DIRITTO PENALE AMBIENTALE VICENZA RAVENNA MILANO BOLOGNA Rifiuti – Reati ambientali – Nozione di rifiuto – Gestione non autorizzata e rilevanza della condotta assolutamente occasionale – Artt. 183 e 256 d.lgs. n. 152/2006 – Giurisprudenza Corte di Cassazione|Sezione 3|Penale|Sentenza|13 luglio 2018| n. 32180 Reati ambientali – Acqua – Inquinamento idrico – Autorizzazione agli scarichi di acque reflue ed industriali – Soggetti tenuti al controllo – Sanzioni amministrative e sanzioni penali – Artt. 128, 133, 137 D.Lgs. 152/2006.
PENALE TRIBUTARIO BOLOGNA IMOLA RAVENNA FORLI L’emissione di fatture per operazioni inesistenti
Chiunque, in assenza di autorizzazione, riceva da terzi rifiuti speciali trasportandoli e smaltendoli illecitamente sui fondi altrui commette il reato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata, previsto dall’articolo 256 del Dlgs 152/2006. Ai fini della configurabilità del reato, infatti, non rileva la qualifica soggettiva del soggetto agente, ma la concreta attività posta in essere in assenza dei prescritti titoli abilitativi, che può essere svolta anche di fatto o in modo secondario, purché non sia caratterizzata da assoluta occasionalità. Nel caso di specie, il tribunale ha ritenuto non occasionale la condotta posta in essere dall’imputato, per via dell’esistenza di una minima organizzazione dell’attività, del quantitativo dei rifiuti gestiti, e della predisposizione di un veicolo adeguato e funzionale al loro trasporto.
In materia di tutela delle acque dall’inquinamento, lo scarico da depuratore non ha una propria differente caratteristica rispetto a quella dei reflui convogliati; ne deriva che gli impianti che depurano scarichi da pubblica fognatura, ove non siano prevalentemente formati da scarichi di acque reflue industriali, devono essere ritenuti di natura mista, ed i relativi reflui vanno qualificati come scarichi di acque urbane, per cui agli stessi si applicano le disposizioni previste dall’art. 54 commi 1 e 2 D.L.vo 152/1999 (che contemplano illeciti amministrativi) e non le disposizioni penali di cui all’art. 59, commi 1 e 5, dello stesso decreto (Cass. Pen., Sez. III, n. 2884 del 21/09/2000; Cass. Pen., Sez. III, n. 42545 del 6/11/2001; Cass. Pen., Sez. III, n. 1547 del 7/11/2002). Il principio è applicabile anche alla sopravvenuta disciplina di cui agli artt. 133 e 137 del d.lgs. n. 152/2006, essendovi continuità normativa con i previgenti artt. 54 e 59 d.lgs. n. 152/1999.
Ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. a) d.lgs. n. 152 del 2006, per “rifiuto” si intende “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”. Sicché, la rilevanza della “assoluta occasionalità”, ai fini dell’esclusione della tipicità del fatto in esame, deriva non già da una arbitraria delimitazione interpretativa della norma, bensì dal tenore della fattispecie penale, che, punendo la “attività” di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione, concentra il disvalore d’azione su un complesso di azioni, che, dunque, non può coincidere con la condotta assolutamente occasionale (in tal senso, già Sez. 3, n. 5031 del 17/01/2012, Granata, secondo cui “con il termine “attività” deve intendersi ogni condotta che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità, mentre la norma non richiede ulteriori requisiti di carattere soggettivo o oggettivo perché sia integrata la fattispecie criminosa). È dunque la descrizione normativa ad escludere dall’area di rilevanza penale le condotte di assoluta occasionalità.
PRESCRIZIONE
In tema di prescrizione dei reati ambientali rileva il mutamento normativo intervenuto di recente per effetto della pronuncia della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 181, comma 1-bis del D.Lgs. n. 42 del 2004, nella parte in cui prevede che, i vincoli paesaggistici c.d. speciali: ” a) ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori; b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ?”. Ne consegue che deve qualificarsi come contravvenzione la violazione del vincolo speciale, che secondo la Corte Costituzionale non rileva ai fini della qualificabilità dell’abuso paesaggistico come delitto, ed in mancanza di prova sul superamento degli indici volumetrici, unica circostanza rilevante ai fini della configurabilità del delitto paesaggistico.
