AVVOCATO BOLOGNA TRUFFA CONTRATTUALE
QUANDO E’ INADEMPIMENTO E QUANDO TRUFFA CONTRATTUALE ?
Si resta nell’ambito civilistico del mero inadempimento tutte le volte in cui, a base dell’inadempimento, non ci sia alcuna volontà frodatoria da parte del debitore nel momento in cui assuma l’obbligazione.
Si rientra, invece, in ambito penalistico in tutti i casi in cui il debitore assume un’obbligazione con intento fraudolento ossia con l’intenzione di non adempierla.
L’intento fraudolento è, però, un elemento comune sia alla truffa che all’insolvenza fraudolenta, sicché, secondo la consolidata giurisprudenza, i due reati si distinguono perché nella truffa la frode è attuata mediante la simulazione di circostanze e di condizioni non vere, artificiosamente create per indurre altri in errore, mentre nell’insolvenza fraudolenta la frode è attuata conitore di solvibilità del debitore riflettente un dato di conoscenza o di costume che lo qualifica come un affidamento ben riposto. La dissimulazione, dunque, è una forma minore di inganno in quanto con esso non si induce il soggetto passivo in errore ma lo si mantiene in tale stato. La relazione ministeriale sul progetto del codice penale (II pag. 461) così si esprime: ‘Il progetto trova giusto e meritevole di considerazione il rilievo che non possa prescindersi dalle consuetudini e dalla pratica della vita quotidiana che consigliano e talora obbligano a fidarsi dell’altrui comportamento, dando allo stesso il significato che comunemente gli si attribuisce. Ma riconosce che la ragione della tutela penale ne indica i limiti e le condizioni perché essa è riposta nella necessità di non prescindere dalla fiducia che ispirano certe esteriori manifestazioni che non siano conformi al vero, ossia che dissimulino il vero…
L’indicazione di questo mezzo non solo designa il passaggio dalla semplice slealtà nelle contrattazioni al fatto criminoso preveduto dall’art. 656 (poi divenuto 641) ma distingue altresì questa ipotesi delittuosa dalla truffa, perché è evidente che, ove non si versasse in casi di semplice dissimulazione, ma di uso di veri e propri artifici o raggiri, ricorrerebbe il delitto di truffa e non quello in esame’ (….) l’essenza della frode, nella previsione dell’art. 641 cod. pen. postula che il creditore confidi concretamente nell’adempimento da parte del debitore, ritenendo, per la natura dell’affare, per la condizione soggettiva della controparte o per la modesta entità economica del negozio o per la simultanea concorrenza di tali elementi, che questa sia solvibile. La condotta dissimulatoria non deve pertanto necessariamente consistere in un fatto positivo che, senza assumere le caratteristiche degli artifici o dei raggiri, sia tuttavia tale da guadagnare la fiducia del soggetto passivo, così da vincere la sua normale diligenza nei rapporti contrattuali e da metterlo in condizione di non rendersi conto dello stato di insolvenza dell’agente (in tal senso Cass. 23 marzo 1970, Cottino). Anche il silenzio, invero, consistente nel tenere il creditore all’oscuro dello stato di insolvenza può assumere rilievo a tal fine, quando tale condizione non sia manifesta all’altra parte contraente ed il silenzio su di essa sia legato al preordinato proposito di non adempiere alle obbligazioni assunte (Cass. 26 novembre 1992, Panizzolo; id. 21 ottobre 1985, Bruno; id. 19 novembre 1969, Mazzarelli). Va in proposito precisato che è proprio il comportamento silente dell’agente quello tipicamente idoneo a mantenere il soggetto passivo in errore poiché questo non è indotto dal primo ma è preesistente alla di lui condotta dissimulatoria in quanto la dissimulazione del reale stato di insolvenza dell’agente: ex plurimis Cass. 16723/2015 rv. 263360.
