RAVENNA FORLI CESENA BOLOGNA REATI TRIBUTARI SEQUESTRABILE1 CASA
Sì che, in definitiva, va ribadito il principio dell’inapplicabilità del limite dell’espropriazione nel procedimento penale per reati tributari, anche in ragione del fatto che, a norma dell’art. 2740 cod. civ., il debitore risponde dell’adempimento delle con tutti i suoi beni presenti e futuri, e che le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge. Che, in specie, non sussiste.
Sì che, in definitiva, va ribadito il principio dell’inapplicabilità del limite dell’espropriazione nel procedimento penale per reati tributari, anche in ragione del fatto che, a norma dell’art. 2740 cod. civ., il debitore risponde dell’adempimento delle con tutti i suoi beni presenti e futuri, e che le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge. Che, in specie, non sussiste.
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5608 Anno 2021 Presidente: DI NICOLA VITO Relatore: CERRONI CLAUDIO Data Udienza: 20/10/2020
In proposito, l’impugnazione ha in particolare eccepito l’insussistenza dell’elemento psicologico. Vero è infatti che, in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al fumus del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della fattispecie contestata; ne consegue quindi che lo stesso giudice può rilevare anche il difetto dell’elemento soggettivo del reato, purché esso emerga ictu ()cui/ (Sez. 2, n. 18331 del 22/04/2016, Iommi e altro, Rv. 266896; cfr. Sez. 3, n. 26007 del 05/04/2019, Pucci, Rv. 276015). Ed in specie – data anche la fisiologica contiguità della ricorrente col coniuge legale rappresentante della società, di cui la stessa ricorrente è tra l’altro titolare di quote pari al 49 per cento – detta condizione di carenza certamente non si evince con nettezza in questa sede. 4.4. Per quanto concerne l’ultimo motivo di ricorso, questa Corte non ha motivo di discostarsi da quanto già osservato da Sez. 3, n. 8995 del 07/11/2019, dep. 2020, Piscopo, Rv. 278275, secondo cui, in tema di reati tributari, il limite alla espropriazione immobiliare previsto dall’art. 76, comma 1, lett. a), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nel testo introdotto dall’art. 52, comma 1, lett. g), del d.l. 21 giugno 2013, n. 69 (convertito, con modificazioni, in legge 9 agosto 2013, n. 98), opera solo nei confronti dell’Erario, per debiti tributari, e non di altre categorie di creditori, riguarda l’unico immobile di proprietà, e non la “prima casa” del debitore, e non costituisce un limite all’adozione né della confisca penale, sia essa diretta o per equivalente, né del sequestro preventivo ad essa finalizzato (in specie appunto si trattava della confisca per equivalente dell’abitazione dell’indagato, quale profitto del delitto di cui all’art. 2 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74). In proposito, infatti, detta disposizione trova applicazione esclusivamente nel processo tributario e pertanto impedisce il sequestro preventivo dell’abitazione dell’indagato solo in tale ristretto ambito (cfr. Sez. 5, n. 48616 del 20/09/2018, M., Rv. 274145).
