La titolarità di altre società da parte dell’imprenditore fallito non consente in ogni caso l’ applicazione della misura interdittiva del divieto di esercitare altre attività imprenditoriali

  • La titolarità di altre società da parte dell’imprenditore fallito non consente in ogni caso l’ applicazione della misura interdittiva del divieto di esercitare altre attività imprenditoriali

    AVVOCATO PENALISTA BOLOGNA INFO
    AVVOCATO PENALISTA BOLOGNA INFO

Questa è  la soluzione alla problematica, da parte della Corte Suprema di Cassazione, con una recente sentenza, la quale traeva origine da un ricorso del pubblico ministero  nei confronti  della decisione dei giudici di merito, i quali non avevano ritenuto sussistente il  percolo di reiterazione del reato, valutando cosi superflua l’ applicazione della misura dell’ interdizione da altre attività imprenditoriali,al fine di evitare la reiterazione del reato di bancarotta o di altro reato connesso all’attività di gestione  della altre società di cui era legato da rapporti professionali  .

Deduce il procuratore ricorrente come solo da tale fatto ovvero dalla titolarità di altre cariche sociali  ben si potesse ritenere che l’ imputato poteva ad ogni modo reiterare il reato per il quale era stato tratto a giudizio,infatti con la disponibilità di altri organismi sociali avrebbe nuovamente commesso  altri fatti di bancarotta . 

Secondo il ricorrente,infatti si rendeva necessaria l’ applicazione di una misura interdittiva che ponesse fine a tali situazioni,con il divieto per l’imputato di esercitare attività imprenditoriali dato  che dal loro esercizio derivava il rischio della ripetizione del reato  con i conseguenti gravi danni per l intero sistemo economico .

Deduceva,infatti, il ricorrente in apposito motivo di ricorso come il provvedimento fosse,da ritenere illegittimo posto che in realtà il pericolo di reiterazione del reato richiesto dalla legge,quale presupposto per l’ applicazione della misura interdittiva, poteva essere rilevato nel caso di specie posto, che dalla titolarità di altre società si poteva ritenere probabile la commissione  di altro reato della stessa indole .     

Di diverso avviso invece erano gli ermellini i quali nella sentenza qui in commento assumono una posizione ben diversa in relazione alla fattispecie proposta al loro esame .

Seconda i Supremi giudei infatti la semplice titolarità da parte del imputato non era sufficiente potare ritener  probabile  la commissione di un nuovo  reato nel caso di specie infatti, potevano essere rilevati altri elementi di opposto segno che portavano  a ritenere comunque molto improbabile la commissione di ulteriori reato da parte dell’imputato in quanto non emergevano infatti irregolarità contabili nella gestione di altre aziende la quale  presentava addirittura una situazione di floridità  economica .

Gli ermellini, pertanto rigettano  il ricorso ritenendo che i semplici rapporti con altre società sia pure collegate con quella fallita  non fosse tale da giustificare l’ applicazione di una misura cautelare sia pure nella forma interdittiva  dalla gestione di altre attività economiche che avrebbe comportato gravi danni per il soggetto fallito .

L’imprenditore fallito  potrà  gestire anche altre attività sociali senza core il rischio di vedersi applicare la misura cautelare interiettiva che lo inibirebbe dalla gestione di altre attività economiche, tuttavia nel corso di un eventuale giudizio di merito sulla richiesta di misura cautelare dovrà essere fatta presente la gestione regolare delle altre società o persone giuridiche in rapporti  con l’ imprenditore che si era visto contestare il fallimento.  

Originally posted 2018-10-13 10:32:28.