art 640 cp truffa 640 Codice penale :truffa
Reato purtroppo che si riscontra spesso, nelle varie forme, ora molto diffuso su internet
Chiunque, con artifizi o raggiri (1), inducendo taluno in errore , procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno , è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da cinquantuno euro a milletrentadue euro .
Art. 640 c.p. – Truffa
Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51 euro a 1.032 euro [381c.p.p.].
La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 309 euro a 1.549 euro [381c.p.p.]:
1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare [162 c.p.m.p.];
2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’Autorità [649].
2-bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all’articolo 61, numero 5).
Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120], salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o la circostanza aggravante prevista dall’articolo 61, primo comma, numero 7.
La fattispecie: La fattispecie incriminatrice è posta a presidio dei bene giuridici del patrimonio e della libertà del consenso nei negozi patrimoniali. La norma penale punisce la condotta di chi, adoperando artifici o raggiri (reato a forma vincolata), induce in errore il soggetto passivo, portandolo a compiere un atto di disposizione patrimoniale con ingiusto profitto per l’autore del reato ed in danno al soggetto passivo.
Elemento soggettivo: Dolo generico (coscienza e volontà di indurre in errore il soggetto passivo, portandolo a realizzare un atto di disposizione patrimoniale, attraverso artifici o raggiri, con realizzazione di un ingiusto profitto con altrui danno).
Momento di consumazione: momento in cui il soggetto agente realizza l’ingiusto profitto.
Sanzione: reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa da € 51 ad € 1.032; reclusione da 1 a 5 anni e multa da € 309 ad € 1.549 nelle ipotesi di cui al co. 3.
Procedibilità: a querela di parte; d’ufficio qualora ricorrano circostanze aggravanti ex co. 2, o altra aggravante.
Competenza: Tribunale monocratico
Prescrizione: 6 anni, salvo aumento per atto interruttivo ex art. 161 c.p.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da trecentonove euro a millecinquecentoquarantanove euro :
1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare [c.p.m.p. 162, 32quater] ;
2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’Autorità;
2-bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all’articolo 61, numero 5)
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o la circostanza aggravante prevista dall’articolo 61, primo comma, numero 7
In tema di truffa contrattuale commessa mediante la compravendita di merci, non costituisce artificio o raggiro, ma mero inadempimento civilistico, la condotta dell’acquirente che, nel contesto di un rapporto commerciale con il fornitore protrattosi per un apprezzabile lasso di tempo e caratterizzato da ordinativi non pagati o pagati con titoli protestati, si presenti nuovamente dal medesimo chiedendo ed ottenendo di pagare l’arretrato in contanti e di acquistare altra merce a debito, senza peraltro saldare, alla scadenza, l’ulteriore importo dovuto, atteso che il comportamento di detto acquirente difetta di qualsivoglia carica decettiva, a fronte dalla piena consapevolezza, da parte del fornitore, di operare con un cliente mostratosi ripetutamente insolvente.
Perché si possa configurare la truffa, è altresì necessario l’elemento dell’induzione in errore per il conseguimento di un ingiusto profitto patrimoniale con altrui danno. L’induzione in errore, che si attua con artifizi o raggiri, provoca il primo evento del delitto in questione, ossia uno stato di errore del soggetto passivo il quale, in conseguenza di ciò, pone in essere l’atto di disposizione patrimoniale che integra il secondo evento della truffa, dal quale deriva, infine, l’evento finale, costituito dal danno patrimoniale.
L’induzione in errore, dunque, pur rappresentando il modo in cui si manifesta il nesso causale, non lo esaurisce. Dottrina e giurisprudenza tradizionalmente concordano nel rilevare che il passaggio dall’errore agli eventi consumativi debba essere contrassegnato da un elemento sottaciuto dal legislatore, costituito dal comportamento “collaborativo” della vittima. Tale comportamento rappresenterebbe il requisito indispensabile perchè ingiusto profitto e danno possano dirsi determinati dalla condotta fraudolenta dell’agente; e costituirebbe il tratto differenziale della truffa rispetto ai fatti di mera spoliazione da un lato e ai reati con collaborazione della vittima per effetto di coartazione dall’altro. Codesto requisito implicito, ma essenziale, della truffa è l’atto di disposizione patrimoniale.
Integra il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato anziché quello di frode informatica, previsto dall’art.640-ter cod.pen l’inserimento negli apparecchi elettronici da gioco di una scheda informatica, attivabile a distanza, mediante la quale la quota di spettanza dell’erario non viene comunicata e, conseguentemente, versata all’amministrazione finanziaria, senza che ciò comporti alcuna alterazione del sistema informatico o telematico altrui. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’inserimento di una seconda scheda all’interno del medesimo apparecchio da gioco, non incide sul sistema informativo lecito, bensì funziona autonomamente, condividendo esclusivamente le periferiche di ingresso ed uscita).
