ART 609 TER E BIS VIOLENZA SU MINORI AVVOCATO DIFENDE
Il minore risulta credibile e pienamente attendibile, con una compiuta ed articolata valutazione, basata, quanto, alla attitudine a testimoniare, sulle risultanze della perizia psicologica disposta in sede di incidente probatorio e, quanto alla credibilità ed attendibilità della minore, sulla disamina della genesi della notizia di reato, sul rilievo della assoluta spontaneità del racconto e della costanza e reiterazione della ricostruzione dei fatti, sulla valutazione del vissuto familiare ed emotivo della minore; i Giudici di appello, nel confermare la valutazione del primo giudice, hanno anche sottolineato come le dichiarazioni accusatorie trovassero riscontri esterni nelle ulteriori risultanze istruttorie, costituite dalle dichiarazioni dei genitori e della zia della minore, dal video rinvenuto sul telefonino della minore e realizzato su richiesta dell’imputato, dal corposo materiale informatico dell’imputato, così fornendo adeguata risposta alle censure difensive, qui riproposte con le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, (cfr pag 4,5,6,7 della sentenza impugnata e pag da 4 a 9 della sentenza di primo grado).
*Argomenta che la Corte di appello aveva espresso in ordine alla attendibilità della persona offesa, la cui audizione si era svolta senza l’osservanza della Carta di Noto, una motivazione carente ed illogica, valorizzando quali riscontri esterni al narrato accusatorio elementi marginali, se non del tutto estranei, al fatto contestato; le dichiarazioni rese dai genitori della minore non potevano costituire riscontro alle dichiarazioni accusatorie, in quanto essi si erano limitati a riferire quanto dalla stessa già esposto agli inquirenti in fase di indagine; il rinvenimento del video in cui la minore mostrava i genitali non poteva, del pari, valutarsi quale riscontro esterno in quanto era stato rinvenuto sul cellulare della persona offesa e solo il racconto della predetta attribuiva un qualsiasi ruolo al ricorrente; infine, il rinvenimento di materiale pedopornografico sul taluni dispositivi informatici nella disponibilità del ricorrente non aveva alcun collegamento con la persona offesa. Inoltre, la Corte di appello, ai fini della valutazione di attendibilità della minore, avrebbe dovuto riconoscere maggior rilievo al contesto familiare e sociale ed agli attriti che da tempo contrapponevano l’imputato alla figlia, madre della persona offesa, nonchè alla circostanza della costituzione di parte civile effettuata dai congiunti della minore.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAMACCI Luca – Presidente –
Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere –
Dott. CERRONI Claudio – Consigliere –
Dott. DI STASI Antonella – rel. Consigliere –
Dott. MAGRO Maria Beatrice – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A., nato a (Omissis);
avverso la sentenza del 20/07/2022 della Corte di appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Manuali Valentina, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Bartolomeo Parrino, che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 20/07/2022, la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza emessa del 06/10/2021 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Palermo, con la quale A.A., all’esito di giudizio abbreviato, era stato dichiarato responsabile dei reati di cui agli artt. 81 cpv, 609-bis, 609- ter c.p., n. 1, u.c. (capo a), art. 600-ter c.p., comma 1 (capo b), art 81 cpv e 600quater c.p., comma 2 (capo c), commessi in danno della nipotina di sette anni, e condannato alla pena di anni nove di reclusione.
- Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.A., a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità.
Argomenta che la Corte di appello aveva espresso in ordine alla attendibilità della persona offesa, la cui audizione si era svolta senza l’osservanza della Carta di Noto, una motivazione carente ed illogica, valorizzando quali riscontri esterni al narrato accusatorio elementi marginali, se non del tutto estranei, al fatto contestato; le dichiarazioni rese dai genitori della minore non potevano costituire riscontro alle dichiarazioni accusatorie, in quanto essi si erano limitati a riferire quanto dalla stessa già esposto agli inquirenti in fase di indagine; il rinvenimento del video in cui la minore mostrava i genitali non poteva, del pari, valutarsi quale riscontro esterno in quanto era stato rinvenuto sul cellulare della persona offesa e solo il racconto della predetta attribuiva un qualsiasi ruolo al ricorrente; infine, il rinvenimento di materiale pedopornografico sul taluni dispositivi informatici nella disponibilità del ricorrente non aveva alcun collegamento con la persona offesa. Inoltre, la Corte di appello, ai fini della valutazione di attendibilità della minore, avrebbe dovuto riconoscere maggior rilievo al contesto familiare e sociale ed agli attriti che da tempo contrapponevano l’imputato alla figlia, madre della persona offesa, nonchè alla circostanza della costituzione di parte civile effettuata dai congiunti della minore.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 62-bis c.p. e vizio di motivazione.
