Fallimento – Bancarotta fraudolenta – Condotta dell’amministratore – Prelievi somme dalle casse sociali – Pagamento di competenze – Compenso degli amministratori di società di capitali – Delibera assembleare
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Ai fini della corretta qualificazione penale (come bancarotta fraudolenta per distrazione o come bancarotta preferenziale) della condotta dell’amministratore che si appropri di somme della società poi fallita invocandone la natura di compensi, occorre considerare come dal rapporto di “immedesimazione organica” che lo lega alla società non discenda automaticamente il diritto al compenso per l’attività gestoria, che deve essere previsto e determinato dai soci (e, nel caso di società di capitali, dall’assemblea sociale). Di conseguenza, in presenza di prelievi privi ex ante di un valido titolo giuridico e rimasti privi di giustificazione causale, la condotta è da ricondurre nell’alveo della (più grave) fattispecie di bancarotta fraudolenta per distrazione.
Cass. pen. n. 31703/2015
In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la distrazione di un ramo di azienda è configurabile solo in caso di cessione avente ad oggetto, unitariamente, oltre che i singoli beni e rapporti giuridici, anche l’avviamento riferibile a tale autonoma organizzazione produttiva. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l’ordinanza del Tribunale del riesame che aveva annullato il sequestro preventivo di un intero complesso aziendale, che si ipotizzava costituisse l’oggetto di una cessione fittizia, rilevando come nella specie, pur essendovi una distrazione di veicoli, dei dipendenti, di denaro e di locali della società cedente successivamente fallita, non potesse configurarsi, in assenza della cessione dell’avviamento, una distrazione dell’intera azienda).
Cass. pen. n. 26458/2015
In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la soppressione, a seguito della modifica dell’art. 2478 c.c. recata dall’art. 18 del D.L. n. 185 del 2008 conv. nella l. n. 2 del 2009, dell’obbligo per le società a responsabilità limitata di tenere il libro dei soci, non incide sulla configurabilità del reato in relazione alle condotte tenute nel periodo precedente alla modifica normativa, posto che l’art. 216, comma primo n. 2, della l. fall. punisce la sottrazione, distruzione e falsificazione dei libri e delle scritture che il fallito è obbligato a tenere secondo la normativa vigente al momento della gestione della impresa, nel periodo antecedente al fallimento, al fine di consentire la ricostruzione del suo patrimonio e dei fatti gestionali a tutela del soddisfacimento degli interessi dei creditori, e che, quindi, le disposizioni del c.c. costitutive degli obblighi contabili si pongono esclusivamente come elemento normativo della fattispecie.
Cass. pen. n. 24324/2015
In caso di fallimento, integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione l’appropriazione indebita da parte dell’amministratore di somme di spettanza della società, ancorché l’amministratore vanti un credito nei confronti della società stessa, poiché la compensazione e, quindi, la eventuale sussistenza della bancarotta preferenziale, può essere invocata solo in presenza di un debito nei confronti della società maturato per cause lecite.
Cass. pen. n. 17084/2015
Il termine di prescrizione del reato di bancarotta preferenziale prefallimentare decorre dal momento in cui interviene la sentenza dichiarativa di fallimento.
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In tema di bancarotta fraudolenta documentale, per la configurazione delle ipotesi di reato di sottrazione, distruzione o falsificazione di libri e scritture contabili previste dall’articolo 216, primo comma n. 2 prima parte, l. fall. è necessario il dolo specifico, consistente nello scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.
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In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, la restituzione del bene distratto a seguito di richiesta del curatore non esclude la sussistenza dell’elemento materiale del reato, essendosi questo già perfezionato al momento del distacco del bene dal patrimonio del fallito.
Cass. pen. n. 15951/2015
In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale post-fallimentare impropria, la condotta distrattiva, non potendo essere compiuta interamente dall’amministratore, ad eccezione dei casi in cui la disponibilità dei beni dell’impresa fallita è conservata dallo stesso, si manifesta, di regola, nella forma del concorso di persone nel reato, poiché è necessario il contributo dei soggetti che, in quanto titolari di funzioni nella procedura concorsuale, sono in grado di adottare gli atti dispositivi dei beni del fallimento o di consentire il compimento della azioni distruttive. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva affermato il concorso nel reato dell’amministratore della società fallita, del curatore fallimentare e del giudice delegato, in relazione ad una transazione, autorizzata da quest’ultimo, con la quale, realizzandosi effetti pregiudizievoli per i creditori, erano state alienate l’azienda e gli immobili dell’impresa a due società gestite dallo stesso amministratore della fallita).
