AVVOCATO PENALISTA ESPERTO

BANCAROTTA FRAUDOLENTA : IMPRENDITORE FALLITO AVVOCATO ESPERTO

BANCAROTTA FRAUDOLENTA : IMPRENDITORE FALLITO AVVOCATO ESPERTO TRIBUNALE DI MILANO,TRIBUNALE COLLEGIALE MILANO. CORTE APPELLO MILANO, TRIBUNALE DI BOLOGNA,TRIBUNALE COLLEGIALE DI BOLOGNA, CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA, TRIBUNALE DI RAVENNA, TRIBUNALE COLLEGIALE DI RAVENNA, TRIBUNALE DI FORLI, TRIBUNALE COLLEGIALE DI FORLI, TRIBUNALE DI FERRARA, TRIBUNALE COLLEGIALE DI FERRARA,TRIBUNALE DI CREMONA, TRIBUNALE COLLEGIALE DI CREMONA, TRIBUNALE DI PAVIA, TRIBUNALE COLLEGIALE DI PAVIA ,TRIBUNALE DI BRESCIA, TRIBUNALE COLLEGIALE DI BRESCIA, CORTE APPELLO BRESCIA .TRIBUNALE DI RIMINI,TRIBUNALE COLLEGIALE RIMINI.TRIBUNALE DI FERRARA TRIBUNALE COLLEGIALE DI FERRARA ,TRIBUNALE DI ROVIGO,TRIBUNALE DI VENEZIA CORT APPELLO VENEZIA ,TRIBUNALE DI VICENZA, TRIBUNALE DI PADOVA, TRIBUNALE DI TREVISO
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AVVOCATO PENALISTA ESPERTO DI ESPERIENZA APPELLO CASSAZIONE TRIBUNALE

Argomenta che il Tribunale del riesame avrebbe confermato la sussistenza delle esigenze cautelari senza valutare in maniera adeguata la concretezza ed attualita’ delle stesse ne’ tenuto conto che l’ordinanza cautelare era stata annullata con riferimento al reato contestato al capo c) dell’imputazione provvisoria; la motivazione sarebbe, poi, apparente in ordine al pericolo di inquinamento probatorio e non terrebbe conto della mancata fissazione della data di scadenza della misura in relazione alle indagini da compiere; il Tribunale, inoltre, avrebbe ritenuto, con motivazione insufficiente, sussistere il pericolo di fuga evincendolo solo dalla gravita’ del titolo di reato per cui si precede.

La posizione del creditore dell’imprenditore fallito può esser fatta valere nel corso del procedimento penale diretto alla contestazione del reato di bancarotta sia pure osservando certe limitazioni  anche se può  consentire recuperi di somme cospicue. La posizione del creditore dell’imprenditore fallito può esser fatta valere nel corso del procedimento penale diretto alla contestazione del reato di bancarotta sia pure osservando certe limitazioni  anche se può  consentire recuperi di somme cospicue La posizione del creditore è  una posizione di grande rilievo ,posto che egli può essere titolare  di crediti anche di notevole importanza e notevole importo economico, tale posizione può essere fatta valere con apposita azione civile nel corso del procedimento penale diretto alla contestazione del reato di bancarotta nei confronti del fallito che spesso consegue ad una dichiarazione di fallimento .

Argomenta che il Tribunale del riesame avrebbe confermato la sussistenza delle esigenze cautelari senza valutare in maniera adeguata la concretezza ed attualita’ delle stesse ne’ tenuto conto che l’ordinanza cautelare era stata annullata con riferimento al reato contestato al capo c) dell’imputazione provvisoria; la motivazione sarebbe, poi, apparente in ordine al pericolo di inquinamento probatorio e non terrebbe conto della mancata fissazione della data di scadenza della misura in relazione alle indagini da compiere; il Tribunale, inoltre, avrebbe ritenuto, con motivazione insufficiente, sussistere il pericolo di fuga evincendolo solo dalla gravita’ del titolo di reato per cui si precede.

La posizione del creditore è  una posizione di grande rilievo ,posto che egli può essere titolare  di crediti anche di notevole importanza e notevole importo economico,tale posizione può essere fatta valere con apposita azione civile nel corso del procedimento penale diretto alla contestazione del reato di bancarotta nei confronti del fallito che spesso consegue ad una dichiarazione di fallimento .