Argomenta che la Corte di appello, nonostante specifico motivo di appello sul punto, aveva denegato l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche con valutazione incompleta e parziale, omettendo di prendere in considerazione il contegno collaborativo dell’imputato, la sottoposizione ad un completo ciclo di sedute di psicoterapie finalizzate ad ottenere una maggiore consapevolezza circa la propria condizione e la natura ed il valore dei propri rapporti familiari.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
- La difesa del ricorrente ha chiesto, a norma del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, conv. in L. n. 176 del 2020, la trattazione orale del ricorso.
Motivi della decisione
1.Il primo motivo di ricorso è inammissibile perchè generico e manifestamente infondato.
1.1. Va premesso che costituisce pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debbono essere ritenuti inammissibili i motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici.
La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso Sez. 2, n. 29108 del 15.7.2011, Cannavacciuolo non mass.; conf. Sez. 5, n. 28011 del 15.2.2013, Sammarco, Rv. 255568; Sez. 4, n. 18826 del 9.2.2012, Pezzo, Rv. 253849; Sez. 2, n. 19951 del 15.5.2008, Lo Piccolo, Rv. 240109; Sez. 4, n. 34270 del 3.7.2007, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 1, n. 39598 del 30.9.2004, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, n. 15497 del 22.2.2002, Palma, Rv. 221693). Ancora di recente, questa Corte di legittimità ha ribadito come sia inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n. 44882 del 18.7.2014, Cariolo e altri, Rv. 260608).
1.2. Va, poi, evidenziato che ci si trova di fronte ad una “doppia conforme” affermazione di responsabilità e che, legittimamente, in tale caso, è pienamente ammissibile la motivazione della sentenza di appello per relationem a quella della sentenza di primo grado, sempre che le censure formulate contro la decisione impugnata non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi.
E’, infatti, giurisprudenza pacifica di questa Suprema Corte che la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi è difformità sui punti denunciati, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logico- giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella di appello (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595; Sez. 2 n. 34891 del 16.05.2013, Vecchia, Rv. 256096, non massimata sul punto; conf. Sez. 3, n. 13926 del 1.12.2011, dep. 12.4.2012, Valerio, Rv. 252615: Sez. 2, n. 1309 del 22.11.1993, dep. 4.2. 1994, Albergamo ed altri, Rv. 197250). Ne consegue che il giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, può limitarsi a rinviare per relationem a quest’ultima sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure, dovendo soltanto rispondere in modo congruo alle singole doglianze prospettate dall’appellante. In questo caso il controllo del giudice di legittimità si estenderà alla verifica della congruità e logicità delle risposte fornite alle predette censure.
Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo (Sez. 4, n. 26660 del 13/05/2011, Caruso e altro, Rv. 250900; Sez. 5, n. 8411 del 21/05/1992, Chirico ed altri, Rv. 191488).
1.3. Nella specie, la Corte territoriale, infatti, con apprezzamento di fatto immune da censure, e dunque insindacabile in sede di legittimità, nel richiamare, confermandola, la valutazione del primo Giudice, ha fondato la decisione sulle dichiarazioni della minore, ritenuta capace di testimoniare, credibile e pienamente attendibile, con una compiuta ed articolata valutazione, basata, quanto, alla attitudine a testimoniare, sulle risultanze della perizia psicologica disposta in sede di incidente probatorio e, quanto alla credibilità ed attendibilità della minore, sulla disamina della genesi della notizia di reato, sul rilievo della assoluta spontaneità del racconto e della costanza e reiterazione della ricostruzione dei fatti, sulla valutazione del vissuto familiare ed emotivo della minore; i Giudici di appello, nel confermare la valutazione del primo giudice, hanno anche sottolineato come le dichiarazioni accusatorie trovassero riscontri esterni nelle ulteriori risultanze istruttorie, costituite dalle dichiarazioni dei genitori e della zia della minore, dal video rinvenuto sul telefonino della minore e realizzato su richiesta dell’imputato, dal corposo materiale informatico dell’imputato, così fornendo adeguata risposta alle censure difensive, qui riproposte con le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, (cfr pag 4,5,6,7 della sentenza impugnata e pag da 4 a 9 della sentenza di primo grado).
