DANNO IATROGENO RESPONSABILITA’ MEDICA

DANNO IATROGENO RESPONSABILITA’ MEDICA

DANNO IATROGENO RESPONSABILITA’ MEDICA

Va in proposito richiamato l’insegnamento della Suprema Corte che ha precisato come: “In materia di inadempimento contrattuale, l’obbligazione di risarcimento del danno configura un debito di valore, sicché, qualora si provveda all’integrale rivalutazione del credito relativo al maggior danno fino alla data della liquidazione, secondo gli indici di deprezzamento della moneta, gli interessi legali sulla somma rivalutata dovranno essere calcolati dalla data della liquidazione, poiché altrimenti si produrrebbe l’effetto di far conseguire al creditore più di quanto lo stesso avrebbe ottenuto in caso di tempestivo adempimento della obbligazione.” (Cass. 6545/16).

In merito all’eccezione relativa alla legittimazione a richiedere l’intero danno iure successionis, in ragione della presenza di altri coeredi, si osserva che ciascun soggetto partecipante alla comunione può esercitare singolarmente le azioni a vantaggio della cosa comune senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri partecipanti, perchè il diritto di ciascuno di essi investe la cosa comune nella sua interessa (cfr. Cass. 22 ottobre 1998 n. 10478, 17 novembre 1999 n. 12767, 28 giugno 2001 n. 8842, 6 ottobre 2005 n. 19460). In particolare, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, hanno chiarito che “ogni coerede può agire per ottenere la riscossione dell’intero credito, non ponendosi la necessità della partecipazione al giudizio di tutti gli eredi del creditore, atteso che la pronuncia sul diritto comune fatto valere dallo stesso spiega i propri effetti nei riguardi di tutte le parti interessate, restando peraltro estranei all’ambito della tutela del diritto azionato i rapporti patrimoniali interni tra coeredi, destinati ad essere definiti con la divisione” (Cass. SS. UU. 28.11.2007 n. 24567).

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L’imputabilità, infatti, è il presupposto soggettivo indispensabile per affermare la responsabilità dell’agente e presuppone l’accertamento di una condizione di rimproverabilità verificabile processualmente (cfr. Sez. U, n. 9163 del 21/05/2005, Raso, Rv. 230317).

I danni subiti dalla de cuius derivano da responsabilità contrattuale della struttura che, secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione, accettando il paziente e fornendo allo stesso assistenza sanitaria-ospedaliera, conclude con il medesimo un contratto di prestazione d’opera atipico di “spedalità”, in relazione al quale adempie avvalendosi di ausiliari della cui opera risponde ex art. 1228 c.c. (Cass. 8826/2007).

Il risarcimento per equivalente del danno biologico (inteso come “lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico legale che esplica incidenza negativa sulla attività quotidiane e su aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato indipendentemente dalla capacità di produrre reddito” – D.Lgs 209/2005) ha condotto, come noto, alla redazione da parte degli uffici giudiziari di tabelle contenenti parametri di liquidazione, al fine di limitare la discrezionalità del singolo giudice.

La Corte di Cassazione, recepita tale esigenza, ha indicato quale criterio di liquidazione del danno biologico – in caso di lesioni macropermanenti – l’utilizzo delle tabelle elaborate dal Tribunale di Tuttavia, la difficoltà alla base dell’utilizzo del sistema tabellare ordinario per la liquidazione del danno cd. intermittente risiede nel fatto che detto criterio di liquidazione considera il fattore anagrafico come elemento significativo per calcolare l’aspettativa di vita, aspettativa che è considerata in relazione ad un evento ( il decesso) ancora incerto; in buona sostanza il punto percentuale di invalidità tabellare viene calcolato anche sul presupposto che la persona danneggiata sia ancora in vita di modo che nel caso di liquidazione del danno intermittente l’applicazione al sistema tabellare sarebbe improprio proprio perché il verificarsi del decesso confligge con un dato fondante il sistema ( e cioè vale ribadirlo che il danneggiato sia ancora in vita al momento del risarcimento e che il danno all’integrità psico-fisica permanga per un determinato lasso di tempo sino alla morte, così “permanendo” l’effetto lesivo sulla persona).