La rappresentazione del fallimento esula dall’elemento soggettivo del reato, con la conseguente irrilevanza del fatto che nell’agente manchi la consapevolezza di poter fallire, anche perché, oltretutto, siffatta convinzione si risolverebbe in errore su legge extrapenale , richiamata da quella penale ). E nel medesimo senso si è precisato che per la sussistenza del dolo della bancarotta distrattiva non è necessario che l’agente abbia consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, risultando dunque irrilevante che questo si sia o meno già manifestato al momento della consumazione della condotta illecita 

 dunque, la sentenza dichiarativa di fallimento è elemento costitutivo del reato, diverso però dalla condotta e dall’evento, ma oltremodo singolare, dato che non è necessario che l’elemento psicologico cada su di esso (ed in tal senso si è giunti in passato ad affermare perfino che i reati previsti dalla legge fallimentare sarebbero sottratti alla disciplina comune del codice penale e per essere invece regolati dalla legge fallimentare per quanto concerne elementi costitutivi e circostanze) 

 

Il reato di bancarotta è un delitto che presenta un sanzione piuttosto elevata, come ovvio trattandosi di delitto si tratta della reclusione quindi di una pena detentiva e carceraria, assai spesso tale reato viene contestato nel corso della procedura fallimentare nel caso di accertamento di condotte delittuose da parte dell’imprenditore, Il quale pone in essere atti in pregiudizio delle ragioni dei creditori ledendone le legittime aspettative al soddisfacimento dei loro crediti nei suoi confronti . 

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PENALE TRIBUTARIO BOLOGNA IMOLA RAVENNA FORLI L’emissione di fatture per operazioni inesistenti

Tale posizione può essere fatta valere con una apposita costituzione di parte civile nel corso di tale procedimento, al fine di consentire il recupero del danno morale e materiale conseguente alla commissione del reato di bancarotta da parte dell’imprenditore fallito  e quindi alla salvaguardia delle pretese creditorie .

La posizione del creditore dell’imprenditore fallito può esser fatta valere nel corso del procedimento penale diretto alla contestazione del reato di bancarotta sia pure osservando certe limitazioni  anche se può  consentire recuperi di somme cospicue La posizione del creditore è  una posizione di grande rilievo ,posto che egli può essere titolare  di crediti anche di notevole importanza e notevole importo economico, tale posizione può essere fatta valere con apposita azione civile nel corso del procedimento penale diretto alla contestazione del reato di bancarotta nei confronti del fallito che spesso consegue ad una dichiarazione di fallimento .

Gli ermellini con la sentenza qui in commento  prendono posizione sulla questione della valutazione della posizione del creditore nel caso di procedimento penale per il reato di bancarotta .

In particolare  i giudici della Corte Suprema di Cassazione valutano la posizione del singolo creditore che voglia far valere il proprio credito nel corso del procedimento diretto alla contestazione del reato di bancarotta,tale posizione deve comunque coordinata con quella degli altri creditori i quali anche essi vantano un credito nei confronti dell’imprenditore .

Infatti  per i giudici della Corte Suprema di Cassazione il creditore del fallito non assume la posizione di persona offesa dal reato in senso proprio dato che il bene difeso nel corso della procedura è ben diverso rispetto a quello del suo patrimonio .

Al creditore singolo infatti non è consentita la costituzione individuale nel corso del procedimento penale diretto alla contestazione del reato di bancarotta ,dovrà trattarsi un azione coordinata con quella degli altri creditori proprio per la natura del bene difeso con la procedura fallimentare .

TITOLO VI

DISPOSIZIONI PENALI

CAPO I

Reati commessi dal fallito

Art. 216.
Bancarotta fraudolenta.

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa. (1)

(1) La Corte Costituzionale, con la sentenza 5 dicembre 2018, n. 222, ha dichiarato l’l’illegittimità costituzionale dell’art. 216, ultimo comma, nella parte in cui dispone: «la condanna per uno dei fatti previsti dal presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa», anziché: «la condanna per uno dei fatti previsti dal presente articolo importa l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a dieci anni».

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Art. 217.
Bancarotta semplice.

È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell’articolo precedente:

1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica;

2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;

3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento;

4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;

5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.

La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.

Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni.