Il reato di truffa ai danni di ente pubblico, richiedendo l’induzione in errore, presuppone che siano tratti in inganno i pubblici funzionari che operano per l’ente, non potendo la persona giuridica in quanto tale essere soggetto passivo di artifici e raggiri; ne consegue che nell’ipotesi in cui i responsabili degli artifici e raggiri siano i rappresentanti degli organi sociali dell’ente, è configurabile esclusivamente il reato di frode in pubbliche forniture che non richiede una condotta implicante i suddetti requisiti.
In tema di estorsione, integra la circostanza aggravante del c.d. metodo 14730mafioso, prevista dall’art. 7 D.L. n. 152 del 1991, conv. nella L. n. 203 del 1991, la condotta di chi usa implicita ma inequivoca minaccia per pretendere dalla persona offesa il pagamento di non meglio precisate somme di denaro a motivo dell’ubicazione dell’attività commerciale della medesima in un territorio sottoposto al controllo di una cosca criminale. (Fattispecie in cui la Corte ha censurato l’ordinanza del riesame di annullamento parziale del provvedimento applicativo di misura custodiale per estorsione limitatamente alle circostanze aggravanti di cui agli artt. 628, comma terzo, numero 3, cod. pen. e 7 D.L. n. 152 del 1997, cit., per aver svalutato l’indicazione logistica contenuta nella frase: “Vedi che ti trovi in una zona dove devi pagare qualcosa”, indirizzata dall’indagato alla persona offesa, titolare di un esercizio sito in un quartiere dominato da una nota ‘ndrina).
Il reato di truffa si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica abbiano fatto seguito la “deminutio patrimonii” del soggetto passivo e la “locupletatio” dell’agente, sicché, qualora l’oggetto materiale del reato sia costituito da assegni circolari, il reato si consuma nel momento e nel luogo in cui ha sede la banca trattaria, dove avviene l’acquisizione da parte dell’autore del reato della relativa valuta.
AVVOCATO PENALISTA BOLOGNA
RAVENNA FORLI CESENA TREVISO VICENZA
VENEZIA MILANO PAVIA CON STUDIO UNICO
A BOLOGNA 051 6447838
Ai fini dell’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 640, comma secondo, n. 1, cod. pen., anche gli enti a formale struttura privatistica devono qualificarsi come “pubblici”, in presenza dei seguenti requisiti, indicati dal legislatore all’art. 3 del D.L.vo n. 163 del 2006: a) la personalità giuridica; b) l’istituzione dell’ente per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale; c) il finanziamento della attività in modo maggioritario da parte dello Stato, degli enti pubblici territoriali o di altri organismi di diritto pubblico, oppure la sottoposizione della gestione al controllo di questi ultimi o la designazione da parte dello Stato, degli enti pubblici territoriali o di altri organismi di diritto pubblico, di più della metà dei membri dell’organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza. (Fattispecie in cui è stata riconosciuta natura pubblicistica ad una società per azioni esercente il servizio di trasporto aereo, sottoposta al controllo ed alla vigilanza dell’ENAC e del Ministro dei Trasporti, titolare quest’ultimo del potere di revoca della concessione in caso di inadempienze gestionali).
In tema di truffa ai danni dello Stato od enti pubblici, non presenta di per sè caratteri di falsità, rilevanti ai fini dell’integrazione della condotta tipica del reato, la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà proveniente dal lavoratore che, onde ottenere dall’ASL l’erogazione dell’aspettativa retribuita prevista dall’art. 42, comma quinto, D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, si qualifichi convivente con il familiare portatore di “handicap” cui presta assistenza, sebbene dimori altrove, non potendo il concetto di convivenza essere ritenuto coincidente con quello di coabitazione, poiché in tal modo si darebbe un’irragionevole interpretazione restrittiva della disposizione citata, per effetto della quale si escluderebbe senza motivo dal beneficio il lavoratore che in effetti convive, ancorché soltanto limitatamente ad una certa fascia oraria nel corso della giornata, con il familiare bisognoso, proprio al fine di prestargli assistenza per un arco di tempo in cui quest’ultimo, altrimenti, ne sarebbe privo. Non è configurabile il delitto di truffa quando il profitto, anche se conseguito fraudolentemente, è oggettivamente legittimo. (In applicazione di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per il reato di truffa, commesso attraverso la falsificazione del verbale di una commissione medico legale che aveva riconosciuto ad uno dei coimputati lo stato di inabilità e l’indennità sostitutiva di preavviso, relativa alla risoluzione del rapporto di lavoro cui era stato indotto il Direttore generale di una A.U.S.L., rilevando che dall’istruttoria dibattimentale era, comunque, emersa la presenza di una patologia significativa in relazione alla quale era necessario disporre una perizia medico-legale al fine di accertarne le effettive condizioni di salute).
