MILANO VICENZA COMO BOLOGNA VENEZIA VICENZA AVVOCATO ESPERTO REATI TRIBUTARI Sequestro per equivalente di somme – Amministratore di società – Reati tributari ex art 2 dlvo 74/2000 – Frode fiscale – Concorso – Fumus commissi delicti – Sussistenza – Beni nella disponibilità dell’imputato – Confisca – Profilo della pertinenzialità delle somme – Sussistenza – Decreto di sequestro preventivo – Individuazione specifica dei beni sottoposti al vincolo – Necessità – Non sussiste – Possibilità di individuazione dei beni ad opera degli organi deputati alla esecuzione del provvedimento

MILANO VICENZA COMO BOLOGNA VENEZIA VICENZA AVVOCATO ESPERTO REATI TRIBUTARI

Sequestro per equivalente di somme – Amministratore di società – Reati tributari ex art 2 dlvo 74/2000 – Frode fiscale – Concorso – Fumus commissi delicti – Sussistenza – Beni nella disponibilità dell’imputato – Confisca – Profilo della pertinenzialità delle somme – Sussistenza – Decreto di sequestro preventivo – Individuazione specifica dei beni sottoposti al vincolo – Necessità – Non sussiste – Possibilità di individuazione dei beni ad opera degli organi deputati alla esecuzione del provvedimento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio – Presidente

Dott. DAVIGO Piercamillo – Consigliere

Dott. RAGO Geppino – rel. Consigliere

Dott. VERGA Giovanna – Consigliere

Dott. RECCHIONE Sandra – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1. (OMISSIS) nato il (OMISSIS);

2. (OMISSIS) nato il (OMISSIS);

3. (OMISSIS) S.R.L.;

avverso l’ordinanza del 07/01/2015 del Tribunale del Riesame di Monza;

Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Geppino Rago;

udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Luigi Riello che ha concluso per l’annullamento con rinvio.

FATTO

1. Con ordinanza del 07/01/2015, il Tribunale del Riesame di Monza – su ricorso proposto da (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso il decreto di sequestro per equivalente ordinato dal giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale in data 05/12/2014 – rigettava il ricorso della (OMISSIS) s.r.l. e accoglieva parzialmente quello di (OMISSIS) e (OMISSIS) “limitando il sequestro alle somme movimentate successivamente alla data del 29/12/2007 e limitatamente al periodo di contestazione”.