Ciò posto, l’indicazione di elementi passivi fittizi nella dichiarazione, avvalendosi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, anziché relative ad operazioni oggettivamente inesistenti, non incide sulla configurabilità del reato di dichiarazione fraudolenta previsto dall’art. 2 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, il quale, nel riferirsi all’uso di fatture o altri documenti concernenti operazioni inesistenti, non distingue tra quelle che sono tali dal punto di vista oggettivo o soggettivo (Sez. 3, n. 4236 del 18/10/2018, dep. 2019, Di Napoli, Rv. 275692), in quanto oggetto di repressione penale è ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale (così Sez. 3, n. 1998 del 15/11/2019, dep. 2020, Moiseev, Rv. 278378). In tal senso, l’ordinanza impugnata ha descritto gli estremi della cd. frode carosello cui in tesi la S.C.M. Trading International ha pienamente partecipato traendone utile sotto forma di indebito risparmio di imposizione. Al riguardo il Tribunale ha evidenziato quanto concretamente emerso (quantomeno in relazione alla documentazione anche telematica, e riferibile alle cd. cartiere, rinvenuta nella sede sociale della S.C.M., che dava altresì conto del diretto coinvolgimento di una di queste in frodi carosello, nonché delle conseguenti inibitorie amministrative) circa il consapevole illecito utilizzo di enti cd. cartiere, privi di qualsivoglia consistenza aziendale ed interposti fittiziamente nelle fisiologiche operazioni commerciali al solo fine di consentire l’evasione fiscale. Tant’è che le considerazioni svolte in ricorso in realtà appaiono destinate nella loro totalità (anche in ordine al profitto conseguito e all’elemento psicologico del reato) a divenire le difese volte a contrastare nella sede debita l’impostazione accusatoria. 4.3. In relazione al secondo motivo di impugnazione, è stato correttamente evocato il principio in forza del quale è configurabile il concorso nel reato di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000 di colui che – pur essendo estraneo e non rivestendo cariche nella società a cui si riferisce la dichiarazione fraudolenta – abbia, in qualsivoglia modo, partecipato a creare il meccanismo fraudolento che ha consentito all’amministratore della società, sottoscrittore della dichiarazione 4 Corte di Cassazione – copia non ufficiale fraudolenta, di avvalersi della documentazione fiscale fittizia (Sez. 3, n. 14815 del 30/11/2016, dep. 2017, Palmiero, Rv. 269650). In proposito, l’impugnazione ha in particolare eccepito l’insussistenza dell’elemento psicologico. Vero è infatti che, in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al fumus del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della fattispecie contestata; ne consegue quindi che lo stesso giudice può rilevare anche il difetto dell’elemento soggettivo del reato, purché esso emerga ictu ()cui/ (Sez. 2, n. 18331 del 22/04/2016, Iommi e altro, Rv. 266896; cfr. Sez. 3, n. 26007 del 05/04/2019, Pucci, Rv. 276015). Ed in specie – data anche la fisiologica contiguità della ricorrente col coniuge legale rappresentante della società, di cui la stessa ricorrente è tra l’altro titolare di quote pari al 49 per cento – detta condizione di carenza certamente non si evince con nettezza in questa sede. 4.4. Per quanto concerne l’ultimo motivo di ricorso, questa Corte non ha motivo di discostarsi da quanto già osservato da Sez. 3, n. 8995 del 07/11/2019, dep. 2020, Piscopo, Rv. 278275, secondo cui, in tema di reati tributari, il limite alla espropriazione immobiliare previsto dall’art. 76, comma 1, lett. a), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nel testo introdotto dall’art. 52, comma 1, lett. g), del d.l. 21 giugno 2013, n. 69 (convertito, con modificazioni, in legge 9 agosto 2013, n. 98), opera solo nei confronti dell’Erario, per debiti tributari, e non di altre categorie di creditori, riguarda l’unico immobile di proprietà, e non la “prima casa” del debitore, e non costituisce un limite all’adozione né della confisca penale, sia essa diretta o per equivalente, né del sequestro preventivo ad essa finalizzato (in specie appunto si trattava della confisca per equivalente dell’abitazione dell’indagato, quale profitto del delitto di cui all’art. 2 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74). In proposito, infatti, detta disposizione trova applicazione esclusivamente nel processo tributario e pertanto impedisce il sequestro preventivo dell’abitazione dell’indagato solo in tale ristretto ambito (cfr. Sez. 5, n. 48616 del 20/09/2018, M., Rv. 274145). Sì che, in definitiva, va ribadito il principio dell’inapplicabilità del limite dell’espropriazione nel procedimento penale per reati tributari, anche in ragione del fatto che, a norma dell’art. 2740 cod. civ., il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, e che le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge. Che, in specie, non sussiste. 5. L’impugnazione si presenta quindi complessivamente infondata. Ne consegue il rigetto dei ricorsi, con la
Originally posted 2021-04-16 16:48:37.