Cass. pen. n. 5317/2015
CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 30105 depositata il 4 luglio 2018
Fallimento – Bancarotta fraudolenta – Condotta dell’amministratore – Prelevi somme dalle casse sociali – Pagamento di competenze – Compenso degli amministratori di società di capitali – Delibera assembleare
fatto
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Ancona ha confermato la condanna, pronunziata in giudizio abbreviato, di P.A. per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e bancarotta semplice documentali commessi nella qualità di amministratore della P. s.r.l., fallita nel corso del 2008.
Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo dei propri difensori articolando quattro motivi.
Con il primo deduce errata applicazione della legge penale in merito alla configurabilità del reato di bancarotta distrattiva. In proposito eccepisce come l’appropriazione da parte del P. di somme della fallita altro non sia se non che il pagamento delle spettanze dovutegli per la sua opera di amministratore, statutariamente previste, mentre irrilevante sarebbe che il suo ammontare non fosse stato deliberato dall’assemblea attesa l’entità modesta dei prelievi, se rapportati al periodo in cui l’imputato ha prestato la sua attività, come parimenti irrilevante che gli stessi prelievi non siano stati contabilizzati. Inoltre la Corte territoriale non avrebbe tenuto, ai fini dell’eventuale configurabilità della fattispecie di bancarotta riparata, del fatto che nel corso della vita della società il P. aveva effettuato pagamenti e versamenti in suo favore.
Con il secondo motivo il ricorrente denunzia ulteriore violazione della legge sostanziale in merito al mancato accertamento di un nesso di causalità tra le contestate condotte detrattive e il dissesto della fallita. Con il terzo motivo vengono dedotti nuovamente l’errata applicazione della legge penale e correlati vizi della motivazione in merito alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, in realtà da escludersi proprio in ragione dei versamenti e dei pagamenti effettuati dall’imputato. Analoghi vizi vengono prospettati anche con il quarto ed ultimo motivo in merito al mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena, negata in ragione di precedenti penali non più ostativi.
Con memoria trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata il 29 maggio 2018 i difensori dell’imputato hanno ulteriormente sviluppato le doglianze svolte con il quarto motivo di ricorso.
LA SUPREMA CORTE RITIENE INFONDATO IL RICORSO 2. Va premesso che, come con il ricorso, anche con l’atto d’appello l’imputato non ha proposto impugnazione avverso la condanna per il reato di bancarotta semplice documentale, divenuta dunque definitiva, come correttamente evidenziato nella sentenza gravata, già prima della pronunzia di quest’ultima. Ciò rilevato, i motivi di ricorso devono ritenersi manifestamente infondati e generici.
integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore che prelevi somme dalle casse sociali, a titolo di pagamento di competenze, solo genericamente indicate nello statuto, in quanto la previsione di cui all’art. 2389 c.c. stabilisce che la misura del compenso degli amministratori di società di capitali sia determinata con delibera assembleare (ex multis Sez. 5, n. 50836 del 3 novembre 2016, Barbato, Rv. 268433; Sez. 5, n. 11405/15 del 12 giugno 2014, Clerici e altro, Rv. 263056).
Invero anche laddove effettivamente dovuta, la retribuzione dell’amministratore deve essere certa non solo nell ‘an, ma altresì nel quantum, mentre la liquidazione della sua entità non è rimessa allo stesso percettore, bensì, per l’appunto, o allo statuto o all’organo assembleare. Condizioni che nel caso di specie non ricorrono, atteso che non risulta alcuna deliberazione di quest’ultimo – né il ricorso ha sostenuto che la stessa esista – ovvero che lo statuto prevedesse l’ammontare del compenso, che infatti il ricorrente calcola in maniera del tutto astratta e sommaria, rivelando come, a tutto concedere, l’imputato avrebbe provveduto ad una indebita “autoliquidazione” dei suoi compensi, del tutto ingiustificabile, anche solo agli eventuali fini di una derubricazione del fatto nella meno grave fattispecie di bancarotta preferenziale. E’ infatti necessario ricordare come questa Corte abbia precisato che commette, per l’appunto, il reato di bancarotta per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale l’amministratore di una società di capitali che preleva dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti da lui vantati per il lavoro prestato nell’interesse della società, senza l’indicazione di dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata valutazione, quali, ad esempio, gli impegni orari osservati, gli emolumenti riconosciuti a precedenti amministratori o a quelli di società del medesimo settore, i risultati raggiunti (Sez. 5, n. 49509 del 19 luglio 2017, Allia, Rv. 271464).
SEGUE IL RIGETTO DEL RICORSO E LA CONFERMA DELLA CONDANNA
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Originally posted 2019-07-07 19:21:54.