Poiché tale ultimo punto costituisce lo snodo principale del presente processo, è opportuno indugiarvi, riproponendo l’insuperata motivazione addotta dalla SSUU con la sentenza n. 7738/1997, Gueli, che, in merito, osservarono: ‘(….) Oggetto della tutela penale è l’interesse pubblico all’inviolabilità del patrimonio che lo Stato protegge a favore delle persone fisiche o giuridiche che compiano un atto dispositivo a causa di una frode contrattuale. L’insolvenza fraudolenta si distingue dalla truffa perché la frode non viene attuata mediante i mezzi insidiosi dello artificio o del raggiro ma con un inganno rappresentato dello stato di insolvenza del debitore e della dissimulazione della sua esistenza finalizzato all’inadempimento dell’obbligazione, in violazione di norme comportamentali. Si è evidenziato in dottrina che l’essenza della frode nel reato di cui all’art. 641 cod. pen. postula che, al momento della stipulazione, come giudizio di verosimiglianza, il creditore confida nella solvibilità del debitore. Tale convincimento, derivante dalla prassi commerciale o dall’abituale modo di svolgersi di determinati tipi di affari e di convenzioni negoziali tanto più facilmente può formarsi – trovando ingresso al riguardo le massime di esperienza – quanto più modesta sia l’entità economica del negozio. Deve pertanto ritenersi che la dissimulazione attenga ad un convincimento, precostituito, del credprovocato da circostanze obiettive atte a far sorgere un affidamento sulla solvibilità del debitore (….)’
Molte persone restano vittima di truffe contrattuali nel momento in cui vendono o comprano casa ,purtroppo la truffa contrattuale non è episodio isolato
INGIUSTO PROFITTO: in tema di truffa contrattuale, l’ingiusto profitto, con correlativo danno del soggetto passivo, consiste essenzialmente nel fatto costituito dalla stipulazione del contratto:
I PRESUPPOSTI GIURIDICI. NOZIONE: si ha truffa contrattuale allorchè l’agente pone in essere artifici e raggiri al momento della conclusione del negozio giuridico, traendo in inganno il soggetto passivo che viene indotto a prestare un consenso che altrimenti non sarebbe stato dato: ex plurimis Cass. 3538/1980 Rv. 148455 – Cass. 47623/2008 Rv. 242296;
ELEMENTO PSICOLOGICO: nella truffa contrattuale l’elemento che imprime al fatto della inadempienza il carattere di reato è costituito dal dolo iniziale, quello cioè che, influendo sulla volontà negoziale di uno dei contraenti (falsandone, quindi, il processo volitivo avendolo determinato alla stipulazione del negozio in virtù dell’errore in lui generato mediante artifici o raggiri) rivela nel contratto la sua intima natura di finalità ingannatoria:
Cass. 7066/1981 Rv. 149803 – Cass. 4423/1983 Rv. 164164;
ARTIFICI E RAGGIRI: ad es. sussistono gli artifici e raggiri, idonei ad integrare il delitto di truffa, nell’ipotesi in cui l’imputato, prima della conclusione di un contratto di compravendita, al fine di indurre in errore la persona offesa sulla sua solvibilità, consegni, quale acconto, dapprima un assegno andato a buon fine e poi altri due assegni, la cui provvista, esistente al momento dell’emissione, venga ritirata prima del pagamento: Cass. 532/1981 Rv. 151705;
INGIUSTO PROFITTO: in tema di truffa contrattuale, l’ingiusto profitto, con correlativo danno del soggetto passivo, consiste essenzialmente nel fatto costituito dalla stipulazione del contratto:
di conseguenza, ai fini della sussistenza del suddetto elemento materiale diventa del tutto irrilevante che le prestazioni siano state equilibrate ossia che si sia pagato il giusto corrispettivo della controprestazione effettivamente fornita; Cass. 7193/2006 Rv.
233633 -Cass. 47623/2008 Rv. 242296;
DANNO PATRIMONIALE: nella truffa contrattuale il danno patrimoniale non è necessario che sia costituito dalla perdita economica di un bene subita dal soggetto passivo, ma può consistere anche nel mancato acquisto di una utilità economica, che lo stesso si riprometteva di conseguire in conformità alle false prospettazioni dell’agente, da cui sia stato tratto in errore: Cass. 3094 /1978 Rv.