La Suprema Corte ha dunque ritenuto di dare rilievo alla circostanza, apprezzabile come dato di fatto, che in tali casi sarebbe necessario operare una riduzione del risarcimento non tanto avuto riguardo al danno biologico “statico”, quanto a quella del danno biologico “globale” rispetto al fatto oggettivo che, a fronte della morte sopravvenuta per causa diversa, tale pregiudizio si estingue.

La Suprema Corte, infatti, ha affermato che “quando la durata della vita futura cessa di essere un valore ancorato alla probabilità statistica e diventa un dato noto per essere il soggetto deceduto, allora il danno biologico va correlato alla durata della vita effettiva” (cfr. Cass. n. 22338/2007, n. 679/2016).

A seguito di tale approdo giurisprudenziale di legittimità ormai maggioritario, pur registrandosi un isolato orientamento contrario alla riduzione del risarcimento nel caso di danno biologico “intermittente”, numerose sono le posizioni adottate dai giudici di merito finalizzate ad individuare un criterio di liquidazione che sia il più aderente possibile all’interpretazione della Corte di legittimità.

Tra i vari prospettati dalla giurisprudenza di merito questo giudicante ritiene di aderire a quello che, senza discostarsi dagli approdi tabellari, frutto di diversi criteri che raccolgono le plurime istanze in cui si estrinseca la lesione alla salute, pur consente di pervenire ad una liquidazione del danno più prossima al soddisfacimento dell’integralità del risarcimento ma che al contempo tenga conto, secondo un criterio statistico matematico, del danno che si riverbera in relazione al tempo trascorso

a seguito dell’intervento ed alle condizioni psico fisiche della danneggiata indipendentemente dal fattore anagrafico fino a quando la persona sia viva.
Si ritiene dunque di optare per quel criterio – elaborato dall’Osservatorio sulla giustizia civile di Milano – che utilizza come parametro il risarcimento annuo mediamente corrisposto ad ogni percentuale invalidante secondo i valori monetari individuati nelle tabelle di Milano, valore che corrisponde al rapporto tra il risarcimento medio (cioè la media matematica per ogni percentuale di invalidità tra il quantum liquidabile ad un soggetto di anni uno e quello liquidabile ad un soggetto di anni 100) e l’aspettativa di vita media (cioè la vita potenziale di un soggetto di età compresa tra anni uno e anni 100 a prescindere dal sesso di appartenenza). Si ottiene cioè un valore (risarcimento medio annuo) che in sostanza è la distribuzione annua, in funzione dell’aspettativa di vita media, della massa risarcitoria media per ogni percentuale invalidante.

Tenendo conto della maggior incidenza della lesione nei primi anni in cui essa si manifesta essendo ivi più marcata ed apprezzabile la differenza tra il prima rispetto alla lesione ed il dopo, potendosi ragionevolmente far conto su di una dote di adattamento progressivo alla mutata situazione psicofisica della propria persona, appare corrispondente a tale impostazione il criterio che si basa sulla individuazione dell’importo di risarcimento annuo mediamente corrisposto rispetto ad ogni punto percentuale stabilito dalle tabelle di liquidazione 2014 del Tribunale di Milano; tale dato consentirebbe di liquidare il danno non patrimoniale per gli anni successivi ai primi e per tutti quelli di vita effettiva del danneggiato in modo anche prevedibile. Considerata, poi la maggiore lesività nei primi due anni successivi al fatto illecito, lo stesso dato relativo al valore del risarcimento medio annuo verrebbe aumentato rispettivamente del 100% e del 50%.

