bancarotta fraudolentA documentale – scritture contabili irregolari

bancarotta fraudolentA documentale – scritture contabili irregolari

AVVOCATO PENALISTA ESPERTO BANCAROTTA FRAUDOLENTA DOCUMENTALE 051 6447838

DIFENDE TRIBUNALE DI BOLOGNA TRIBUNALE MILANO, TRIBUNALE FORLI, TRIBUNALE RAVENNA, TRIBUNALE VENEZIA, TRIBUNALE VICENZA TRIBUNALE TREVISO TRIBUNALE PADOVA,

anto premesso, pur prescindendo dalle doglianze con le quali il ricorrente deduce censure concernenti il merito della valutazione probatoria – in particolare, quelle relative alle mera difficoltà di ricostruzione del patrimonio -, non consentite in sede di legittimità, la sentenza impugnata appare tuttavia carente, sotto il profilo motivazionale: risulta, infatti, che l’imputato, in qualità di amministratore di diritto e poi di liquidatore della società fallita, abbia consegnato al curatore una serie di scritture contabili (libro giornale e documentazione bancaria), che, tuttavia, non concernono l’intera vita sociale dell’ente, essendo carente la documentazione degli ultimi anni prima della dichiarazione di

fallimento; in particolare, la Corte di Appello ha delimitato l’affermazione di responsabilità all’omessa tenuta del libro inventari per gli anni successivi al 2006 (essendo stata provata, evidentemente, la dedotta distruzione dei libri concernenti gli anni precedenti nell’alluvione del settembre 2006), e la mancanza dei mastri di conto e dei registri IVA.

PRINCIPIO AFFERMAO Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 15811 depositata il 26 maggio 2020

in tema di bancarotta fraudolenta documentale(art. 216, comma primo, n. 2, L.F.), è illegittima l’affermazione di responsabilità dell’amministratore che faccia derivare l’esistenza dell’elemento soggettivo del reato dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, considerato che, in tal caso, trattandosi per di più, nella specie, di omissione contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza por mente alle conseguenze di tale condotta, considerato che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta

semplice di cui all’art. 217, comma secondo, L.F. (Sez. 5, n. 172 del 07/06/2006, dep. 2007, Vianello, Rv. 236032; analogamente, Sez. 5, n. 23251 del 29/04/2014, Pavone, Rv. 262384: “In tema di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216, comma primo, n. 2 legge. fall.), l’esistenza dell’elemento soggettivo non può essere desunto dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, tanto più quando l’omissione è contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, poiché in detta ipotesi è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza valutare le conseguenze di tale condotta, atteso che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui all’art. 217, comma secondo, legge fall.“

ribadito il principio secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216, comma primo, n. 2, L.F.), è illegittima l’affermazione di responsabilità dell’amministratore che faccia derivare l’esistenza dell’elemento soggettivo del reato dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, considerato che, in tal caso, trattandosi per di più, nella specie, di omissione contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza por mente alle conseguenze di tale condotta, considerato che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui all’art. 217, comma secondo, L.F. (Sez. 5, n. 172 del 07/06/2006, dep. 2007, Vianello, Rv. 236032; analogamente, Sez. 5, n. 23251 del 29/04/2014, Pavone, Rv. 262384: “In tema di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216, comma primo, n. 2 legge. fall.), l’esistenza dell’elemento soggettivo non può essere desunto dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, tanto più quando l’omissione è contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, poiché in detta ipotesi è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza valutare le conseguenze di tale condotta, atteso che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui all’art. 217, comma secondo, legge fall.“

che la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), l. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904, che ha censurato la sentenza impugnata che, a fronte di una contestazione di occultamento “ovvero” di irregolare tenuta delle scritture contabili, pur ritenendo consumato il primo, ne aveva motivato la sussistenza attraverso una “fusione” con la seconda, trasformandola in evento della condotta di occultamento e sostituendo il dolo generico sufficiente ad integrare la stessa a quello specifico necessario per l’occultamento; Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, Rossi, Rv. 271611: “la bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che richiede il dolo generico“; Sez. 5, n. 43977 del 14/07/2017, Pastechi, Rv. 271753).