La valutazione dei Giudici di appello risulta, dunque, giustificata da adeguata motivazione, con la quale il ricorrente neppure si confronta criticamente (confronto doveroso per l’ammissibilità dell’impugnazione, ex art. 581 c.p.p., perchè la sua funzione tipica è quella della critica argomentata avverso il provvedimento oggetto di ricorso, cfr. Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Rv. 243838; Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, Rv. 244181), presentando la censura anche tale ulteriore profilo di inammissibilità per genericità.
La decisione, inoltre, è in linea con i principi di diritto affermati da questa Corte in subiecta materia.
Va ricordato che, come da orientamento costante, il Giudice può trarre il proprio convincimento circa la responsabilità penale anche dalle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, sempre che sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità, senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, che richiedono la presenza di riscontri esterni (cfr., Sez U, n. 41461 del 19/07/2012, Rv. 253214; Sez. 2,n. 43278 del 24/09/2015, Rv. 265104 – 01 Sez. 1, n. 29372 del 27/7/2010, Rv. 24801). E si è precisato che qualora risulti opportuna l’acquisizione di riscontri estrinseci, questi possono consistere in qualsiasi elemento idoneo a escludere l’intento calunniatorio del dichiarante, non dovendo risolversi in autonome prove del fatto, nè assistere ogni segmento della narrazione (Sez. 5, n. 21135 del 26/03/2019, Rv. 275312 – 01).
Quanto ai criteri per la valutazione delle dichiarazioni accusatorie della persona offesa, per consolidato indirizzo interpretativo, il relativo procedimento deve realizzarsi secondo una precisa scansione logica: l’analisi della capacità a testimoniare, che va intesa come l’abilità soggettiva a recepire le informazioni, ricordarle, raccordarle e riferirle in modo coerente e compiuto; la disamina della credibilità soggettiva (onde verificare che il narrato non sia inquinato da situazioni, attinenti alla sfera personale del dichiarante, in grado di alterarne, finanche in maniera inconsapevole, la genuinità); il vaglio della attendibilità intrinseca (intesa come capacità del racconto di offrire una rappresentazione coerente e logicamente congrua degli eventi evocati), la valutazione degli eventuali riscontri esterni, peraltro, ritenuti non necessari dalla consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr Sez. 1,n. 13016 del 2020); ed è stato precisato che la valutazione delle dichiarazioni testimoniali del minore, persona offesa di reati sessuali, presuppone un esame della sua credibilità in senso onnicomprensivo e che tenga conto di più elementi: è necessario, infatti, che l’esame della credibilità tenga conto dell’attitudine a testimoniare, della capacità a recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle (ovvero l’attitudine psichica, rapportata all’età, a memorizzare gli avvenimenti e a riferirne in modo coerente e compiuto), nonchè del complesso delle situazioni che attingono la sfera inferiore del minore e le condizioni emozionali che modulano i rapporti col mondo esterno, il contesto delle relazioni con l’ambito familiare ed extrafamiliare e i processi di rielaborazione delle vicende vissute” (cfr. Sez. 3, n. 39994 del 26/9/2007, Maggioni, Rv. 237952 e Sez. 3, n. 29612 del 27/7/2010, P.C. in proc. R. e altri., Rv. 247740).
La valutazione circa l’attendibilità della persona offesa involge, dunque, un’indagine positiva sulla credibilità soggettiva del dichiarante e sulla attendibilità intrinseca del racconto, che si connota quale giudizio di tipo fattuale, ossia di merito, in quanto attiene al modo di essere della persona escussa; tale giudizio può essere effettuato solo attraverso la dialettica dibattimentale, mentre è precluso in sede di legittimità, specialmente quando il Giudice del merito abbia fornito – come nella specie – una spiegazione plausibile della sua analisi probatoria (cfr., Sez. 2, n. 7667de1 29/01/2015, Rv. 262575; Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, Rv. 239342; Sez. 3, n. 41282 del 05/10/2006, Rv. 235578).
