OPPOSIZIONE RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE DEL PM INAMMISSIBILITA’

OPPOSIZIONE RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE DEL PM INAMMISSIBILITA’

Il ricorso e’ manifestamente infondato e deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Rileva, difatti, il Collegio che l’inammissibilita’ dell’opposizione alla richiesta di archiviazione puo’ essere dichiarata, non solo per l’accertata carenza dei requisiti formali, ma anche quando le indagini suppletive richieste siano aspecifiche e non pertinenti rispetto ai fatti oggetto di indagini, nel senso che le stesse si rivelino inidonee a porre in discussione la richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero e ad incidere sulle risultanze in atti, essendo, invece, preclusa qualsiasi valutazione in ordine alla capacita’ probatoria degli ulteriori accertamenti richiesti (sez. 5 n. 21939 del 6/5/2010, Rv. 247355; sez. 5 n. 25303 del 6/6/2012, Rv. 253306). In sostanza, il giudice puo’ archiviare “de plano” gli atti nonostante l’opposizione proposta dal denunciante, ai sensi del secondo comma dell’articolo 410 c.p.p., dovendo pero’ deve motivare specificamente in ordine sia alla infondatezza della notizia di reato che alle cause della inammissibilita’; in quanto, in difetto, si produce una violazione del contraddittorio che e’, prima di tutto e in ogni caso, diritto all’ascolto (sez. 5 n. 16505 del 21/4/2006, Rv. 234453).
A cio’ consegue che il sindacato di legittimita’ avverso il provvedimento di archiviazione e le censure in tale sede proponibili restano circoscritte alla verifica del rispetto del contraddittorio, anche sostanziale, non potendosi spingere oltre, sino alla censura dei profili strettamente motivazioni e valutativi (sez. 6 n. 13458 del 12/3/2008, Rv. 239318).

 


Ora, con riferimento al caso di specie, rileva il Collegio che nel provvedimento impugnato e’ contenuta una motivazione esaustiva sia in ordine alla ritenuta ininfluenza delle investigazioni suppletive, sia con riguardo alla ritenuta prescrizione del reato di truffa ipotizzato, e questa Corte di legittimita’ ha gia’ avuto modo di evidenziare che e’ inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione proposto dalla persona offesa avverso il decreto di archiviazione emesso “de plano” per l’intervenuta prescrizione del reato denunciato, ogni qual volta, con l’opposizione, non siano rappresentati elementi idonei ad escludere la sussistenza dell’evento estintivo del reato. (Sez. 2, n. 36187 del 06/07/2017, Rv. 270650): l’atto di opposizione alla richiesta di archiviazione presentato dal (OMISSIS) non indicava, invece, alcun elemento utile per escludere la sussistenza della prescrizione – cosi’ come nessun elemento utile viene indicato in questa sede – essendosi, invece, limitato l’opponente ad un’apodittica affermazione secondo cui in virtu’ di un atto di esecuzione la truffa ipotizzata sarebbe reato a consumazione prolungata, ed a chiedere l’esame di due testimoni, senza peraltro indicare in alcun modo l’oggetto di tale investigazione suppletiva, come chiesto invece a pena di inammissibilita’ dall’articolo 410 c.p.p., comma 1.
La prescrizione del reato per cui si procede, pertanto, viene contestata dal ricorrente sull’assunto secondo cui, essendo pendente una procedura esecutiva avente ad oggetto l’immobile di cui si tratta, si verterebbe in un caso di reato a consumazione prolungata: si tratta, pero’, di assunto manifestamente infondato, in quanto il delitto di truffa cosiddetta contrattuale a consumazione prolungata si realizza alla scadenza di ogni contratto sottoscritto e, cioe’, ogni volta in cui si determinano la perdita economica ed il profitto ingiusto, mentre la condotta dell’agente perdura, ugualmente, fino alla scadenza di ogni singolo contratto. (Sez. 2, n. 49932 del 11/12/2012, Rv. 254111; analogamente, quanto alla truffa finalizzata ad erogazioni pubbliche, Sez. 2, n. 6864 del 11/02/2015, Rv. 262601; Sez. 5, n. 32050 del 11/06/2014, Rv. 260496): nel caso di specie, invece, risulta sottoscritto un solo contratto, con rogito notarile nel 2005, come rilevato nel decreto di archiviazione impugnato, sicche’ il reato si e’ consumato con la stipula di tale rogito, mentre le eventuali procedure esecutive che su questo si fondano, successive alla consumazione del reato, ormai prescritto, portano soltanto questo ad ulteriori conseguenze.
5. Alla dichiarazione di inammissibilita’ consegue, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1500,00.