Il fatto che ha dato origine al sequestro e’ stato cosi’ riassunto dal tribunale: “… (OMISSIS), quale amministratore della (OMISSIS) S.r.l. negli anni dal 2004 al 2009, si e’ reso responsabile del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, avendo annotato in contabilita’ e portato nella dichiarazione fiscale fatture per operazioni inesistenti per circa euro 22.000.000 costituendo rilevanti riserve extracontabili attraverso la sottrazione dalle casse sociali di somme utilizzate per i pagamenti delle indicate false fatture (cfr. dichiarazioni rese da (OMISSIS), emittente delle fattura per operazioni inesistenti, alla GdF). Il denaro cosi’ ottenuto sarebbe stato ripulito dal dipendente (OMISSIS) (responsabile amministrativo della (OMISSIS) S.r.l.) e da (OMISSIS) (dipendente del (OMISSIS) prima e consulente della (OMISSIS) S.r.l. poi). In particolare, le ff.oo.ii venivano pagate all’emittente in contanti limitatamente all’IVA mentre il resto mediante assegni restituiti immediatamente nelle mani di (OMISSIS), il quale provvedeva a monetizzarli mettendoli sui conti intestati a se’ e/o a (OMISSIS) o cointestati ad entrambi. Dalle dichiarazioni di (OMISSIS), nell’ambito del procedimento RGNR 42317/11, e’ emerso altresi’ che (OMISSIS), quando era ancora dipendente del (OMISSIS), agevolava (OMISSIS) nel versamento di assegni intestati a (OMISSIS) su conti a costui non riferibili ma gestiti direttamente da (OMISSIS). Il denaro era poi sottoposto a numerosi giroconti, investito in titoli o inviato all’estero tramite bonifici per poi rientrare in parte in Italia attraverso bonifici alla (OMISSIS) Srl, oggi (OMISSIS) S.r.l. amministrata dall’indagata (OMISSIS) (commercialista del (OMISSIS)). (OMISSIS) S.r.l. era indirettamente controllata dallo stesso (OMISSIS) per il tramite della societa’ (OMISSIS) con domicilio fiscale presso lo Studio della (OMISSIS) e di cui (OMISSIS) era proprietario al 100% per il tramite della societa’ fiduciaria (OMISSIS) s.p.a. Gruppo (OMISSIS), sede di (OMISSIS) (che risulta avere effettuato lo scudo fiscale per conto del (OMISSIS) ex Decreto Legge 78/09 per oltre 15.000.000 di euro). La (OMISSIS) S.r.l. (oggi (OMISSIS) S.r.l.) nel periodo dal 2004 al 2009 e’ stata ampiamente finanziata mediante disposizioni di bonifico provenienti dalla (OMISSIS), societa’ facente parte del castello di societa’ estere coinvolte nel riciclaggio del denaro proveniente dal delitto di cui all’articolo 2 Decreto Legge 74/00. Il danaro provento del cambio di assegni pertanto confluiva in quest’ultima societa’ per poi tornare nella disponibilita’ di (OMISSIS) e familiari. In particolare da (OMISSIS) sono stati trasferiti a (OMISSIS) s.r.l., nel periodo in cui amministratrice unica era la (OMISSIS), euro 3.549.922, in gran parte utilizzati dalla stessa (OMISSIS) per finanziare iniziative edilizie dei coniugi (OMISSIS). Anche (OMISSIS) e (OMISSIS) erano delegati ad operare sui conti di (OMISSIS) S.r.l.”.

2. Avverso la suddetta ordinanza, hanno proposto ricorso per cassazione sia il legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l. che (OMISSIS) e (OMISSIS).

3. (OMISSIS) s.r.l., a mezzo del proprio difensore, ha dedotto i seguenti motivi:

3.1. violazione degli articoli 110 e 648 ter c.p.: la ricorrente sostiene che, poiche’ secondo l’ipotesi accusatoria, i delitti di evasione d’imposta sarebbero avvenuti negli anni dal 2004 al 2009, la posizione dell’amministratrice (OMISSIS) di (OMISSIS) (nonche’ commercialista del (OMISSIS) e delle sue societa’ e pure domiciliataria italiana di (OMISSIS)) sarebbe quella del concorrente nella frode fiscale contestata al (OMISSIS) e non quella di autonoma responsabile del delitto di cui all’articolo 648 ter c.p.. La decisione del tribunale (e, prima ancora quella del Pubblico Ministero) di ritenere la (OMISSIS) estranea ai reati di frode fiscale sarebbe contraria alla normativa sul concorso “pacificamente possibile anche nei reati propri e di certo non confinabile all’ipotesi del previo accordo, qui peraltro difficilmente contestabile e non condivisibili sul piano della prova”. La questione e’ rilevante “perche’ condiziona la possibilita’ stessa di procedere al sequestro funzionale alla confisca prevista dalla normativa sulla responsabilita’ da reato degli enti per la quale non rilevano i reati tributari e le appropriazioni indebite …”.