Art. 217-bis.
Esenzioni dai reati di bancarotta. (1)

Le disposizioni di cui all’articolo 216, terzo comma, e 217 non si applicano ai pagamenti e alle operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo di cui all’articolo 160 o di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis o del piano di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), ovvero di un accordo di composizione della crisi omologato ai sensi dell’articolo 12 della legge 27 gennaio 2012, n. 3, nonché ai pagamenti e alle operazioni di finanziamento autorizzati dal giudice a norma dell’articolo 182-quinquies e alle operazioni di finanziamento effettuate ai sensi dell’articolo 22-quater, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, nonché ai pagamenti ed alle operazioni compiuti, per le finalità di cui alla medesima disposizione, con impiego delle somme provenienti da tali finanziamenti. (2)

(1) Questo articolo è stato aggiunto dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78.
(2) Comma così modificato dalla lett. l-bis) del co. 1 dell’art. 33, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, nel testo integrato dalla L. di conversione 7 agosto 2012, n. 134 e, successivamente, dall’art. 18, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con L. 17 dicembre 2012, n. 221 e dall’art. 2, comma 7, D.L. 5 gennaio 2015, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 marzo 2015, n. 20.

Art. 218. (1)
Ricorso abusivo al credito.

Gli amministratori, i direttori generali, i liquidatori e gli imprenditori esercenti un’attività commerciale che ricorrono o continuano a ricorrere al credito, anche al di fuori dei casi di cui agli articoli precedenti, dissimulando il dissesto o lo stato d’insolvenza sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni.

La pena è aumentata nel caso di società soggette alle disposizioni di cui al capo II, titolo III, parte IV, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.

Salve le altre pene accessorie di cui al libro I, titolo II, capo III, del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a tre anni.

(1) Articolo così modificato dalla L. 28 dicembre 2005, n. 262.

Art. 219.
Circostanze aggravanti e circostanza attenuante.

Nel caso in cui i fatti previsti negli artt. 216, 217 e 218 hanno cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità, le pene da essi stabilite sono aumentate fino alla metà.

Le pene stabilite negli articoli suddetti sono aumentate:

1) se il colpevole ha commesso più fatti tra quelli previsti in ciascuno degli articoli indicati;

2) se il colpevole per divieto di legge non poteva esercitare un’impresa commerciale.

Nel caso in cui i fatti indicati nel primo comma hanno cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità, le pene sono ridotte fino al terzo.

Art. 220.
Denuncia di creditori inesistenti e altre inosservanze da parte del fallito.

È punito con la reclusione da sei a diciotto mesi il fallito, il quale, fuori dei casi preveduti all’art. 216, nell’elenco nominativo dei suoi creditori denuncia creditori inesistenti od omette di dichiarare l’esistenza di altri beni da comprendere nell’inventario, ovvero non osserva gli obblighi imposti dagli artt. 16, nn. 3 e 49.

Se il fatto è avvenuto per colpa, si applica la reclusione fino ad un anno.

Art. 221.
Fallimento con procedimento sommario.

Se al fallimento si applica il procedimento sommario le pene previste in questo capo sono ridotte fino al terzo.

Art. 222.
Fallimento delle società in nome collettivo e in accomandita semplice.

Nel fallimento delle società in nome collettivo e in accomandita semplice le disposizioni del presente capo si applicano ai fatti commessi dai soci illimitatamente responsabili.

Capo II

Reati commessi da persone diverse dal fallito

Art. 223.
Fatti di bancarotta fraudolenta.

Si applicano le pene stabilite nell’art. 216 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo.

Si applica alle persone suddette la pena prevista dal primo comma dell’art. 216, se:

1) hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile; (1)

2) hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società.

Si applica altresì in ogni caso la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 216. (2)

(1) Numero così modificato dal D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61.
(2) La Corte Costituzionale, con la sentenza 5 dicembre 2018, n. 222, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 223, ultimo comma sollevata dalla Corte di cassazione, prima sezione penale, con l’ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento agli artt. 3, 4, 41, 27 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, e 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione, fatto a Parigi il 20 marzo 1952, entrambi ratificati e resi esecutivi con la legge 4 agosto 1955, n. 848.

Art. 224.
Fatti di bancarotta semplice.

Si applicano le pene stabilite nell’art. 217 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali:

1) hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo;

2) hanno concorso a cagionare od aggravare il dissesto della società con inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge.

Art. 225.
Ricorso abusivo al credito.

Si applicano le pene stabilite nell’art. 218 agli amministratori ed ai direttori generali di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso il fatto in esso previsto.

Art. 226.
Denuncia di crediti inesistenti.