Sentenza 12 marzo 2018, n. 11006
Data udienza 10 ottobre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PRESTIPINO Antonio – Presidente

Dott. IASILLO Adriano – Consigliere

Dott. IMPERIALI Luciano – rel. Consigliere

Dott. DE SANTIS Anna Maria – Consigliere

Dott. PACILLI Giuseppina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS) parte offesa;
nel procedimento contro:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso il decreto del 24/11/2016 del GIP TRIBUNALE di MASSA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. LUCIANO IMPERIALI;
lette le conclusioni del PG Dr. FODARONI Maria Giuseppina, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Massa ha accolto “de plano” la richiesta di archiviazione proposta dal pubblico ministero nell’ambito del procedimento nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) per il reato di cui all’articolo 640 c.p., dichiarando inammissibile l’opposizione proposta dalla persona offesa (OMISSIS) sul rilievo che le indagini suppletive da questo indicate – in particolare, la perizia sul valore di un terreno, che si assume stimato 918.000,00 Euro a fronte di un valore effettivo di Euro 73.000,00 al fine di consentire il rilascio di fideiussione per far fronte ad un’esposizione debitoria – sarebbero ininfluenti in considerazione della depenalizzazione dell’eventuale falso in scrittura privata, ex Decreto Legislativo n. 7 del 2016, e della mancanza di dimostrazione di eventuali artifici e raggiri ai danni del (OMISSIS), che peraltro dovrebbero configurare un’eventuale truffa ormai prescritta, attesa la stipula del rogito notarile nel 2005.
Quanto alla sollecitazione istruttoria ad acquisire le dichiarazioni di (OMISSIS) e della stessa persona offesa (OMISSIS), il decreto di archiviazione ha rilevato essere le prime gia’ in atti, mentre la persona offesa aveva gia’ esposto le sue argomentazioni nelle denunce-querele.
2. Ricorre per Cassazione la persona offesa (OMISSIS), per mezzo del difensore munito di procura speciale, deducendo la violazione di legge penale e processuale, con riferimento all’emissione del provvedimento de plano con dichiarazione di inammissibilita’ di un’opposizione che, pure, aveva indicato indagini suppletive che si assumono pertinenti, in ordine alle quali era preclusa una valutazione prognostica. Assume, inoltre, il ricorrente che la falsita’ della stime del bene in questione non costituirebbe solo un falso in scrittura privata, ma anche artificio e raggiro idoneo ad integrare la truffa ai danni dello stesso, reato in relazione al quale si contesta l’intervenuta prescrizione deducendo trattarsi, invece, di reato a consumazione prolungata ancora in itinere, essendo ancora in atto la procedura esecutiva atta a spogliare il ricorrente del proprio immobile in Viareggio.
3. Il Procuratore Generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso e’ manifestamente infondato e deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Rileva, difatti, il Collegio che l’inammissibilita’ dell’opposizione alla richiesta di archiviazione puo’ essere dichiarata, non solo per l’accertata carenza dei requisiti formali, ma anche quando le indagini suppletive richieste siano aspecifiche e non pertinenti rispetto ai fatti oggetto di indagini, nel senso che le stesse si rivelino inidonee a porre in discussione la richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero e ad incidere sulle risultanze in atti, essendo, invece, preclusa qualsiasi valutazione in ordine alla capacita’ probatoria degli ulteriori accertamenti richiesti (sez. 5 n. 21939 del 6/5/2010, Rv. 247355; sez. 5 n. 25303 del 6/6/2012, Rv. 253306). In sostanza, il giudice puo’ archiviare “de plano” gli atti nonostante l’opposizione proposta dal denunciante, ai sensi del secondo comma dell’articolo 410 c.p.p., dovendo pero’ deve motivare specificamente in ordine sia alla infondatezza della notizia di reato che alle cause della inammissibilita’; in quanto, in difetto, si produce una violazione del contraddittorio che e’, prima di tutto e in ogni caso, diritto all’ascolto (sez. 5 n. 16505 del 21/4/2006, Rv. 234453).
