PENALE TRIBUTARIO BOLOGNA IMOLA FORLI RAVENNA D.lgs. 74/2000 – Art. 10 Occultamento o distruzione di documenti contabili.
AVVOCATO ESPERTO CHIAMA PENALE TRIBUTARIO BOLOGNA IMOLA FORLI RAVENNA D.lgs. 74/2000
051 6447838
D.lgs. 74/2000 – Art. 10 Occultamento o distruzione di documenti contabili.
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Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi,occulta o distruggein tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.
Vero è, infatti, che il delitto di cui all’art. 10 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, tutelando il bene giuridico della trasparenza fiscale, è integrato in tutti i casi in cui la distruzione o l’occultamento della documentazione contabile dell’impresa non consenta o renda difficoltosa la ricostruzione delle operazioni, rimanendo escluso solo quando il risultato economico delle stesse possa essere accertato in base ad altra documentazione conservata dall’imprenditore e senza necessità di reperire aliunde elementi di prova (Sez. 3, n. 20748 del 16/03/2016, Capobianco, Rv. 267028). In particolare, e di conseguenza la Corte non può non rilevare la manifesta infondatezza del motivo proposto dall’odierno ricorrente, è già stato rilevato che anche l’occultamento o la distruzione di fatture ricevute da terzi (cd. fatture passive) integra il reato di cui all’art. 10 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, trattandosi di documenti che, oltre a rappresentare costi sostenuti e a incidere sulla ricostruzione dei redditi del destinatario di essi, sono comunque dimostrativi dell’esistenza di introiti a carico del soggetto emittente (Sez. 3, n. 15236 del 16/01/2015, Chiarolla, Rv. 263050).
In specie, infatti, l’art. 10 cit. sanziona la condotta di colui che, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.
A questo proposito, quindi, la norma incriminatrice non si limita a sanzionare l’occultamento di componenti contabili attive, dal momento che l’oggetto materiale del reato è dato genericamente dalle scritture contabili e dai documenti di cui è obbligatoria la conservazione. A questo proposito infatti, i rilievi della Corte di Appello, in ordine alle mancate contabilizzazioni dei ricavi derivanti dai lavori in cantieri, nei quali furono utilizzati i beni acquistati in forza delle fatture occultate, semmai confermano che la sparizione delle fatture passive ha reso maggiormente difficoltosa la ricostruzione del volume d’affari, dato l’utilizzo irregolare, sotto il profilo fiscale, di beni così acquistati senza la conservazione dell’idonea traccia contabile.
R.D. 267/1942 – Art. 216 Bancarotta fraudolenta.
1. È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che: 1) omissis; 2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari. 2. La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili. |
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R.D. 267/1942 Art. 217 – Bancarotta semplice.
1. È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell’articolo precedente: 1), 2), 3), 4), 5) omissis; 2. La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto[1] i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta. |
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R.D. 267/1942 Art. 220 – Denuncia di creditori inesistenti e altre inosservanze da parte del fallito.
1. È punito con la reclusione da sei a diciotto mesi il fallito, il quale, fuori dei casi preveduti all’art. 216, nell’elenco nominativo dei suoi creditori denuncia creditori inesistenti od omette di dichiarare l’esistenza di altri beni da comprendere nell’inventario, ovvero non osserva gli obblighi imposti dagli artt. 16, nn. 3 e 49. 2. Se il fatto è avvenuto per colpa, si applica la reclusione fino ad un anno. |
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R.D. 267/1942 Art. 16 – Sentenza dichiarativa di fallimento.
1. Il tribunale dichiara il fallimento con sentenza, con la quale: 1), 2) omissis; 3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell’elenco dei creditori, entro tre giorni, se non è stato ancora eseguito a norma dell’articolo 14; 4) omissis. |
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Oggetto di tutela | |
Interesse fiscale dello Stato o anche la trasparenza intesa come esigenza del Fisco a conoscere esattamente quanto il contribuente deve pagare per imposte. | Interesse dei creditori del fallito (compreso lo Stato) ad avere chiara la situazione patrimoniale e reddituale del debitore, in altre parole la trasparenza. |
Soggetto attivo | |
Chiunque. Tale fattispecie non si rivolge solo ed esclusivamente ai soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili; infatti la fattispecie contempla anche “documenti” per i quali non è previsto un particolare regime contabile, di guisa che siamo in presenza di un reato comune. Per i soggetti diversi dal contribuente si pensi ad esempio a un dipendente o al consulente tenuti alla conservazione di documenti fiscali. | Il fallito. |
Elemento soggettivo | |
Dolo specifico di danno dato dal fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occultando o distruggendo, in tutto o in parte, le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione. Si tratta di reato di pericolo concreto, non essendo necessario il verificarsi di un danno per l’Erario. | Nel caso di “bancarotta fraudolenta documentale”, dolo specifico ossia coscienza e volontà di recare pregiudizio ai creditori ovvero realizzare un ingiusto profitto ovvero dolo generico quando lo scopo del reo è quello di non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
Nel caso di “bancarotta semplice documentale” dolo generico o colpa nel caso in cui non vengono tenuti i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o sono tenuti in maniera irregolare o incompleta Per quanto riguarda la configurabilità del reato a titolo di colpa si veda la Sent. della Cass. n. 107958 del 18 marzo 1968. La Cassazione, in più occasioni, ha ammesso la possibilità del concorso di reati tra le due ipotesi delittuose. Nel caso di “’omesso deposito” dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie dolo o colpa (combinato disposto dell’art. 220 e 16 L.F.). |
Elemento oggettivo | |
La condotta sanzionata dall’art. 10 cit. è solo quella, espressamente contemplata dalla norma, di occultamento o distruzione (anche solo parziale) delle scritture contabili obbligatorie e non anche quella della loro mancata tenuta, espressamente sanzionata in via meramente amministrativa dall’art. 9 del d.lgs. n. 471 del 1997 (Sez. 3, n. 38224 del 07/10/2010). In altre parole, la fattispecie criminosa dell’art. 10 presuppone l’istituzione della documentazione contabile (Sez. 3, Sentenza n. 38375 del 09/07/2015).