La ricorrente, quindi, ha concluso chiedendo che venga dichiarata “l’illegittimita’ del sequestro preventivo e dell’ordinanza del Tribunale di Monza, nella parte in cui hanno erroneamente ritenuto nei confronti dell’amministratrice di (OMISSIS) s.r.l. gravi indizi di colpevolezza del delitto di reimpiego ex articolo 648 ter c.p., in luogo di quelli previsti dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, e articolo 646 c.p., la conseguente violazione, da parte dell’ente, del Decreto Legislativo n. 231 del 2007, articolo 25 octies, e l’applicabilita’ della confisca prevista dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 19”;

3.2. VIOLAZIONE DEL Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articoli 2, 19 e 25 octies: la ricorrente ha premesso che l’illecito contestatole Decreto Legislativo n. 231 del 2001, ex articolo 25 octies, trova applicazione solo per i fatti di ricettazione, riciclaggio e reimpiego commessi dopo il 29/12/2007, data di entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 231 del 2007, che, appunto, all’articolo 63, comma 3, introdusse l’articolo 25 octies cit..

La ricorrente, poi, ha osservato che, nonostante nel decreto di sequestro la contestazione sia riferita ad un periodo compreso “dal 2005 al 2012”, tuttavia, dalla richiesta di sequestro si evinceva che i fatti contestati avvennero fra il 2005 ed il 2008 ed erano costituiti da “numerosi accrediti provenienti dalla (OMISSIS), negli anni tra il 2005 ed il 2008 per circa euro 3.200.000” in favore di (OMISSIS) s.r.l. “in gran parte impiegati, da (OMISSIS), nella sua veste di amministratrice, per eseguire pagamenti relativi ad iniziative edilizie dei coniugi (OMISSIS). Sennonche’, obietta la ricorrente, nessuno dei suddetti pagamenti effettuati dalla (OMISSIS), oggetto di contestazione da parte del Pubblico Ministero, sarebbe successivo al 29/12/2007.

Di conseguenza, il Tribunale, avendo fatto riferimento ad attivita’ della (OMISSIS) successiva al suddetto periodo (e cioe’ a fatti avvenuti nel 2011, non oggetto di contestazione), si sarebbe illegittimamente sostituito all’imputazione mossa dal Pubblico Ministero che aveva chiesto il sequestro nella misura di euro 3.200.000,00 e cioe’ a quelle somme che (OMISSIS)/(OMISSIS) “impiego’ in pagamenti connessi alla sua attivita’ d’impresa, utilizzando provviste provenienti da (OMISSIS)”.

4. (OMISSIS) e (OMISSIS), con due separati ricorsi redatti in proprio, ma perfettamente identici, hanno dedotto i seguenti motivi:

4.1. violazione degli articoli 110 e 648 bis c.p.: si tratta della stessa censura dedotta dalla (OMISSIS) s.r.l. (supra p.3.1.): infatti entrambi i ricorrenti sostengono che, al piu’, essi avrebbero dovuto rispondere non del delitto di riciclaggio ma di quello di concorso nel reato di frode fiscale;

4.2. violazione dell’articolo 648 quater c.p.: i ricorrenti lamentano la genericita’ del sequestro non avendo il tribunale (e, prima ancora, il giudice per le indagini preliminari) individuato il bene da sequestrare avente un valore equivalente al prezzo, prodotto o profitto del reato. Inoltre, i ricorrenti sostengono che il sequestro non avrebbe potuto colpire quei beni legittimamente entrati a far parte del proprio patrimonio prima della commissione del reato, ma solo quei beni che costituiscano profitto del reato.

DIRITTO

1. VIOLAZIONE DEGLI articoli 110 e 648 bis e ter c.p.: tutti e tre i ricorrenti hanno dedotto la medesima doglianza e cioe’ che la provvisoria incolpazione elevata dal Pubblico Ministero nei lori confronti per i reati di riciclaggio ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) e di reimpiego ( (OMISSIS)) sarebbe errata perche’, a tutto concedere, essi avrebbero dovuto rispondere di concorso, con il (OMISSIS), in frode fiscale.

La censura e’ infondata.

