obblighi di assistenza familiare, le fattispecie previste dall’art. 570, comma secondo, cod. pen. costituiscono autonome figure di reato rispetto alle ipotesi contemplate al comma primo, sicché, per effetto della concessione di circostanze attenuanti, non è configurabile alcun giudizio di comparazione ex art. 69 cod. pen.
Per la configurabilità del reato di cui all’art. 570, comma primo, cod. pen., in caso di omesso versamento dell’assegno di mantenimento fissato dal giudice della separazione in favore del coniuge, il giudice non deve accertare l’esistenza di uno stato di bisogno dell’avente diritto o di una situazione di impossidenza dell’altro coniuge, ma deve verificare se tale inadempimento esprima la·volontà del soggetto obbligato di violare gli obblighi di assistenza inerenti alla qualità di coniuge e non esprima, invece, una difficoltà di ordine economico alle cui conseguenze si sarebbe trovato esposto anche in costanza di matrimonio. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna del ricorrente in quanto il giudice di merito non aveva valutato l’incidenza sull’esistenza dell’obbligo di reciproca contribuzione dei coniugi della successiva revoca dell’assegno di mantenimento stabilito con l’ordinanza presidenziale, potendo detta circostanza influire sul.tenore della vita coniugale e determinare delle modifiche delle rispettive situazioni reddituali).
La violazione degli obblighi di natura economica posti a carico del genitore separato, il disposto di cui all’ art. 12-sexies, legge 1 dicembre 1970, n. 898 (richiamato dall’ art. 3, legge 8 febbraio 2006 n. 54) si applica all’inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore dei figli, minorenni o maggiorenni non indipendenti economicamente, stabilito con l’ordinanza del Presidente del tribunale. (In motivazione la Corte ha escluso che detto principio di diritto possa mutare a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 570-bis cod. pen., inserito dall’art. 2, d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21, in quanto tale disposizione non ha apportato alcuna modifica rilevante sul tema).
Circa la violazione degli obblighi di assistenza familiare, l’obbligo morale sanzionato dall’art. 570, primo comma, cod. pen. e quello economico, sanzionato dal comma secondo della medesima disposizione, presuppongono la minore età del figlio non inabile al lavoro e vengono meno con l’acquisizione della capacità di agire da parte del minore conseguente al raggiungimento della maggiore età.
In caso di mancato versamento dell’assegno periodico che sia stato fissato per il mantenimento di figli nati da un cessato rapporto di convivenza correttamente viene ritenuto configurabile il reato previsto dall’art. 12 sexies della legge n. 898/1970, in forza del richiamo che a tale norma risulta operato dall’art. 3 della legge 8 febbraio 2006 n. 54, recante “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”.
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, non sono configurabili i reati di cui agli artt.12-sexies legge 1 dicembre 1970, n.898 e 570 cod. pen. qualora gli ex coniugi si siano attenuti ad accordi transattivi conclusi in sede stragiudiziale pur quando questi non siano trasfusi nella sentenza di divorzio che nulla abbia statuito in ordine alle obbligazioni patrimoniali.
Sussiste concorso formale eterogeneo e non rapporto di consunzione, fra il delitto previsto dall’art. 12-sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (attualmente dall’art. 570-bis cod. pen.) e quello previsto dall’art. 570, comma 2, n. 2, cod. pen., in quanto il primo richiede esclusivamente la mancata corresponsione dell’assegno divorzile o di separazione, mentre il secondo presuppone che tale inadempimento abbia fatto mancare al beneficiario i mezzi di sussistenza.
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In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, lo stato di bisogno dei figli minori, in assenza di determinazioni del giudice civile relative al loro mantenimento, deve accertarsi tenendo conto delle ordinarie necessità e delle somme in precedenza versate dall’obbligato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che il giudice di merito non aveva adeguatamente valutato che l’inadempimento si era protratto per meno di due mesi e che erano state comunque pagate le spese relative all’abitazione coniugale e le rette scolastiche).
