promotori finanziari danni arrecati a investitori risponde la Banca nello svolgimento delle incombenze affidate

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Occorre muovere dalla considerazione che la L. n. 1 del 1991, art. 5, comma 4 (poi sostituito dal D.Lgs. n. 415 del 1996, art. 23 e quindi dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 31, comma 3, ma ancora applicabile ratione temporis ai fatti di causa) pone a carico dell’intermediario la responsabilità solidale per gli “eventuali danni arrecati a terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale”.

Conviene invece sottolineare come la suindicata responsabilità dell’intermediario preponente, la quale pur sempre presuppone che il fatto illecito del promotore sia legato da un nesso di occasionalità necessaria all’esercizio delle incombenze a lui facenti capo (cfr.Cass. n. 20588 del 2004 e Cass. 10580 del 2002), trova la sua ragion d’essere, per un verso, nel fatto che l’agire del promotore è uno degli strumenti dei quali l’intermediario si avvale nell’organizzazione della propria impresa, traendone benefici cui è ragionevole far corrispondere i rischi; per altro verso, ed in termini più specifici, nell’esigenza di offrire una più adeguata garanzia ai destinatari delle offerte fuori sede loro rivolte dall’intermediario per il tramite del promotore, giacchè appunto per le caratteristiche di questo genere di offerte più facilmente la buona fede dei clienti può essere sorpresa.

E tale garanzia il legislatore ha inteso rafforzare, tra l’altro, anche e proprio attraverso un meccanismo normativo volto a responsabilizzare l’intermediario nei riguardi dei comportamenti di soggetti – quali sono i promotori – che l’intermediario medesimo sceglie, nel cui interesse imprenditoriale essi operano e sui quali nessuno megliodell’intermediario è concretamente in grado di esercitare efficaci forme di controllo.

In questo quadro si collocano, ovviamente, anche le disposizioni regolamentari che la Consob è stata chiamata a dettare, in base al disposto della citata L. n. 1 del 1991, art. 5, comma 8, ed in particolare quelle menzionate nella lettera f) di detto comma, ossia le regole che i promotori debbono osservare “nei rapporti con la clientela al fine di tutelare l’interesse dei risparmiatori”. Tra esse rileva qui, specificamente, l’art. 14, comma 9, del regolamento emanato dalla Consob con Delib. n. 5388 del 2 luglio 1991 (vigente all’epoca dei fatti di causa), che fa obbligo al promotore di ricevere dal cliente esclusivamente: “1) titoli di credito che assolvono la funzione di mezzi di pagamento, purchè siano muniti di clausola di non trasferibilità e siano intestati al soggetto indicato nel prospetto informativo o nel documento contrattuale ove il prospetto non sia prescritto; 2) titoli di credito nominativi intestati al cliente e girati a favore di chi presta il servizio di intermediazione mobiliare offerto tramite il promotore”.

Nè il mero fatto che una corrispondente previsione sia eventualmente inserita nei moduli sottoscritti dal cliente può mutare la funzione di quella regola e trasformarla, da obbligo di comportamento del promotore in vista della tutela dell’investitore, in un onere gravante su quest’ultimo in funzione della tutela dell’intermediario rispetto ai rischi di comportamento infedele del promotore. A parte il rilievo che l’implicito presupposto dal quale muovono tutte le disposizioni volte a conformare a regole prefissate il comportamento di intermediari e promotori è proprio l’insufficienza delle tradizionali forme di autotutela dell’investitore affidate alla mera sottoscrizione di moduli e formulati, ove si ammettesse la possibilità per l’intermediario di scaricare in tutto o in parte sull’investitore il rischio della violazione di regole di comportamento gravanti sui promotori, si finirebbe evidentemente per vanificare lo scopo della normativa che, come s’è visto, per ragioni di carattere generale attinenti alla tutela degli investitori (e perciò del risparmio), mira invece proprio a responsabilizzare l’intermediario per siffatti comportamenti del promotore.

Al dovere di tutela reciproca dei contraenti, insito nel principio generale di buona fede, anche il cliente dell’intermediario è certamente tenuto. Per le ragioni dianzi chiarite, deve però escludersi che la mera allegazione del fatto che il cliente abbia consegnato al promotore finanziario somme di denaro con modalità difformi da quelle con cui quest’ultimo sarebbe stato legittimato a riceverle valga, in caso d’indebita appropriazione di dette somme da parte del promotore, ad interrompere il nesso di causalità esistente tra lo svolgimento dell’attività del promotore finanziario medesimo e la consumazione dell’illecito, e quindi precluda la possibilità d’invocare la responsabilità solidale dell’intermediario preponente; e deve parimenti escludersi che un tal fatto possa essere addotto dall’intermediario come concausa del danno subito dall’investitore in conseguenza dell’illecito consumato dal promotore al fine di ridurre l’ammontare del risarcimento dovuto.

L’enunciazione di tale principio, destinato evidentemente ad assorbire e rimpiazzare la motivazione dell’impugnata sentenza sul punto, rende superfluo l’esame delle considerazioni svolte dalla ricorrente in ordine al modo in cui si sono concretamente configurate le modalità di pagamento nei pregressi rapporti intercorsi con il sig. M., mai avendo la ricorrente dedotto che quest’ultimo fosse consapevole della violazione delle regole di condotta gravanti sul promotore.

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Originally posted 2017-10-21 11:30:13.