La condotta di occultamento di cui all’art. 10 del D.Lgs. 74/2000, consiste nella indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori, sia essa temporanea o definitiva. Il reato è integrato in tutti i casi in cui la distruzione o l’occultamento della documentazione contabile dell’impresa non consenta o renda difficoltosa la ricostruzione delle operazioni, rimanendo “escluso” solo quando il risultato economico delle stesse possa essere accertato in base ad altra documentazione conservata dall’imprenditore e senza necessità di reperire aliunde elementi di prova. Secondo la dottrina prevalente, l’occultamento o la distruzione di più documenti determina la realizzazione di un unico reato laddove questi si riferiscano ad un medesimo periodo di imposta. |
La condotta sanzionata dall’art. 216 L.F. è quella di sottrazione, distruzione o falsificazione, ovvero la tenuta in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, mentre la condotta punita dall’art. 217 è l’omessa tenuta o la tenuta irregolare o incompleta. Tra le due ipotesi di reato – artt. 216 e 217 L.F. – ricorrono rilevanti differenze in ordine sia all’elemento oggettivo, sia a quello soggettivo. La bancarotta “fraudolenta” documentale è un reato di danno (pregiudizio per i creditori) e coinvolge nella condotta anche le scritture facoltative, mentre la bancarotta “semplice”, che concerne soltanto le scritture obbligatorie, è un reato di pericolo presunto.
La bancarotta “semplice” documentale prevede lo stesso trattamento sanzionatorio sia per l’imprenditore che non abbia affatto tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritte dalla legge, sia per quello che li abbia tenuti in modo irregolare[2] o incompleto[3]. In questa parificazione di condotte, agli effetti della pena, la Corte Costituzionale non ha ravvisato alcuna illegittimità costituzionale sotto il profilo della disparità di trattamento, assumendo che l’articolo 217 cpv. è reato di pericolo presunto (Corte Cost. 29 aprile 1975 n. 93). La consumazione si protrae nel tempo fin quando si protrae la condotta omissiva, trattasi quindi di reato omissivo proprio, permanente. Secondo la consolidata giurisprudenza, l’omessa o irregolare tenuta di scritture contabili pone in essere un reato di pericolo presunto[4] (inteso quale mera possibilità di lesione dell’interesse protetto) pertanto la violazione dell’obbligo della tenuta dei libri è punita di per sé, indipendentemente dalla possibilità della ricostruzione della contabilità attraverso documenti informali. Infine, la condotta penalmente rilevante (per il combinato disposto di cui agli artt. 220 e 16 L.F.) è l’omesso deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, entro tre giorni dall’ordine del Tribunale. |
Oggetto materiale ed effetti della condotta | |
Le “scritture contabili” o i “documenti di cui è obbligatoria la conservazione” ai fini fiscali.
Le scritture contabili di cui è obbligatoria la conservazione comprendono non solo quelle formalmente istituite in ossequio a specifico dettato normativo, ma anche quelle obbligatorie in relazione alla natura ed alle dimensioni dell’impresa (es. libro cassa, scritture di magazzino, scadenzario et similia) nonché la corrispondenza posta in essere nel corso dei singoli affari, il cui obbligo di conservazione deve farsi risalire all’art. 22, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973. Nel caso in cui l’imputato deduca che le scritture contabili siano detenute da terzi e, tuttavia, non esibisca un’attestazione rilasciata dai soggetti stessi recante la specificazione delle scritture in loro possesso ovvero i medesimi si oppongano all’accesso o non esibiscano in tutto o in parte detta documentazione, il giudice penale può trarre il convincimento della effettiva tenuta della contabilità da parte di terzi da prove, anche dichiarative, ulteriori e diverse dalla citata attestazione (Sez. 3, Sent. n. 11479 del 26/06/2014). La condotta deve determinare l’impossibilità di ricostruire i redditi o il volume d’affari. |
Nel caso di bancarotta “fraudolenta” documentale i libri o le altre scritture contabili previsti a livello civile (in primis libro giornale e libro degli inventari ex art. 2214 cod. civ. (c.d. libri assolutamente obbligatori), ma altresì le scritture contabili richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa (c.d. scritture relativamente obbligatorie)[5].
Nel caso di bancarotta “semplice” documentale i libri e le altre scritture prescritte dalla legge, ossia solo quelle “obbligatorie” (vedi infra Sez. 5, Sentenza n. 22593 del 20/04/2012). Nel caso del reato che scaturisce dal combinato disposto dell’art. 220 e art. 16 L.F. i bilanci e le scritture contabili e fiscali “obbligatorie”. L’omessa tenuta della contabilità può costituire bancarotta fraudolenta anziché la bancarotta semplice, ma è necessario provare che lo scopo dell’omissione, da parte del fallito, sia stato quello di recare pregiudizio ai creditori o procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto (dolo specifico), al pari di quanto richiesto per le condotte di sottrazione, distruzione o falsificazione (Sent. n. 11115 del 16 marzo 2015). |
Consumazione | |
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Originally posted 2018-05-06 19:01:50.