In tema di reati contro la famiglia, il reato di omesso versamento dell’assegno periodico per il mantenimento, educazione e istruzione dei figli, previsto dell’art.12-sexies legge 1 dicembre 1970, n. 898 (richiamato dall’art. 3 della legge 8 febbraio 2006 n. 54), è configurabile non solo nel caso di separazione dei genitori coniugati, ovvero di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, ma anche in quello di violazione degli obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza. (In motivazione, la Corte ha precisato che, alla luce di un’interpretazione sistematica della disciplina sul tema delle unioni civili e della responsabilità genitoriale nei confronti dei figli, introdotta dalla legge 20 maggio 2016, n. 76 e dal d.lgs. 28 dicembre 2013 n. 154, che ha inserito l’art. 337-bis. cod. civ., l’art.4, comma 2, legge n. 54 del 2006, in base al quale le disposizioni introdotte si applicano anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, deve essere interpretato con riferimento a tutte le disposizioni previste dalla legge citata, comprese quelle che attengono al diritto penale sostnziale, in quanto una diversa soluzione determinerebbe una diversità di trattamento, accordando una più ampia e severa tutela penale ai soli figli di genitori coniugati rispetto a quelli nati fuori dal matrimonio).
DIVORZIO ASSEGNO :VALIDI GLI ACCORDI TRA LE PARTI
La problematica se accordi transattivi che riducono l’assegno siano validi per non configurare il reato di cui all’art 570 cp
. Rilevava la Corte territoriale come la colpevolezza dell’imputato fosse stata provata dalle attendibili dichiarazioni rese dalla persona offesa e come fosse irrilevante che gli ex coniugi avessero raggiunto una intesa per ridurre l’importo dell’assegno di mantenimento fissato dall’autorità giudiziaria, in quanto l’accordo non era stato recepito in alcun provvedimento giudiziale.
Nel valutare una fattispecie analoga a quella oggetto del presente procedimento, questa Corte ha già avuto modo di affermare che, in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, non sono configurabili i reati di cui alla L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12 sexies, e art. 570 c.p., qualora gli ex coniugi si siano attenuti ad accordi transattivi conclusi in sede stragiudiziale pur quando questi non siano trasfusi nella sentenza di divorzio che nulla abbia statuito in ordine alle obbligazioni patrimoniali (Sez. 6, n. 36392 del 04/06/2019, L., Rv. 276833). Se è pacifico che le intese patrimoniali che siano state eventualmente raggiunte dalle parti in sede di separazione non incidono sulla determinazione dell’assegno di divorzio ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, modificato dalla L. n. 74 del 1987, art. 10, data la diversità delle discipline sostanziali, della natura, struttura e finalità dei relativi trattamenti, correlate e diversificate situazioni, presupponendo l’assegno divorzile lo scioglimento del matrimonio (così, tra le altre, Cass. Civ., Sez. 1, n. 25010 del 30/11/2007, Rv. 600620), è anche vero che nella giurisprudenza civile di legittimità si è riconosciuta la liceità delle intese economiche raggiunte dalle parti dopo la presentazione della domanda di divorzio, poiché gli accordi si riferiscono ad un divorzio che le parti hanno già deciso di conseguire e non semplicemente prefigurato (Cass. civ., Sez. 1, n. 5244 del 11/06/1997, Rv. 505124): con la conseguenza che tale parametro esegetico debba valere, a maggior ragione, quando la sentenza di divorzio sia già intervenuta e gli accordi tra gli ex coniugi abbiano ad oggetto una modifica delle statuizioni patrimoniali contenute in quella decisione. È ragionevole, infatti, stimare che queste intese non possano produrre effetti vincolanti tra le parti solo laddove dovessero contenere clausole chiaramente lesive degli interessi dei beneficiari dell’assegno di mantenimento oppure condizioni contrarie all’ordine pubblico: in mancanza di tali circostanze, non si vede perché un accordo transattivo non possa produrre effetti obbligatori per le parti, anche prima e indipendentemente dal fatto che il suo contenuto sia stato recepito in un provvedimento dell’autorità giudiziaria. In questo senso si è espressa anche la Cassazione civile, per la quale l’accordo transattivo relativo alle attribuzioni patrimoniali, concluso tra le parti ai margini di un giudizio di separazione o di divorzio, ha natura negoziale e produce effetti senza necessità di essere sottoposto al giudice per l’omologazione (Cass. civ., Sez. 3, n. 24621 del 03/12/2015, Rv. 637914).
La problematica se accordi transattivi che riducono l’assegno siano validi per non configurare il reato di cui all’art 570 cp
. Rilevava la Corte territoriale come la colpevolezza dell’imputato fosse stata provata dalle attendibili dichiarazioni rese dalla persona offesa e come fosse irrilevante che gli ex coniugi avessero raggiunto una intesa per ridurre l’importo dell’assegno di mantenimento fissato dall’autorità giudiziaria, in quanto l’accordo non era stato recepito in alcun provvedimento giudiziale.
Originally posted 2020-07-27 08:53:40.