Nel delitto di truffa, quando il profitto è conseguito mediante accredito su carta di pagamento ricaricabile (nella specie “postepay”), il tempo e il luogo di consumazione del reato sono quelli in cui la persona offesa ha proceduto al versamento del denaro sulla carta, poichè tale operazione ha realizzato contestualmente sia l’effettivo conseguimento del bene da parte dell’agente, che ottiene l’immediata disponibilità della somma versata, e non un mero diritto di credito, sia la definitiva perdita dello stesso bene da parte della vittima.
In tema di controllo della produzione lattiero – casearia, il reato di truffa concorre con la violazione amministrativa prevista dall’art. 5, comma quinto, D.L. 28 marzo 2003, n.49, convertito in L. n.119 del 2003, poiché la diversità del fatto attiene alla presenza, nel solo reato di truffa, del requisito dell’elemento dell’artificio e del raggiro, assente invece nell’illecito amministrativo. (In applicazione di questo principio la S.C. ha accolto il ricorso del P.G. avverso la sentenza di assoluzione per il delitto di truffa aggravata, in relazione alla condotta dell’imputato che aveva costituito una società, in realtà fittizia, perché priva di strutture e beni, affinchè essa figurasse, in modo simulato, quale “Primo Acquirente” di quote latte).
Secondo la suprema Corte Cass. pen. n. 37400/2016
In tema di truffa, se il profitto è conseguito mediante un bonifico bancario, il reato si consuma con l’accreditamento della somma di denaro sul conto corrente del destinatario, ne consegue che, ai fini della determinazione della competenza per territorio, occorre fare riferimento all’istituto bancario del luogo in cui il destinatario del bonifico ha aperto il conto corrente.
Ai fini della configurabilità del reato di truffa, il giudizio sulla idoneità della condotta a trarre in inganno la vittima deve essere effettuato “ex post” ed in concreto, con la conseguenza che la non particolare raffinatezza degli artifizi utilizzati, ovvero la stato di vulnerabilità della vittima, non escludono l’offensività della condotta. (In motivazione, la S.C. ha precisato che l’inquadramento delle condotte manipolative, anche grossolane, nel reato di truffa trova il solo limite della incapacità della vittima, condizione patologica che impone il diverso inquadramento della condotta nella fattispecie di circonvenzione di persona incapace).
art 640 cp truffa
(Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 30952 del 20 luglio 2016)
In tema di truffa contrattuale, l’elemento che imprime al fatto dell’inadempienza il carattere di reato è costituito dal dolo iniziale, che, influendo sulla volontà negoziale di uno dei due contraenti – determinandolo alla stipulazione del contratto in virtù di artifici e raggiri e, quindi, falsandone il processo volitivo – rivela nel contratto la sua intima natura di finalità ingannatoria. (Fattispecie relativa alla promessa di vendita di un immobile che gli imputati assicuravano essere regolare, omettendo di riferire al contraente che una parte rilevante dello stesso era, invece, abusiva).
art 640 cp truffa
Sussiste il reato di truffa “contrattuale” anche nell’ipotesi in cui venga pagato un giusto corrispettivo a fronte della prestazione truffaldinamente conseguita, posto che l’illecito si realizza per il solo fatto che la parte sia addivenuta alla stipulazione del contratto, che altrimenti non avrebbe stipulato, in ragione degli artifici e dei raggiri posti in essere dall’agente. (Fattispecie relativa alla promessa di vendita di un immobile che gli imputati assicuravano essere regolare, omettendo di riferire al contraente che una parte rilevante dello stesso era, invece, abusiva).
Integra gli estremi della truffa ai danni dell’INPS, in presenza di una prestazione lavorativa effettiva, l’interposizione fittizia da parte del datore di lavoro, nell’ipotesi in cui il rapporto di lavoro apparente sia gravato da oneri contributivi inferiori rispetto a quelli che graverebbero sul datore di lavoro effettivo o interponente, nel qual caso si configura un danno ingiusto a carico dell’INPS, costituito dal risparmio contributivo
AVVOCATO PENALISTA BOLOGNA
RAVENNA FORLI CESENA TREVISO VICENZA
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A BOLOGNA 051 6447838
Originally posted 2020-03-04 16:52:45.