Sul punto, e’ appena il caso di rammentare che il ricorso avverso l’ordinanza ex articolo 325 c.p.p., e’ ammissibile solo per violazione di legge e non gia’ per vizi motivazionali e che l’incolpazione e’ una prerogativa esclusiva del Pubblico Ministero relativamente alla quale al giudice del riesame e’ solo consentito ritenerla fondata o meno o di dare una diversa qualificazione giuridica.

Nel caso di specie, il tribunale ha preso in esame la medesima doglianza ma l’ha disattesa osservando che “le condotte sopra descritte poste in essere da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), finalizzate alla ripulitura del denaro proveniente dal reato Decreto Legislativo n. 74 del 2000, ex articolo 2, sono stati correttamente qualificati ex articoli 648 bis e ter c.p., essendo costoro totalmente estranei al reato presupposto, proprio solo dell’imprenditore che ha sottoscritto la dichiarazione dei redditi, non risultando dagli atti alcun preventivo accordo tra gli odierni indagati e costui per il pagamento di fatture per operazioni inesistenti”.

Si tratta di una motivazione nella quale non sono ravvisabili violazioni di legge di alcun genere, in quanto il tribunale ha mostrato di avere analizzato gli atti processuali e che questi conclamavano la correttezza della contestazione effettuata dal Pubblico Ministero: tanto basta, ai fini del presente procedimento per il quale si richiede solo la sussistenza del fumus delicti, per ritenere incensurabile la decisione del tribunale, e, quindi, manifestamente infondata le doglianze dedotte da tutti e tre i ricorrenti.

2. violazione del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articoli 2, 19 e 25 octies: con la suddetta doglianza, il legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., ha dedotto, relativamente all’ordinanza impugnata, una sorta di mancanza di correlazione fra la richiesta del Pubblico Ministero e la decisione del Tribunale.

Il tribunale, ha respinto la medesima doglianza (proposta avverso il decreto del giudice per le indagini preliminari), adducendo la seguente testuale motivazione: “Quanto al periodo temporale degli accrediti e delle operazioni commesse da (OMISSIS) e (OMISSIS) e alla corrispondenza con il valore dei beni posti in sequestro, si osserva che la contestazione investe un lungo periodo temporale decorrente dal 2004 ma dilatatosi sino all’anno 2009 e che le somme vengono reimpiegate da (OMISSIS) S.r.l. per il tramite della sua amministratrice fino al 2012 attraverso l’acquisto di patrimoni immobiliari. Emerge peraltro dalla CNR 581851/14 del 14/10/2014 GDF Tenenza di Seveso che dal totale delle somme riconducibili all’attivita’ della (OMISSIS) per conto di (OMISSIS) S.r.l, sono state escluse tutte le operazioni precedenti alla data del 29 dicembre 2007. Le indagini espletate dalla GdF di Seveso nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) sul punto non hanno per contro specificato quali siano le somme movimentate successivamente all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 231 del 2007, pur avendo indicato movimentazioni fino al 2012. Pertanto il sequestro dovra’ essere confermato nei limiti delle somme movimentate successivamente a tale data e limitatamente al periodo di contestazione”.

La suddetta doglianza e’ infondata.

In punto di fatto, risultano i seguenti dati processuali:

a) e’ la stessa ricorrente che afferma nel suo ricorso (pag. 8) che “la contestazione mossa a (OMISSIS) s.r.l. capo c) del decreto di sequestro fissa il periodo in contestazione dal 2005 al 2012”;

b) il tribunale, come risulta dalla motivazione supra riportata, ha preso in esame “le somme reimpiegate da (OMISSIS) S.r.l. per il tramite della sua amministratrice fino al 2012 attraverso l’acquisto di patrimoni immobiliari”: quindi, fino alla data ricompresa nel periodo in contestazione;

c) il Tribunale, al fine di determinare il valore delle operazioni incriminabili, ha tenuto conto, sulla base degli accertamenti eseguiti dalla Guardia di Finanza, solo di quelle operazioni successive alla data del 29/12/2007.