141597;
MOMENTO CONSUMATIVO: il delitto di truffa, nella forma cosiddetta contrattuale, si consuma non al momento in cui il soggetto passivo, per effetto degli artifici o raggiri, assume l’obbligazione della dazione di un bene economico, ma al momento in cui si realizza il conseguimento del bene da parte dell’agente con la conseguente perdita dello stesso da parte della persona offesa. In particolare, ove il pagamento del bene deve avvenire, per pattuizione, in più ratei, il reato si consuma con l’ultimo atto di erogazione: S.U. 18/2000, rv 216429; Cass. 31044/2008 Rv. 240659; Cass. 49932/2012 rv.
254110; Cass. 18859/2012 rv. 252821.
1.2. I RAGGIRI NELLA FASE SUCCESSIVA ALLA STIPULA DEL CONTRATTO. Le suddette regole, come si può notare, si riferiscono alle ipotesi in cui i raggiri o gli artifizi vengano posti in essere nella fase precontrattuale al fine di convincere la vittima a stipulare un contratto che, senza quegli artifizi, non avrebbe stipulato.
Gli artifizi e raggiri, però, possono essere posti in essere da uno dei contraenti a danno dell’altro anche in una fase successiva alla stipula del contratto: in tale ipotesi, occorre porsi il problema del se e in che termini sia configurabile il reato di truffa.
Questa Corte ha affermato il principio secondo il quale “in materia di truffa contrattuale il mancato rispetto da parte di uno dei contraenti delle modalità di esecuzione del contratto, rispetto a quelle inizialmente concordate con l’altra parte, con condotte artificiose idonee a generare un danno con correlativo ingiusto profitto, integra l’elemento degli artifici e raggiri richiesti per la sussistenza del reato di cui all’art. 640 cod. pen.”: Cass. 41073/2004 Rv. 230689.
Nella suddetta sentenza, questa Corte affermò la sussistenza del reato di truffa nel comportamento di un laboratorio di analisi che nell’eseguire gli esami oggetto della convenzione stipulata con la A.S.L. utilizzava reagenti e calibratori scaduti di validità, in quanto tale condotta concretizzava violazioni di specifiche prescrizioni e, comunque, non garantiva la certa rispondenza dei dati di laboratorio alla esatta rappresentazione di quanto lo specifico procedimento di analisi deve al contrario fedelmente evidenziare.
In motivazione, la Corte ebbe cura di precisare quanto segue: “… la dinamica negoziale vive anche della sua esecuzione; sicchè è difficile postulare per essa una sorta di insensibilità a qualsiasi condotta artificiosa che generi danno con correlativo ingiusto profitto, anche nella prospettiva di frustrazione della azioni di risoluzione o annullamento che potrebbero, in ipotesi, altrimenti essere fatte valere – è assorbente il rilievo che tali approdi ermeneutici non possono certo valere nei casi – come nella specie –
di contratti di durata di prestazione di servizi in regime di convenzione, rispetto ai quali l’elemento decettivo ben può insorgere con riferimento ad ogni singola prestazione, a fronte della quale insorge l’obbligo di pagamento da parte della azienda conferente il sevizio, senza che occorra presupporre una induzione in errore ex ante, vale a dire sin dalla genesi del rapporto di convenzionamento”.
Il principio enunciato nella citata sentenza non costituisce affatto un novum nella giurisprudenza di questa Corte rinvenendosi precedenti specifici ad es. in Cass. 5579/1998 rv. 210613; Cass. 9323/1988 rv.
179203.
Al fine, però, di evitare equivoci è opportuno focalizzare bene la problematica ed il campo di applicazione del suddetto principio.
Il primo problema che occorre porsi è quello di stabilire cosa si debba intendere per “esecuzione del contratto”.
Com’è ben noto, lo stesso codice civile non disciplina in modo sistematico l’esecuzione del contratto dedicando ad essa alcune norme sparse (art. 1328, comma 1 – art. 1444, comma 2 – art. 1360, comma 2 – art. 1373, comma 2 – art. 1458, comma 1 – art. 1467, comma 1) di cui, sicuramente, la più importante, ai fini che qui interessano, è l’art. 1375 a norme del quale “il contratto dev’essere eseguito in buona fede”.
In via generale, può affermarsi che si ha esecuzione del contratto in tutti quei casi in cui l’attività di una o di entrambe le parti è necessaria perchè il contratto esplichi tutti i suoi effetti.