Le peculiari caratteristiche del caso concreto possono poi essere apprezzate sotto il profilo della personalizzazione del danno rendendo così il più possibile integrale il risarcimento.

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Questo Tribunale ha già avuto modo di affrontare la questione relativa all’imputabilità risarcitoria del danno iatrogeno incrementativo sottolineando – con argomentazioni che questo giudice interamente condivide – come si ponga “la necessità di procedere, sotto il profilo della causalità giuridica, ad una selezione, nell’ambito della complessiva situazione di invalidità della parte lesa, delle conseguenze per individuare il danno alla persona oggetto dell’obbligo risarcitorio a carico del medico operante. Principio che inevitabilmente deve riflettersi anche sui criteri liquidatori di esso che non possono prescindere dal rilievo che assume la situazione preesistente sotto due principali profili: a) non può farsi gravare sul medico, in via automatica, una misura del danno da risarcirsi incrementata da fattori estranei alla sua condotta, così come verrebbe a determinarsi attraverso una automatica applicazione di tabelle con punto progressivo, computato a partire, in ogni caso, dal livello di invalidità preesistente; b) la liquidazione va necessariamente rapportata ad una concreta verifica, secondo le allegazione delle parti, delle conseguenze negative “incrementative” subite dalla parte lesa.” (Tribunale Milano, giudice Bichi, sent. 30.10.2013).

Ciò premesso, si ritiene di adottare quale parametro di riferimento per la liquidazione del danno le tabelle elaborate da questo Tribunale e comunemente adottate per la liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c. del danno non patrimoniale derivante da lesione dell’integrità psico/fisica (criterio di liquidazione espressamente sancito dalla Suprema Corte – cfr. Cass. 7/6/2011 n. 12408).

E’ principio di diritto ormai consolidato quello secondo il quale il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, essendo compito del giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nomen iuris attribuitogli. Pertanto, in tema di liquidazione del danno per la lesione del diritto alla salute, nei diversi aspetti o voci in cui tale unitaria categoria si compendia, l’applicazione dei criteri di valutazione equitativa, rimessa alla prudente discrezionalità del giudice, deve consentirne la maggiore approssimazione possibile all’integrale risarcimento, anche attraverso la cd. personalizzazione del danno (Cass.,ss.uu., n. 26972/08).

La Suprema Corte, in una pronuncia richiamata dalla stessa Corte d’Appello, ha da tempo chiarito che, qualora la produzione di un evento dannoso possa apparire riconducibile, sotto il profilo eziologico, alla concomitanza della condotta del sanitario e del fattore naturale rappresentato dalla pregressa situazione patologica del danneggiato (la quale non sia legata all’anzidetta condotta da un nesso di derivazione causale), il giudice deve accertare, sul piano della causalità materiale (rettamente intesa come relazione tra la condotta e l’evento di danno, alla stregua di quanto disposto

dall’art. 1227, comma 1, c.c.), l’efficienza eziologica della condotta rispetto all’evento in applicazione della regola di cui all’art. 41 c.p. (a mente della quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l’azione e l’omissione e l’evento), così da ascrivere l’evento di danno interamente all’autore della condotta illecita, per poi procedere, eventualmente anche con criteri equitativi, alla valutazione della diversa efficienza delle varie concause sul piano della causalità giuridica (rettamente intesa come relazione tra l’evento di danno e le singole conseguenze dannose risarcibili all’esito prodottesi) onde ascrivere all’autore della condotta, responsabile tout court sul piano della causalità materiale, un obbligo risarcitorio che non comprenda anche le conseguenze dannose non riconducibili eziologicamente all’evento di danno, bensì determinate dal fortuito, come tale da reputarsi la pregressa situazione patologica del danneggiato che, a sua volta, non sia eziologicamente riconducibile a negligenza, imprudenza ed imperizia del sanitario” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15991del21/7/2011).

Dalla sentenza TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO PRIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Martina Flamini

 

Originally posted 2018-03-01 11:47:57.