Alla stregua dei suddetti dati fattuali, e’ davvero difficile seguire la ricorrente nel suo ragionamento sulla base del quale pretende che si censuri la decisione prima del giudice per le indagini preliminari e, poi, del tribunale, sulla base di una sua personalissima interpretazione della volonta’ del Pubblico Ministero il quale, nonostante avesse formulato un capo d’incolpazione nel quale il periodo in contestazione era fissato “dal 2005 al 2012”, tuttavia, in realta’, intendeva chiedere un sequestro limitato alla somma di euro 3.200.000,00 e cioe’ fino al 2008.

Sul punto, quindi, questa Corte, in considerazione degli stretti limiti entro cui e’ vincolata ex articolo 325 c.p.p., non puo’ che prendere atto che la decisione del tribunale non viola il (pacifico) principio di diritto invocato dalla ricorrente (e cioe’ quello secondo il quale il Tribunale non puo’ porre a fondamento della propria decisione un fatto diverso da quello in contestazione) proprio perche’ il sequestro e’ stato limitato ai fatti criminosi che, secondo l’accusa, furono commessi fra il 30/12/2007 ed il 2012 e cioe’ proprio secondo quanto contestato con il provvisorio capo d’incolpazione.

3. violazione dell’articolo 648 quater c.p.: la suddetta censura, dedotta dai soli ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), e’ articolata su due profili:

a) il sequestro sarebbe generico non essendo stato individuato il bene da sequestrare;

b) il sequestro non puo’ colpire beni acquistati legittimamente ma solo beni provento dei delitti.

Entrambe le censure sono infondate.

3.1. Quanto alla prima (mancata individuazione di beni da sequestrare), e’ sufficiente osservare che la costante giurisprudenza di questa Corte, che in questa sede va ribadita, ritiene che “L’articolo 322 ter c.p., u.c., non impone al giudice, quando dispone la confisca, di individuare i beni ad essa assoggettati, qualora determini le somme di denaro che costituiscono il profitto o il prezzo del reato o il valore corrispondente ad essi: il dettato normativo pone infatti un’alternativa (determina le somme di denaro o individua i beni) che discende logicamente dalla fungibilita’ del denaro stesso. L’identificazione della somma di denaro e’ esaustiva sia sotto il profilo della pertinenzialita’ – quando, appunto, come nel caso di specie il profitto del reato consiste in una somma di denaro che il reo ha mantenuto nella sua disponibilita’ ponendo in essere la condotta criminosa, cioe’ inadempiendo ad un obbligo di versamento di denaro – sia sotto il profilo della entita’. Nella fase esecutiva, essendo cosi’ stato determinato l’oggetto diretto della confisca o il valore su cui si deve conformare l’equivalente (a quest’ultimo profilo, logicamente, deve rapportarsi il riferimento del giudice ai beni nella disponibilita’ dell’imputato fino alla concorrenza dell’identificato valore), si procedera’ alla concreta ablazione estraendola da quel che e’ nella disponibilita’ del reo (con evidente sintonia rispetto all’articolo 2740 c.c., ai fini dell’esecuzione di un titolo civile), cosi’ come e’ stato riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte gia’ nella fase prodromica del sequestro (Cass. sez. 2, 29 maggio 2013 n. 35813 – per cui il decreto di sequestro preventivo per equivalente del profitto del reato presupposto non deve contenere l’indicazione specifica dei beni che devono essere sottoposti al vincolo, potendo procedere alla loro individuazione anche la polizia giudiziaria in sede di esecuzione del provvedimento, ma deve indicare la somma sino a concorrenza della quale il sequestro deve essere eseguito -; Cass. sez. 3, 12 luglio 2012 – 7 marzo 2013 n. 10567 – che afferma che in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, il giudice che emette il provvedimento ablativo e’ tenuto soltanto ad indicare l’importo complessivo da sequestrare, mentre l’individuazione specifica dei beni da apprendere e la verifica della corrispondenza del loro valore al quantum indicato nel sequestro e’ riservata alla fase esecutiva demandata al pubblico ministero-; cfr. pure Cass. sez. 3, 10 gennaio 2012 n. 7675 – per cui nel caso di sequestro preventivo finalizzato a confisca per equivalente il giudice deve specificamente indicare quali siano i beni vincolabili soltanto se disponga in atti di elementi per stabilirlo, in caso contrario incombendo detta individuazione al P.M. quale organo demandato all’esecuzione-). Nessuna illegittimita’ e tanto meno nessuna abnormita’, dunque, affliggono la sentenza impugnata in riferimento all’articolo 322 ter c.p., u.c., ne’ sussiste, nel caso concreto, ermeneutica incertezza giurisprudenziale”: ex plurimis Cass. 18309/2014 Rv. 259660; Cass. 20776/2014 Rv. 259661; Cass. 37848/2014 Rv. 260149; Cass. 50310/2014 Rv. 261517; Cass. 35813/2013 Rv. 256827.