Si applicano le pene stabilite nell’art. 220 agli amministratori, ai direttori generali e ai liquidatori di società dichiarate fallite, che hanno commesso i fatti in esso indicati.

Art. 227.
Reati dell’institore.

All’institore dell’imprenditore, dichiarato fallito, il quale nella gestione affidatagli si è reso colpevole dei fatti preveduti negli artt. 216, 217, 218 e 220 si applicano le pene in questi stabilite.

Art. 228.
Interesse privato del curatore negli atti del fallimento.

Salvo che al fatto non siano applicabili gli artt. 315, 317, 318, 319, 321, 322 e 323 del codice penale, il curatore che prende interesse privato in qualsiasi atto del fallimento direttamente o per interposta persona o con atti simulati è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa non inferiore a euro 206.

La condanna importa l’interdizione dai pubblici uffici.

Art. 229.
Accettazione di retribuzione non dovuta.

Il curatore del fallimento che riceve o pattuisce una retribuzione, in danaro o in altra forma, in aggiunta di quella liquidata in suo favore dal tribunale o dal giudice delegato, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da euro 103 a euro 516.

Nei casi più gravi alla condanna può aggiungersi l’inabilitazione temporanea all’ufficio di amministratore per la durata non inferiore a due anni.

Art. 230.
Omessa consegna o deposito di cose del fallimento.

Il curatore che non ottempera all’ordine del giudice di consegnare o depositare somme o altra cosa del fallimento, ch’egli detiene a causa del suo ufficio, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 1.032.

Se il fatto avviene per colpa, si applica la reclusione fino a sei mesi o la multa fino a euro 309.

Art. 231.
Coadiutori del curatore.

Le disposizioni degli artt. 228, 229 e 230 si applicano anche alle persone che coadiuvano il curatore nell’amministrazione del fallimento.

Art. 232.
Domande di ammissione di crediti simulati o distrazioni senza concorso col fallito.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 51 a euro 516, chiunque fuori dei casi di concorso di bancarotta anche per interposta persona presenta domanda di ammissione al passivo del fallimento per un credito fraudolentemente simulato.

Se la domanda è ritirata prima della verificazione dello stato passivo, la pena è ridotta alla metà.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque:

1) dopo la dichiarazione di fallimento, fuori dei casi di concorso in bancarotta o di favoreggiamento, sottrae, distrae, ricetta ovvero in pubbliche o private dichiarazioni dissimula beni del fallito;

2) essendo consapevole dello stato di dissesto dell’imprenditore distrae o ricetta merci o altri beni dello stesso o li acquista a prezzo notevolmente inferiore al valore corrente, se il fallimento si verifica.

La pena, nei casi previsti ai nn. 1 e 2, è aumentata se l’acquirente è un imprenditore che esercita un’attività commerciale.

Art. 233.
Mercato di voto.

Il creditore che stipula col fallito o con altri nell’interesse del fallito vantaggi a proprio favore per dare il suo voto nel concordato o nelle deliberazioni del comitato dei creditori, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 103.

La somma o le cose ricevute dal creditore sono confiscate.

La stessa pena si applica al fallito e a chi ha contrattato col creditore nell’interesse del fallito.

Art. 234.
Esercizio abusivo di attività commerciale.

Chiunque esercita un’impresa commerciale, sebbene si trovi in stato di inabilitazione ad esercitarla per effetto di condanna penale, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa non inferiore a euro 103.

Art. 235.
Omessa trasmissione dell’elenco dei protesti cambiari.

Il pubblico ufficiale abilitato a levare protesti cambiari che, senza giustificato motivo, omette di inviare nel termine prescritto al presidente del tribunale gli elenchi dei protesti cambiari per mancato pagamento, o invia elenchi incompleti, è punito con la sanzione amministrativa da euro 258 a euro 1.549.

La stessa pena si applica al procuratore del registro che nel termine prescritto non trasmette l’elenco delle dichiarazioni di rifiuto di pagamento a norma dell’articolo 13, secondo comma, o trasmette un elenco incompleto.

Capo III

Disposizioni applicabili nel caso di concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti, piani attestati e liquidazione coatta amministrativa (1)

(1) Rubrica così sostituita dalla lett. i) del co. 1 dell’art. 33, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, nel testo integrato dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134.