Quanto, poi, alla dedotta violazione delle linee guida della Carta di Noto, la Corte territoriale, nel disattendere la censura difensiva, ha compiutamente confutato le doglianze difensive opportunamente richiamando il costante insegnamento di questa Corte, secondo il quale l’inosservanza delle linee guida prescritte dalla cosiddetta “Carta di Noto” nella conduzione dell’esame del minorenne vittima di abusi sessuali non determina alcuna nullità o inutilizzabilità della prova, nè è, di per sè, ragione di inattendibilità delle dichiarazioni raccolte (così, da ultimo, Sez. 3, n. 5754 del 16/01/2014, Rv. 259133).
Va osservato che questa Corte ha chiarito che le linee guida della Carta di Noto acquistano rilevanza non nella fase di assunzione estrinseca della prova (già disciplinata dal codice di rito), ma in quella della sua successiva valutazione (art. 192 c.p.p., comma 1, e art. 546 c.p.p., comma 1, lett. c); il giudice è tenuto a motivare perchè ritenga, secondo il proprio libero, ma non arbitrario, convincimento, attendibile la prova dichiarativa assunta in violazione delle prescrizioni della Carta; quanto più grave e patente sarà stata la violazione dei modelli, protocolli e procedure prescritti dalla Carta di Noto, e quanto più puntuali saranno state, sul punto, le eccezioni difensive, tanto più ampio sarà l’onere del giudice di motivare sulla attendibilità del minorenne abusato. Le sopraindicate finalità della stesura delle linee guida onerano la difesa di effettuare specifiche (e non generiche) eccezioni sul mancato rispetto dei protocolli in essa previsti, attraverso il richiamo alla specifica prescrizione violata e sulle conseguenze che tale violazione può aver comportato sull’attendibilità delle dichiarazioni del minore vittima dell’abuso; non è sufficiente, dunque, un generico richiamo alla Carta di Noto, come avvenuto nella specie. Occorre che vengano denunziate le specifiche norme e prassi violate e le conseguenze che ne sarebbero derivate in termini di attendibilità della prova dichiarativa, in quanto entro tali Cal~ limiti, la violazione delle linee guida può tradursi in un vizio di motivazione.
Nel caso di specie, inoltre, la doglianza articolata in ricorso dalla difesa risulta aspecifica, prospettando il ricorrente, genericamente, la violazione della Carta di Noto, senza alcuna specificazione e concretezza al riguardo, a fronte, comunque, di una congrua motivazione in ordine alla attendibilità della persona offesa.
Tale censura, caratterizzandosi per assoluta genericità, integra la violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. d), che nel dettare, in generale, quindi anche per il ricorso per cassazione, le regole cui bisogna attenersi nel proporre l’impugnazione, stabilisce che nel relativo atto scritto debbano essere enunciati, tra gli altri, “I motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”; violazione che, ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), determina, per l’appunto, l’inammissibilità dell’impugnazione stessa (cfr. Sez. 6, 30.10.2008, n. 47414, Rv. 242129; Sez. 6, 21.12.2000, n. 8596, Rv. 219087).
- Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, oggetto di un giudizio di fatto, non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle circostanze in parola; l’obbligo di analitica motivazione in materia di circostanze attenuanti generiche qualifica, infatti, la decisione circa la sussistenza delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta (Sez. 1, n. 3529 del 22/09/1993, Rv. 195339; Sez. 2, n. 38383 del 10.7.2009, Squillace ed altro, Rv. 245241; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Rv. 260610).
Inoltre, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, il giudice nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti; è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione, individuando, tra gli elementi di cui all’art. 133 c.p., quelli di rilevanza decisiva ai fini della connotazione negativa della personalità dell’imputato (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Rv. 248244; Sez. 2, 11 ottobre 2004, n. 2285, Rv. 230691).