3.2. Quanto alla seconda doglianza, va osservato, innanzitutto, che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente non e’ subordinato alla verifica che le somme provengano dal delitto e siano confluite nella effettiva disponibilita’ dell’indagato, in quanto il denaro oggetto di ablazione deve solo equivalere all’importo che corrisponde per valore al prezzo o al profitto del reato, non sussistendo alcun nesso pertinenziale tra il reato e il bene da confiscare (ex plurimis Cass. 21228/2014 Rv. 259717; Cass. 31229/2014 Rv. 260367).

In secondo luogo, quanto al “problema del collegamento temporale del bene individuato per la misura sostitutiva con l’attivita’ illecita, ovverosia se l’equivalente possa essere individuato anche in bene appartenente all’indagato da epoca precedente all’ipotizzato reato e dallo stesso acquisito in modo assolutamente lecito” (terzo motivo dedotto da entrambi i ricorrenti), deve rilevarsi quanto segue.

La confisca per equivalente per i reati di cui all’articolo 648 bis c.p., (ossia il reato per il quale entrambi i ricorrenti sono indagati) e articolo 648 ter c.p., e’ stata introdotta con il Decreto Legislativo n. 231 del 2007, articolo 63, comma 4, entrato in vigore il 29/12/2007.

Ora, costituisce consolidato principio di diritto quello secondo il quale la confisca per equivalente assolve ad una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l’imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile.

Tale misura ablatoria, pertanto, si connota per il carattere afflittivo e la consequenzialita’ con l’illecito proprie della sanzione penale, mentre esula dalla stessa qualsiasi funzione di prevenzione, che costituisce la principale finalita’ delle misure di sicurezza.

E’ stato conseguentemente affermato dalla giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte che l’istituto della confisca per equivalente, di volta in volta esteso dal legislatore a nuove fattispecie di reato, non e’ applicabile retroattivamente (cfr. con riferimento ai reati tributari sez. 3, 24/09/2008 n. 39172, Canisto, RV 241033; sez. 6, 18/02/2009 n. 13098, P.M. in proc. Molon e altri, RV 243127; sez. 5, 26/01/2010 n. 11288, Natali, RV 246361; cfr. anche Corte Costituzionale ord. n. 97 del 11/03/2009 e 301 del 23/09/2009). Dalla natura di sanzione penale della confisca per equivalente deriva altresi’ la inapplicabilita’ dell’istituto nei confronti di un soggetto diverso dall’autore del reato ex articolo 27 Cost., comma 1.

A tale conclusione sono pervenute anche le SSUU 18374/2013 Rv. 255037 che hanno appunto, ribadito che la confisca per equivalente ha natura eminentemente sanzionatoria e, quindi, non essendo estensibile ad essa la regola dettata per le misure di sicurezza dall’articolo 200 c.p., non si applica ai reati commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge citata.