PENALE AMBIENTALE VICENZA RAVENNA MILANO BOLOGNA Rifiuti – Reati ambientali – Nozione di rifiuto – Gestione non autorizzata e rilevanza della condotta assolutamente occasionale – Artt. 183 e 256 d.lgs. n. 152/2006 – Giurisprudenza Corte di Cassazione|Sezione 3|Penale|Sentenza|13 luglio 2018| n. 32180 Reati ambientali – Acqua – Inquinamento idrico – Autorizzazione agli scarichi di acque reflue ed industriali – Soggetti tenuti al controllo – Sanzioni amministrative e sanzioni penali – Artt. 128, 133, 137 D.Lgs. 152/2006.
Chiunque, in assenza di autorizzazione, riceva da terzi rifiuti speciali trasportandoli e smaltendoli illecitamente sui fondi altrui commette il reato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata, previsto dall’articolo 256 del Dlgs 152/2006. Ai fini della configurabilità del reato, infatti, non rileva la qualifica soggettiva del soggetto agente, ma la concreta attività posta in essere in assenza dei prescritti titoli abilitativi, che può essere svolta anche di fatto o in modo secondario, purché non sia caratterizzata da assoluta occasionalità. Nel caso di specie, il tribunale ha ritenuto non occasionale la condotta posta in essere dall’imputato, per via dell’esistenza di una minima organizzazione dell’attività, del quantitativo dei rifiuti gestiti, e della predisposizione di un veicolo adeguato e funzionale al loro trasporto.
In materia di tutela delle acque dall’inquinamento, lo scarico da depuratore non ha una propria differente caratteristica rispetto a quella dei reflui convogliati; ne deriva che gli impianti che depurano scarichi da pubblica fognatura, ove non siano prevalentemente formati da scarichi di acque reflue industriali, devono essere ritenuti di natura mista, ed i relativi reflui vanno qualificati come scarichi di acque urbane, per cui agli stessi si applicano le disposizioni previste dall’art. 54 commi 1 e 2 D.L.vo 152/1999 (che contemplano illeciti amministrativi) e non le disposizioni penali di cui all’art. 59, commi 1 e 5, dello stesso decreto (Cass. Pen., Sez. III, n. 2884 del 21/09/2000; Cass. Pen., Sez. III, n. 42545 del 6/11/2001; Cass. Pen., Sez. III, n. 1547 del 7/11/2002). Il principio è applicabile anche alla sopravvenuta disciplina di cui agli artt. 133 e 137 del d.lgs. n. 152/2006, essendovi continuità normativa con i previgenti artt. 54 e 59 d.lgs. n. 152/1999.
Ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. a) d.lgs. n. 152 del 2006, per “rifiuto” si intende “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”. Sicché, la rilevanza della “assoluta occasionalità”, ai fini dell’esclusione della tipicità del fatto in esame, deriva non già da una arbitraria delimitazione interpretativa della norma, bensì dal tenore della fattispecie penale, che, punendo la “attività” di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione, concentra il disvalore d’azione su un complesso di azioni, che, dunque, non può coincidere con la condotta assolutamente occasionale (in tal senso, già Sez. 3, n. 5031 del 17/01/2012, Granata, secondo cui “con il termine “attività” deve intendersi ogni condotta che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità, mentre la norma non richiede ulteriori requisiti di carattere soggettivo o oggettivo perché sia integrata la fattispecie criminosa). È dunque la descrizione normativa ad escludere dall’area di rilevanza penale le condotte di assoluta occasionalità.
