondi, 10 secondi, 36 secondi) emerge, infine, un ultimo rilievo che mina in radice l’attendibilità della persona offesa: il rapporto sessuale ripreso è stato completamente consenziente mentre dalle sommarie informazioni lette in aula dal Difensore di IMPUTATO 2 e sopra riportate risulta evidente che la persona offesa in sede di sommarie informazioni avesse dichiarato di aver espresso il proprio dissenso a IMPUTATO 2 in ordine alla prosecuzione del rapporto: “Ricordo che gli 7 dissi di fermarsi ma lui senza dire nulla andava oltre e mi penetrava”, sosteneva riferendosi proprio a OMISSIS. Giova, infatti, ricordare che la persona offesa ha querelato gli odierni Imputati anche per il delitto di violenza sessuale di gruppo, delitto in relazione al quale il Pubblico Ministero ha chiesto e ottenuto l’archiviazione mentre non è noto se il Pubblico Ministero, conseguentemente, abbia esercitato l’azione penale per il delitto di calunnia o se non vi fossero i presupposti per dare corso all’esercizio di tale azione. 5. Esaurito, dunque, il tema di prova del tutto superfluo per questo Giudice relativo alla sussistenza della realizzazione dei video corpo di reato col consenso o meno della persona offesa, giova soffermarsi sull’unico possibile reato per il quale poteva essere, in astratto, pronunciata una condanna: quello di diffamazione semplice ricavabile dalla condotta così descritta nel capo di imputazione “nel mese di dicembre 2020, IMPUTATO 1 e IMPUTATO 2 mostravano tale video a OMISSIS, mentre quest’ultimo si trovava in compagnia di altri due amici “OMISSIS” e “OMISSIS” non meglio identificati, ed il IMPUTATO 2 si compiaceva del fatto che “avevano scopato una”. Già si è detto che tali fatti storici trovano conferma nei due verbali di sommarie informazioni rese da OMISSIS da cui si evince altresì che né OMISSIS né OMISSIS fossero riusciti a identificare la ragazza rappresentata nel video. A tal proposito, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, “non osta all’integrazione del reato di diffamazione l’assenza di indicazione nominativa del soggetto la cui reputazione è lesa, qualora lo stesso sia individuabile, sia pure da parte di un numero limitato di persone, attraverso gli elementi della fattispecie concreta, quali la natura e la portata dell’offesa, le circostanze narrate, oggettive e soggettive, e i riferimenti personali e temporali” (si veda Cass. Sez. VI – , Sentenza n. 2598 del 06/12/2021 Ud. dep. 24/01/2022 Rv. 282679 – 01): tuttavia, proprio sulla base di questi indici sintomatici è da ritenere che, nel caso di specie, non via sia stata una lesione dell’onore della persona offesa giacché questa era individuabile solamente grazie ai capelli, la cui unica peculiarità immediatamente percepibile da chi non avesse mai visto prima di allora la ragazza, così come risulta dai video, era quella di essere ricci. Dunque, la stessa era riconoscibile solamente da chi la conosceva in maniera più approfondita. Tant’è che proprio OMISSIS, il quale aveva un certo grado di confidenza con la persona offesa (dato confermato dalla persona offesa nella chat Whatsapp avuta con OMISSIS, fidanzata di IMPUTATO 1, in cui la persona offesa diceva che la circolazione dei video le era stata riferita da persone che conosceva bene), andava a raccontarle quanto accaduto chiarendo di aver avuto conferma che il video ritraesse proprio lei dalla circostanza che un’altra persona di nome “OMISSIS” gli aveva successivamente parlato di P.O. in termini dispregiativi dicendo che sapeva dell’esistenza di un video che la ritraeva mentre aveva rapporti con due ragazzi. OMISSIS, però, diceva di non aver fatto ulteriori domande volte a comprendere in che modo questo “OMISSIS” fosse venuto a conoscenza del video né se questi lo avesse visto. 6. Tirando le fila di quanto emerso dal dibattimento e muovendo proprio dall’ultimo risultato probatorio menzionato, appare più che verosimile che i video in questione siano stati visionati o, quantomeno, siano divenuti oggetto di chiacchiere ingiuriose o diffamanti da parte di un numero ben maggiore di persone rispetto alle quattro cui le indagini hanno permesso in parte (perché “OMISSIS” e “OMISSIS” non sono mai stati individuati) di risalire. Tuttavia, preme sottolineare che tale conclusione oltre ad essere indimostrata (e correttamente neppure considerata nel capo di imputazione dal Pubblico Ministero) non sarebbe stata comunque idonea a trasformare le condotte in parole in quella di “diffusione” tale da integrare il delitto di revenge porn. 8 9 P.Q.M. Visti gli artt. 129 e 530 c.p.p. ASSOLVE IMPUTATO 1 e IMPUTATO 2 dai reati a loro ascritti perché il fatto non sussiste. Visto l’art. 544, comma 3 c.p.p., Indica in giorni 90 il maggior termine per il deposito della motivazione. Siena, lì 18.12.2023 Il Giudice Dott. Francesco Cerretelli Visto l’art. 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n.19 si dispone che, all’atto del deposito della motivazione, sia apposta e poi sottoscritta, a cura della Cancelleria, l’annotazione prevista dal secondo comma dell’art. 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, nei termini e nelle forme ivi previsti e che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano conseguentemente oscurate le generalità e gli altri dati identificativi in esso contenuti, a norma dell’art. 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
Il revenge porn è un reato che consiste nella diffusione non consensuale di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, spesso con l’intento di umiliare, vendicarsi o ricattare la vittima. Questo comportamento viola la privacy e la dignità della persona coinvolta e può avere gravi conseguenze psicologiche e sociali.
📜 Normativa in Italia
In Italia, il reato di revenge porn è stato introdotto con la Legge n. 69/2019, nota come “Codice Rosso”, che ha modificato il Codice Penale aggiungendo l’articolo 612-ter. Questo articolo stabilisce che:
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Chiunque diffonde o cede immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso della persona ritratta rischia la reclusione da 1 a 6 anni e una multa da 5.000 a 15.000 euro.
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Se il fatto è commesso dal partner, da un ex, o da una persona che aveva rapporti intimi con la vittima, la pena è aggravata.
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Anche chi riceve e poi condivide ulteriormente questi contenuti senza il consenso della vittima può essere punito.
📌 Cosa fare se sei vittima di revenge porn?
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Denunciare immediatamente – Recati presso le Forze dell’Ordine (Polizia Postale, Carabinieri) per sporgere denuncia.
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Segnalare i contenuti online – Piattaforme come Facebook, Instagram e TikTok hanno strumenti per la rimozione di contenuti intimi pubblicati senza consenso.
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Raccogliere prove – Screenshot, link, e ogni informazione utile possono essere fondamentali per l’indagine.
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Chiedere aiuto legale e psicologico – Esistono associazioni e avvocati specializzati che possono supportarti.