5. Tanto premesso, la sentenza impugnata appare dunque contraddittoria, in quanto, oltre a non confrontarsi motivatamente con il tenore dell’imputazione – che contestava la fattispecie a dolo specifico di sottrazione -, ha affermato la responsabilità dell’imputato per la fattispecie a dolo generico di irregolare tenuta della contabilità senza alcun approfondimento del relativo elemento soggettivo richiesto dalla fattispecie. Va, infine, evidenziato che la motivazione concernente la sussistenza degli indici di fraudolenza della condotta di tenuta irregolare delle scritture contabili deve essere maggiormente rigorosa allorquando non sia altresì contestata la bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quanto la consapevolezza di rendere impossibile la ricostruzione patrimoniale e finanziaria della società fallita di per sé celerebbe, sul piano pratico, lo scopo di danneggiare i creditori (animus nocendi) o di procurarsi un vantaggio (animus lucrandi), essendo sovente funzionale alla dissimulazione o all’occultamento di atti depauperativi del patrimonio sociale.

Va, pertanto, ribadito il principio secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216, comma primo, n. 2, L.F.), è illegittima l’affermazione di responsabilità dell’amministratore che faccia derivare l’esistenza dell’elemento soggettivo del reato dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, considerato che, in tal caso, trattandosi per di più, nella specie, di omissione contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza por mente alle conseguenze di tale condotta, considerato che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui all’art. 217, comma secondo, L.F. (Sez. 5, n. 172 del 07/06/2006, dep. 2007, Vianello, Rv. 236032; analogamente, Sez. 5, n. 23251 del 29/04/2014, Pavone, Rv. 262384: “In tema di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216, comma primo, n. 2 legge. fall.), l’esistenza dell’elemento soggettivo non può essere desunto dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, tanto più quando l’omissione è contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, poiché in detta ipotesi è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza valutare le conseguenze di tale condotta, atteso che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui all’art. 217, comma secondo, legge fall.“; analogamente, Sez. 5, n. 26613 del 22/02/2019, Amidani, Rv. 276910, che pure ha evidenziato, nell’ipotesi di assoluzione da una concorrente imputazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la necessità di una motivazione particolarmente rigorosa sull’elemento soggettivo dell’addebito residuo, la cui prova non poteva giovarsi della presunzione per la quale l’irregolare tenuta delle scritture contabili è di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale).

Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 15811 depositata il 26 maggio 2020

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 05/04/2018 la Corte di Appello di Ancona ha confermato la sentenza del Tribunale di Ancona del 11/02/2016 che aveva condannato T.V. alla pena di 2 anni e 6 mesi di reclusione, oltre alle pene accessorie, per il reato di bancarotta fraudolenta documentale, per avere, in qualità di liquidatore della W. s.r.l., fallita il 30/12/2009, sottratto la documentazione contabile, impedendo la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione T.V., con atto dei difensori Avv. A.B. e Avv. B.S., deducendo cinque motivi.

2.1. Con un primo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale sovrapposto le due distinte ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale, quella di sottrazione, che richiede il dolo specifico, e quella di omessa regolare tenuta, che richiede il dolo generico, ritenendo irrilevante accertare quale delle due sia in concreto stata realizzata, ed affermando comunque la sufficienza del mero dolo generico; in ogni caso, oltre all’assenza di motivazione sul dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, manca comunque una indagine sul dolo generico.

2.2. Con un secondo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche, in violazione altresì del divieto di reformatio in peius, avendo la Corte territoriale confermato il diniego sulla base di considerazioni diverse dal giudice di primo grado.

