il reato di autoriciclaggio
la legge n. 186 del 15 dicembre 2014 ha introdotto, con decorrenza 1° gennaio 2015, il delitto di autoriciclaggio.
La ratio dell’autoriciclaggio, per come è configurata la norma, sembra quella di evitare inquinamenti dell’economia legale e, quindi, di sanzionare l’autore del delitto presupposto che autoricicli i proventi del delitto precedentemente commesso.
Il delitto di trasferimento fraudolento di valori, di cui all’art. 12-quinquies del D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (convertito, con modificazioni, in l. 7 agosto 1992, n. 356), concorre con il delitto previsto dall’art. 648-ter1 cod. pen., in quanto la condotta di autoriciclaggio non presuppone e non implica che l’autore di essa ponga in essere anche un trasferimento fittizio ad un terzo dei cespiti rivenienti dal reato presupposto. (In motivazione, la S.C. ha altresì osservato che il coinvolgimento necessario di un soggetto “prestanome” impedisce di ricomprendere tale ulteriore condotta in quelle operazioni idonee ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni, indicate nel predetto art. 648-ter1 e riferibili al solo soggetto agente del reato di autoriciclaggio o a chi si muova per lui senza aver ricevuto autonoma investitura formale).
Non integra il delitto di autoriciclaggio, di cui all’art. 648-ter.1 cod. pen., l’impiego del denaro provento di delitto in puntate al gioco del lotto, non potendosi ricondurre detta condotta alle attività “speculative” incriminate dalla norma, che si caratterizzano per la gestione del rischio secondo criteri razionali ed economici, orientati a minimizzare le occasioni di perdita e a massimizzare quelle di profitto.
Art. 648-ter.1. c.p. -Autoriciclaggio
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Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
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Si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.
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Si applicano comunque le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso con le condizioni o le finalità di cui all’articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.
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Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale.
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La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell’esercizio di un’attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale.
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La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l’individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto.
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Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648.
risulta chiaramente non contestabile nel caso in esame perché il fatto risulta essere stato compiuto prima della introduzione della previsione normativa che ha codificato la fattispecie penale di cui all’art. 648-ter. 1 c.p. introdotta solo con la L. 15 dicembre 2014 n. 186; invero, posto che l’autoriciclaggio è reato che si consuma nel momento in cui l’autore del reato presupposto pone in essere le condotte di impiego, sostituzione o trasformazione del denaro o dei beni costituenti oggetto materiale del delitto presupposto ed è quindi fattispecie essenzialmente istantanea, nel caso in esame la condotte di impiego dell’azienda oggetto materiale della bancarotta che vengono sempre contestate sotto il profilo dell’art. 648-ter. 1 c.p., sono state commesse prima dell’1 gennaio 2015.
il reato di autoriciclaggio la legge n. 186 del 15 dicembre 2014 ha introdotto, con decorrenza 1° gennaio 2015, il delitto di autoriciclaggio.La Suprema Corte, in tema di individuazione del momento consumativo della analoga fattispecie di riciclaggio, ha già avuto modo di affermare che il delitto di riciclaggio si consuma con la realizzazione dell’effetto dissimulatorio conseguente alle condotte tipiche previste dall’art. 648-bis c.p., comma 1, (sostituzione, trasferimento o altre operazioni volte ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di denaro, beni o altre utilità), non essendo invece necessario che il compendio ‘ripulito’ sia restituito a chi l’aveva movimentato (Sez. 2, n. 1857 del 16/11/2016, dep. 2017, Ferrari, Rv. 269316).
Nell’affermare tale principio, si è fatta sostanziale applicazione delle regole già dettate in relazione alla fattispecie generale dei delitti contro il patrimonio che punisce la movimentazione del profitto illecito derivante dalla consumazione di un delitto presupposto e cioè la ricettazione. Anche in tema di ricettazione, infatti, si è affermato come il delitto in parola abbia carattere istantaneo e si consumi nel momento in cui l’agente ottenga il possesso della cosa (Sez. 2, n. 19644 del 08/04/2008, Di Gabriele, Rv. 240406).
RAPPORTI TRA REATO BANCAROTTA E AUTORECICLAGGIO
come evincibile dal dato letterale (e come sostenuto da Sez. 2, n. 33074 del 14/07/2016, Babuleac e altro, Rv. 267459, in motivazione), la norma sull’autoriciclaggio punisce soltanto quelle attività di impiego, sostituzione o trasferimento di beni od altre utilità commesse dallo stesso autore del delitto presupposto che abbiano però la caratteristica precipua di essere idonee ad ‘ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa’.
Il dettato normativo, dunque, induce a ritenere che si tratti di fattispecie di pericolo concreto, dal momento che esso non lascia dubbi circa la necessità che il giudice penale sia costretto a valutare l’idoneità specifica della condotta posta in essere dall’agente ad impedire l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni. Ne consegue, che per la configurabilità del reato di autoriciclaggio, si richiede una condotta dotata di particolare capacità dissimulatoria, idonea a provare che l’autore del delitto presupposto abbia effettivamente voluto attuare un impiego finalizzato ad occultare l’origine illecita del denaro o dei beni oggetto del profitto, sicché vengono in rilievo tutte le condotte di sostituzione che avvengono attraverso la reimmissione nel circuito economico-finanziario ovvero imprenditoriale del denaro o dei beni di provenienza illecita, finalizzate a conseguire un concreto effetto dissimulatorio che sostanzia il quid pluris o ‘segmento ulteriore’ che differenzia la condotta di godimento personale, insuscettibile di sanzione, dell’occultamento del profitto illecito, penalmente rilevante (cfr., Sez. 2, n. 30401 del 07/06/2018, Ceoldo, Rv. 272970).
La riprova della necessità di questo quid pluris si ricava in modo plastico osservando proprio i rapporti tra autoriciclaggio e bancarotta: come già affermato dalla giurisprudenza, il ritenere punibile come autoriciclaggio il mero trasferimento delle somme distratte verso imprese (sul solo presupposto della fisiologica destinazione delle medesime all’operatività aziendale di queste ultime), finirebbe per sanzionare penalmente due volte la stessa condotta quando le somme sottratte alla garanzia patrimoniale dei creditori sociali siano dirette verso imprenditori, generando, rispetto a tale situazione specifica, un’ingiustificata sovrapposizione punitiva tra la norma sulla bancarotta e quella di cui all’art. 648-ter. 1 c.p. (Sez. 5, n. 8851 del 01/02/2019, Petricca, Rv. 275495).
Originally posted 2019-12-11 18:38:02.