Art. 236.
Concordato preventivo e, accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari, e convenzione di moratoria e amministrazione controllata (1)

E’ punito con la reclusione da uno a cinque anni l’imprenditore, che, al solo scopo di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo o di ottenere l’omologazione di un accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari o il consenso degli intermediari finanziari alla sottoscrizione della convenzione di moratoria di amministrazione controllata, siasi attribuito attività inesistenti, ovvero, per influire sulla formazione delle maggioranze, abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti. (2)

Nel caso di concordato preventivo o di amministrazione controllata, si applicano:
1) le disposizioni degli artt. 223 e 224 agli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società;
2) la disposizione dell’art. 227 agli institori dell’imprenditore;
3) le disposizioni degli artt. 228 e 229 al commissario del concordato preventivo o dell’amministrazione controllata;
4) le disposizioni degli artt. 232 e 233 ai creditori.

Nel caso di accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari o di convenzione di moratoria, si applicano le disposizioni previste dal secondo comma, numeri 1), 2) e 4). (3)

Art. 236-bis.
Falso in attestazioni e relazioni (1)

Il professionista che nelle relazioni o attestazioni di cui agli articoli 67, terzo comma, lettera d), 161, terzo comma, 182-bis, 182-quinquies, 182-septies e 186-bis espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000 euro. (2)

Se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sè o per altri, la pena è aumentata.

Se dal fatto consegue un danno per i creditori la pena è aumentata fino alla metà.

Art. 237.
Liquidazione coatta amministrativa. (1)

L’accertamento giudiziale dello stato di insolvenza a norma degli articoli 195 e 202 è equiparato alla dichiarazione di fallimento ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente titolo.

Nel caso di liquidazione coatta amministrativa, si applicano al commissario liquidatore ed alle persone che lo coadiuvano nell’amministrazione della procedura le disposizioni degli articoli 228, 229 e 230.

Nel caso di risoluzione, si applicano al commissario speciale di cui all’articolo 37 del decreto di recepimento della direttiva 2014/59/UE e alle persone che lo coadiuvano nell’amministrazione della procedura le disposizioni degli articoli 228, 229 e 230.  (2)

(1) Articolo così modificato dal D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270.
(2) Comma aggiunto dall’art. 100, comma 2, D.Lgs. 16 novembre 2015, n. 180, a decorrere dal 16 novembre 2015 ai sensi di quanto disposto dall’art. 106, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 180/2015.

Capo IV

Disposizioni di procedura

Art. 238.
Esercizio dell’azione penale per reati in materia di fallimento.

Per i reati previsti negli artt. 216, 217, 223 e 224 l’azione penale è esercitata dopo la comunicazione della sentenza dichiarativa di fallimento di cui all’art. 17.

È iniziata anche prima nel caso previsto dall’art. 7 e in ogni altro in cui concorrano gravi motivi e già esista o sia contemporaneamente presentata domanda per ottenere la dichiarazione suddetta.

Art. 239.
Mandato di cattura. (1)

(…)

(1) L’articolo che recitava: “Per i reati preveduti negli artt. 216, 222, 223, 227 e 236 in rapporto all’art. 216 primo e secondo comma, e nel caso di inosservanza dell’ordine di cui all’art. 16, n. 3, è obbligatoria la spedizione del mandato di cattura.
Negli altri casi il mandato di cattura è facoltativo.”
 è stato abrogato dalla L. 18 novembre 1964, n. 1217.

Art. 240.
Costituzione di parte civile.

1.  Il curatore, il commissario giudiziale, il commissario liquidatore e il commissario speciale di cui all’articolo 37 del decreto di recepimento della direttiva 2014/59/UE possono costituirsi parte civile nel procedimento penale per i reati preveduti nel presente titolo, anche contro il fallito.

2. I creditori possono costituirsi parte civile nel procedimento penale per bancarotta fraudolenta quando manca la costituzione del curatore, del commissario giudiziale, del commissario liquidatore o del commissario speciale di cui all’articolo 37 del decreto di recepimento della direttiva 2014/59/UE o quando intendono far valere un titolo di azione propria personale.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 100, comma 3, D.Lgs. 16 novembre 2015, n. 180, a decorrere dal 16 novembre 2015 ai sensi di quanto disposto dall’art. 106, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 180/2015.

Art. 241.
Riabilitazione.

La riabilitazione civile del fallito estingue il reato di bancarotta semplice. Se vi è condanna, ne fa cessare l’esecuzione e gli effetti.

(Segue>>)

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Originally posted 2018-10-13 10:37:15.