PRESCRIZIONE
In tema di prescrizione dei reati ambientali rileva il mutamento normativo intervenuto di recente per effetto della pronuncia della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 181, comma 1-bis del D.Lgs. n. 42 del 2004, nella parte in cui prevede che, i vincoli paesaggistici c.d. speciali: ” a) ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori; b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ?”. Ne consegue che deve qualificarsi come contravvenzione la violazione del vincolo speciale, che secondo la Corte Costituzionale non rileva ai fini della qualificabilità dell’abuso paesaggistico come delitto, ed in mancanza di prova sul superamento degli indici volumetrici, unica circostanza rilevante ai fini della configurabilità del delitto paesaggistico.
Chiunque, in assenza di autorizzazione, riceva da terzi rifiuti speciali trasportandoli e smaltendoli illecitamente sui fondi altrui commette il reato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata, previsto dall’articolo 256 del Dlgs 152/2006. Ai fini della configurabilità del reato, infatti, non rileva la qualifica soggettiva del soggetto agente, ma la concreta attività posta in essere in assenza dei prescritti titoli abilitativi, che può essere svolta anche di fatto o in modo secondario, purché non sia caratterizzata da assoluta occasionalità. Nel caso di specie, il tribunale ha ritenuto non occasionale la condotta posta in essere dall’imputato, per via dell’esistenza di una minima organizzazione dell’attività, del quantitativo dei rifiuti gestiti, e della predisposizione di un veicolo adeguato e funzionale al loro trasporto.
In materia di tutela delle acque dall’inquinamento, lo scarico da depuratore non ha una propria differente caratteristica rispetto a quella dei reflui convogliati; ne deriva che gli impianti che depurano scarichi da pubblica fognatura, ove non siano prevalentemente formati da scarichi di acque reflue industriali, devono essere ritenuti di natura mista, ed i relativi reflui vanno qualificati come scarichi di acque urbane, per cui agli stessi si applicano le disposizioni previste dall’art. 54 commi 1 e 2 D.L.vo 152/1999 (che contemplano illeciti amministrativi) e non le disposizioni penali di cui all’art. 59, commi 1 e 5, dello stesso decreto (Cass. Pen., Sez. III, n. 2884 del 21/09/2000; Cass. Pen., Sez. III, n. 42545 del 6/11/2001; Cass. Pen., Sez. III, n. 1547 del 7/11/2002). Il principio è applicabile anche alla sopravvenuta disciplina di cui agli artt. 133 e 137 del d.lgs. n. 152/2006, essendovi continuità normativa con i previgenti artt. 54 e 59 d.lgs. n. 152/1999.
Ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. a) d.lgs. n. 152 del 2006, per “rifiuto” si intende “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”. Sicché, la rilevanza della “assoluta occasionalità”, ai fini dell’esclusione della tipicità del fatto in esame, deriva non già da una arbitraria delimitazione interpretativa della norma, bensì dal tenore della fattispecie penale, che, punendo la “attività” di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione, concentra il disvalore d’azione su un complesso di azioni, che, dunque, non può coincidere con la condotta assolutamente occasionale (in tal senso, già Sez. 3, n. 5031 del 17/01/2012, Granata, secondo cui “con il termine “attività” deve intendersi ogni condotta che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità, mentre la norma non richiede ulteriori requisiti di carattere soggettivo o oggettivo perché sia integrata la fattispecie criminosa). È dunque la descrizione normativa ad escludere dall’area di rilevanza penale le condotte di assoluta occasionalità.
PRESCRIZIONE
In tema di prescrizione dei reati ambientali rileva il mutamento normativo intervenuto di recente per effetto della pronuncia della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 181, comma 1-bis del D.Lgs. n. 42 del 2004, nella parte in cui prevede che, i vincoli paesaggistici c.d. speciali: ” a) ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori; b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ?”. Ne consegue che deve qualificarsi come contravvenzione la violazione del vincolo speciale, che secondo la Corte Costituzionale non rileva ai fini della qualificabilità dell’abuso paesaggistico come delitto, ed in mancanza di prova sul superamento degli indici volumetrici, unica circostanza rilevante ai fini della configurabilità del delitto paesaggistico.
Originally posted 2019-01-10 09:59:19.