A cio’ consegue che il sindacato di legittimita’ avverso il provvedimento di archiviazione e le censure in tale sede proponibili restano circoscritte alla verifica del rispetto del contraddittorio, anche sostanziale, non potendosi spingere oltre, sino alla censura dei profili strettamente motivazioni e valutativi (sez. 6 n. 13458 del 12/3/2008, Rv. 239318).
Ora, con riferimento al caso di specie, rileva il Collegio che nel provvedimento impugnato e’ contenuta una motivazione esaustiva sia in ordine alla ritenuta ininfluenza delle investigazioni suppletive, sia con riguardo alla ritenuta prescrizione del reato di truffa ipotizzato, e questa Corte di legittimita’ ha gia’ avuto modo di evidenziare che e’ inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione proposto dalla persona offesa avverso il decreto di archiviazione emesso “de plano” per l’intervenuta prescrizione del reato denunciato, ogni qual volta, con l’opposizione, non siano rappresentati elementi idonei ad escludere la sussistenza dell’evento estintivo del reato. (Sez. 2, n. 36187 del 06/07/2017, Rv. 270650): l’atto di opposizione alla richiesta di archiviazione presentato dal (OMISSIS) non indicava, invece, alcun elemento utile per escludere la sussistenza della prescrizione – cosi’ come nessun elemento utile viene indicato in questa sede – essendosi, invece, limitato l’opponente ad un’apodittica affermazione secondo cui in virtu’ di un atto di esecuzione la truffa ipotizzata sarebbe reato a consumazione prolungata, ed a chiedere l’esame di due testimoni, senza peraltro indicare in alcun modo l’oggetto di tale investigazione suppletiva, come chiesto invece a pena di inammissibilita’ dall’articolo 410 c.p.p., comma 1.
La prescrizione del reato per cui si procede, pertanto, viene contestata dal ricorrente sull’assunto secondo cui, essendo pendente una procedura esecutiva avente ad oggetto l’immobile di cui si tratta, si verterebbe in un caso di reato a consumazione prolungata: si tratta, pero’, di assunto manifestamente infondato, in quanto il delitto di truffa cosiddetta contrattuale a consumazione prolungata si realizza alla scadenza di ogni contratto sottoscritto e, cioe’, ogni volta in cui si determinano la perdita economica ed il profitto ingiusto, mentre la condotta dell’agente perdura, ugualmente, fino alla scadenza di ogni singolo contratto. (Sez. 2, n. 49932 del 11/12/2012, Rv. 254111; analogamente, quanto alla truffa finalizzata ad erogazioni pubbliche, Sez. 2, n. 6864 del 11/02/2015, Rv. 262601; Sez. 5, n. 32050 del 11/06/2014, Rv. 260496): nel caso di specie, invece, risulta sottoscritto un solo contratto, con rogito notarile nel 2005, come rilevato nel decreto di archiviazione impugnato, sicche’ il reato si e’ consumato con la stipula di tale rogito, mentre le eventuali procedure esecutive che su questo si fondano, successive alla consumazione del reato, ormai prescritto, portano soltanto questo ad ulteriori conseguenze.
5. Alla dichiarazione di inammissibilita’ consegue, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro millecinquecento a favore della Cassa delle ammende.

Originally posted 2021-05-28 16:55:10.