2.3. Con un terzo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, sostenendo che il reato è stato ritenuto sussistente sul rilievo della ritenuta impossibilità della ricostruzione del patrimonio sulla base del libro giornale, nonostante le testimonianze di due commercialisti abbiano chiarito che le schede contabili (o mastrini) sono mere scritture ausiliarie, e che la ricostruzione era possibile anche sulla base del libro giornale; conclusioni corroborate altresì da una relazione tecnica del dott. F.. Sulla base degli elementi acquisiti, infatti, esclusa una impossibilità assoluta di ricostruzione, deve essere esclusa anche una impossibilità relativa.

2.4. Con un quarto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo, essendo stato desunto il dolo generico dal mero fatto dell’omessa tenuta, che, in sé, è comune al reato di bancarotta semplice; lamenta, in assenza di univoci elementi per affermare la sussistenza del dolo specifico, la mancata riqualificazione nel reato di bancarotta semplice.

2.5. Con un quinto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio.

2.6. Con memoria pervenuta il 27.12.2019 i difensori hanno ribadito le doglianze già proposte, richiamando ulteriore giurisprudenza di legittimità, eccependo altresì l’illegalità delle pene accessorie in conseguenza della declaratoria di incostituzionalità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei limiti di cui alla motivazione.

Giova premettere che questa Corte ha chiarito che, in tema di reati fallimentari, la bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita, che richiede il dolo generico (Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, Rossi, Rv. 271611); per cui, accertata la responsabilità in ordine alla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita – che richiede il solo dolo generico – diviene superfluo accertare il dolo specifico richiesto per la condotta di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, anch’essa contestata (Sez. 5, n. 43977 del 14/07/2017, Pastechi, Rv. 271753).

Nel caso in esame, l’imputazione contesta la sottrazione della contabilità in guisa da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, evocando altresì il profilo di dolo specifico del fine di recare pregiudizio ai creditori proprio delle condotte di occultamento e/o sottrazione.

3. Tanto premesso, pur prescindendo dalle doglianze con le quali il ricorrente deduce censure concernenti il merito della valutazione probatoria – in particolare, quelle relative alle mera difficoltà di ricostruzione del patrimonio -, non consentite in sede di legittimità, la sentenza impugnata appare tuttavia carente, sotto il profilo motivazionale: risulta, infatti, che l’imputato, in qualità di amministratore di diritto e poi di liquidatore della società fallita, abbia consegnato al curatore una serie di scritture contabili (libro giornale e documentazione bancaria), che, tuttavia, non concernono l’intera vita sociale dell’ente, essendo carente la documentazione degli ultimi anni prima della dichiarazione di fallimento; in particolare, la Corte di Appello ha delimitato l’affermazione di responsabilità all’omessa tenuta del libro inventari per gli anni successivi al 2006 (essendo stata provata, evidentemente, la dedotta distruzione dei libri concernenti gli anni precedenti nell’alluvione del settembre 2006), e la mancanza dei mastri di conto e dei registri IVA.

4. Ebbene, va premesso che l’imputazione, pur menzionando l’impossibilità di ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari (riguardante l’ipotesi di tenuta irregolare), concerneva in realtà la fattispecie di sottrazione o distruzione della contabilità.

Al contrario, la Corte territoriale sembra avere in realtà affermato la responsabilità dell’odierno ricorrente per l’irregolare tenuta delle scritture contabili, essendo la documentazione consegnata assolutamente incompleta.

In altri termini, nonostante l’imputazione concernesse la fattispecie di sottrazione o distruzione della contabilità, la Corte territoriale ha affermato la responsabilità per la diversa ipotesi di omessa regolare tenuta delle scritture contabili, in ordine alla quale è necessario il dolo generico; sul punto richiamando, altresì, il principio secondo cui, ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, le condotte di mancata consegna ovvero di sottrazione, di distruzione o di omessa tenuta dall’inizio della documentazione contabile, sono tra loro equivalenti, con la conseguenza che non è necessario accertare quale di queste ipotesi si sia in concreto verificata se è comunque certa la sussistenza di una di esse ed è inoltre acquisita la prova in capo all’imprenditore dello scopo di recare pregiudizio ai creditori e di rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari (Sez. 5, n. 47923 del 23/09/2014, De Santis, Rv. 261040).