L’obbligo della motivazione non è certamente disatteso quando non siano state prese in considerazione tutte le prospettazioni difensive, a condizione però che in una valutazione complessiva il giudice abbia dato la prevalenza a considerazioni di maggior rilievo, disattendendo implicitamente le altre. E la motivazione, fondata sulle sole ragioni preponderanti della decisione non può, purchè congrua e non contraddittoria, essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato.
Nella specie, la Corte territoriale, con motivazione congrua e logica, ha negato la concessione delle circostanze attenuanti generiche evidenziando l’assenza di elementi valorizzabili in senso positivo per l’imputato e rimarcando, altresì, quali elementi ostativi la rilevante gravità della condotta e l’intensità del dolo (cfr pag 8 della sentenza impugnata).
La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è, pertanto, giustificata da motivazione congrua ed esente da manifesta illogicità, che è insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419).
- Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
- Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 25 maggio 2023.
Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2023
La Carta di Noto
La Carta di Noto, formalmente nota come “Linee guida per l’intervista psicologica del minore vittima di abuso sessuale”, è un documento di riferimento fondamentale nel contesto giuridico e psicologico italiano, particolarmente per quanto riguarda la tutela dei minori vittima di abusi sessuali.
Redatta nel 1996 a Noto, in Sicilia, durante un convegno di esperti provenienti da vari settori – tra cui psicologi, psichiatri, medici, avvocati e magistrati – la Carta di Noto è stata concepita con l’obiettivo di fornire linee guida chiare e coerenti per la conduzione dell’interrogatorio dei minori coinvolti in procedimenti penali per abusi sessuali.
Il documento si basa su una serie di principi fondamentali che mirano a proteggere il minore durante l’interrogatorio, evitando ulteriori traumi. Tra questi principi, vi è l’importanza di creare un ambiente confortevole e non intimidatorio durante l’interrogatorio, l’uso di un linguaggio appropriato all’età del minore e la necessità di evitare domande suggestive o induttive che potrebbero influenzare le risposte del minore.
La Carta di Noto sottolinea inoltre l’importanza della formazione specifica degli operatori coinvolti nell’interrogatorio dei minori. Questo aspetto è fondamentale per garantire un approccio adeguato e rispettoso nei confronti del minore, che tenga conto delle sue particolari esigenze e vulnerabilità. La formazione dovrebbe includere non solo aspetti tecnici, ma anche una comprensione profonda delle dinamiche psicologiche e emotive che possono influenzare il minore vittima di abusi sessuali.
Nonostante l’importanza della Carta di Noto, la sua applicazione pratica ha incontrato diverse sfide. Non tutti gli operatori coinvolti nell’interrogatorio dei minori hanno ricevuto una formazione adeguata e non sempre le linee guida della Carta vengono seguite in modo rigoroso. Questo può portare a situazioni in cui il minore non è adeguatamente protetto durante l’interrogatorio, con possibili conseguenze negative sul suo benessere psicologico e sulla validità delle sue dichiarazioni.
Inoltre, la Carta di Noto non ha valore legale vincolante, il che significa che l’inosservanza delle sue linee guida non determina alcuna nullità o inutilizzabilità della prova, né è, di per sé, ragione di inattendibilità delle dichiarazioni raccolte. Questo aspetto ha sollevato dibattiti nel mondo giuridico e psicologico, con alcuni che sostengono la necessità di dare alla Carta un valore legale più forte.
Nonostante queste sfide, la Carta di Noto ha avuto un impatto significativo sul sistema giuridico italiano. Ha influenzato la legislazione e la prassi giudiziaria, contribuendo a migliorare la tutela dei minori coinvolti in procedimenti penali per abusi sessuali. Inoltre, ha contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle difficoltà che i minori possono incontrare nel sistema giudiziario e sulla necessità di garantire la loro protezione.
In conclusione, la Carta di Noto rappresenta un passo fondamentale nella tutela dei minori vittime di abusi sessuali nel sistema giuridico italiano. Nonostante le sfide ancora presenti, la Carta ha contribuito a migliorare la protezione dei minori e a sensibilizzare l’opinione pubblica su queste tematiche. Continuare a promuovere e applicare i principi della Carta di Noto è fondamentale per garantire la tutela dei minori nel sistema giuridico.
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