E’ stato, peraltro, osservato e precisato (Cass. 25490/2014 Rv. 259184) che la data di acquisto dei beni oggetto del provvedimento ablativo, e’ del tutto irrilevante ai fini della suddetta problematica, sia perche’ trattasi di elemento non contemplato dalla norma, sia perche’ il principio di irretroattivita’ in materia penale attiene al momento della condotta e non invece al tempo ed alle modalita’ di acquisizione dei beni destinatari in concreto della sanzione. Sebbene alla confisca per equivalente – nella specie introdotta nel dicembre del 2007 con il cit. Decreto Legislativo – debba attribuirsi natura eminentemente sanzionatoria (come tale soggetta al principio di cui all’articolo 2 c.p.) la irretroattivita’ deve intendersi riferita al fatto di reato (per cui non si applica ai reati commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge citata; cfr. Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami, Rv. 255037) e non certo alla data di acquisizione dei beni su cui cade la sanzione.

Il che, in pratica, nel caso di specie, comporta che:

a) se il reato fu commesso prima del 29/12/2007 (data di entrata in vigore dell’articolo 648 quater c.p.), il sequestro per equivalente non avrebbe potuto essere disposto;

b) se, invece, il reato fu commesso dopo il 29/12/2007, il sequestro per equivalente puo’ essere sicuramente ordinato sui beni in possesso dell’indagato essendo del tutto irrilevante se quei beni furono acquistati in epoca antecedente alla commissione del reato e, quindi, con esso non abbiano alcuna pertinenzialita’.

Nel caso di specie, il tribunale ha avuto ben presente la suddetta problematica in quanto, accogliendo parzialmente il ricorso degli indagati (OMISSIS) e (OMISSIS), ha limitato il sequestro “alle somme movimentate successivamente alla data del 29 dicembre 2007 e limitatamente al periodo di contestazione e condanna (OMISSIS) S.r.l. al pagamento delle spese del procedimento”, proprio perche’ “le indagini espletate dalla GdF di Seveso nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) sul punto non hanno per contro specificato quali siano le somme movimentate successivamente all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 231 del 2007, pur avendo indicato movimentazioni fino al 2012. Pertanto il sequestro dovra’ essere confermato nei limiti delle somme movimentate successivamente a tale data e limitatamente al periodo di contestazione”.

Di conseguenza, anche sotto questo profilo la doglianza va disattesa con conseguente condanna di tutti i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

RIGETTA i ricorsi e CONDANNA i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

MILANO VICENZA COMO BOLOGNA VENENZIA VICENZA AVVOCATO ESPERTO REATI TRIBUTARI Sequestro per equivalente di somme – Amministratore di società – Reati tributari ex art 2 dlvo 74/2000 – Frode fiscale – Concorso – Fumus commissi delicti – Sussistenza – Beni nella disponibilità dell’imputato – Confisca – Profilo della pertinenzialità delle somme – Sussistenza – Decreto di sequestro preventivo – Individuazione specifica dei beni sottoposti al vincolo – Necessità – Non sussiste – Possibilità di individuazione dei beni ad opera degli organi deputati alla esecuzione del provvedimentoMILANO VICENZA COMO BOLOGNA VENENZIA VICENZA AVVOCATO ESPERTO REATI TRIBUTARI Sequestro per equivalente di somme – Amministratore di società – Reati tributari ex art 2 dlvo 74/2000 – Frode fiscale – Concorso – Fumus commissi delicti – Sussistenza – Beni nella disponibilità dell’imputato – Confisca – Profilo della pertinenzialità delle somme – Sussistenza – Decreto di sequestro preventivo – Individuazione specifica dei beni sottoposti al vincolo – Necessità – Non sussiste – Possibilità di individuazione dei beni ad opera degli organi deputati alla esecuzione del provvedimentovvvvvvvvvv

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Originally posted 2019-02-16 16:59:41.