Tuttavia, va al riguardo evidenziato che la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), l. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904, che ha censurato la sentenza impugnata che, a fronte di una contestazione di occultamento “ovvero” di irregolare tenuta delle scritture contabili, pur ritenendo consumato il primo, ne aveva motivato la sussistenza attraverso una “fusione” con la seconda, trasformandola in evento della condotta di occultamento e sostituendo il dolo generico sufficiente ad integrare la stessa a quello specifico necessario per l’occultamento; Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, Rossi, Rv. 271611: “la bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che richiede il dolo generico“; Sez. 5, n. 43977 del 14/07/2017, Pastechi, Rv. 271753).

Tanto premesso, la sentenza impugnata appare dunque contraddittoria, in quanto, oltre a non confrontarsi motivatamente con il tenore dell’imputazione – che contestava la fattispecie a dolo specifico di sottrazione -, ha affermato la responsabilità dell’imputato per la fattispecie a dolo generico di irregolare tenuta della contabilità senza alcun approfondimento del relativo elemento soggettivo richiesto dalla fattispecie. Va, infine, evidenziato che la motivazione concernente la sussistenza degli indici di fraudolenza della condotta di tenuta irregolare delle scritture contabili deve essere maggiormente rigorosa allorquando non sia altresì contestata la bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quanto la consapevolezza di rendere impossibile la ricostruzione patrimoniale e finanziaria della società fallita di per sé celerebbe, sul piano pratico, lo scopo di danneggiare i creditori (animus nocendi) o di procurarsi un vantaggio (animus lucrandi), essendo sovente funzionale alla dissimulazione o all’occultamento di atti depauperativi del patrimonio sociale.

Va, pertanto, ribadito il principio secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216, comma primo, n. 2, L.F.), è illegittima l’affermazione di responsabilità dell’amministratore che faccia derivare l’esistenza dell’elemento soggettivo del reato dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, considerato che, in tal caso, trattandosi per di più, nella specie, di omissione contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza por mente alle conseguenze di tale condotta, considerato che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui all’art. 217, comma secondo, L.F. (Sez. 5, n. 172 del 07/06/2006, dep. 2007, Vianello, Rv. 236032; analogamente, Sez. 5, n. 23251 del 29/04/2014, Pavone, Rv. 262384: “In tema di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216, comma primo, n. 2 legge. fall.), l’esistenza dell’elemento soggettivo non può essere desunto dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, tanto più quando l’omissione è contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, poiché in detta ipotesi è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza valutare le conseguenze di tale condotta, atteso che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui all’art. 217, comma secondo, legge fall.“; analogamente, Sez. 5, n. 26613 del 22/02/2019, Amidani, Rv. 276910, che pure ha evidenziato, nell’ipotesi di assoluzione da una concorrente imputazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la necessità di una motivazione particolarmente rigorosa sull’elemento soggettivo dell’addebito residuo, la cui prova non poteva giovarsi della presunzione per la quale l’irregolare tenuta delle scritture contabili è di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale).

6. Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Perugia, affinché provveda, previa compiuta ricostruzione della fattispecie concreta, ad una corretta qualificazione giuridica del fatto in una delle due fattispecie alternative previste dall’art. 216, comma 1, n. 2, l.f., in termini di sottrazione o distruzione, ovvero di tenuta irregolare della documentazione, ed alle conseguenti valutazioni relative al dolo (specifico o generico) prescritto, restando assorbite le altre doglianze proposte e la stessa illegalità sopravvenuta delle pene accessorie, conseguente alla declaratoria di illegittimità costituzionale pronunciata dalla Corte costituzionale con sentenza 5 dicembre 2018, n. 222.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Perugia.

Originally posted 2021-04-21 06:53:41.