L’importanza di tale momento nella dinamica del contratto (già giuridicamente concluso), diventa evidente laddove si rifletta sul fatto che vi è tutta una tipologia di contratti in cui la prestazione di una delle parti non è contestuale alla conclusione del contratto.
I CONTRATTI AD ESECUZIONE ISTANTANEA. Vi sono, infatti, contratti ad esecuzione istantanea in cui l’esecuzione avviene, per ciascuno dei contraenti, in un’unica operazione: ad es. vendita di un bene con immediato effetto traslativo, con contestuale consegna della merce da parte del venditore e pagamento del prezzo da parte dell’acquirente. In tali ipotesi, il contratto non solo è concluso ma è anche stato eseguito da entrambe le parti. Il che comporta che l’eventuale inadempimento di una delle parti al contratto, sebbene, in ipotesi, mascherata con artifizi e raggiri, non è idoneo a far configurare l’ipotesi della truffa proprio perchè si tratta di artifizi e raggiri che vengono posti in essere in un momento successivo alla stipula del contratto.
Ad es. se le parti pattuiscono che il pagamento dev’essere eseguito a mezzo di titoli di credito e, poi, questi non vanno a buon fine, anche se il debitore ponga in essere artifizi e raggiri per cercare di tranquillizzare il venditore sulla propria solvibilità e sul fatto che pagherà, tale comportamento non integra gli estremi della truffa perchè è posto in essere in un momento successivo alla stipula del contratto (ormai definitivamente concluso) e, quindi, è del tutto irrilevante trattandosi di una mera inadempienza contrattuale.
In altri termini, in questa tipologia di contratti, il reato di truffa è configurabile solo nel caso in cui gli artifizi e raggiri siano posti in essere nel momento della trattativa essendo finalizzati a trarre in inganno l’altra parte e a convincerla a stipulare un contratto che, senza quella attività decettiva, non avrebbe mai concluso.
L’eventuale attività decettiva successiva alla stipula del contratto (concluso senza alcun artifizio o raggiro), va ritenuta irrilevante in quanto serve solo a “nascondere” l’inadempimento.
Su quest’ultimo punto, è, però, opportuno precisare quanto segue.
Nella pratica, succede, spesso, che l’attività decettiva succitata (artifizi e raggiri successiva alla conclusione del contratto) non si limita solo a “tranquillizzare” il creditore che preme per essere pagato, ma si concretizza anche in ulteriori attività giuridiche come ad es. il ritiro dei titoli di credito non andati a buon fine con altri, o la completa rinegoziazione del pagamento.
Ora, è evidente che, tale ulteriore attività giuridica, ove sia indotta dall’agente con artifizi e raggiri, configura il reato di truffa proprio perchè l’agente induce la vittima a compiere un’attività giuridica che non avrebbe compiuto senza quella condotta decettiva.
In tali casi, quindi, per questa ulteriore e differente condotta, è ipotizzabile senz’altro il reato di truffa, essendo del tutto irrilevante, ai fini penalistici, la controversa problematica civilistica se, in quell’attività, sia o meno ravvisabile un contratto novativo oggettivo.
1.2.2. CONTRATTI AD ESECUZIONE DIFFERITA O CONTINUATA. A conclusione differente deve pervenirsi per quei contratti la cui esecuzione non si esaurisce con la stipula del contratto e cioè:
a) contratti istantanei ad esecuzione differita: si tratta di contratti in cui una delle prestazioni è differita ad un momento successivo alla conclusione del contratto: ad es. vendita (con effetto traslativo immediato) in cui il pagamento del prezzo è frazionato in più rate;
b) contratti di durata in cui le prestazioni stabilite nel contratto non si esauriscono in un’unica operazione: ad es., la locazione, è un contratto ad esecuzione continuata perchè, da una parte, l’obbligo della locazione grava sul locatore per tutta la durata del contratto, e, dall’altra, il conduttore, con cadenza periodica, è tenuto a pagare il canone locatizio; stessa cosa, dicasi, ad es., per il contratto di somministrazione;
c) contratti in pendenza di condizione (sospensiva o risolutiva) in cui è la stessa legge (art. 1358 cod. civ.) che prescrive a colui che si è obbligato o ha alienato un diritto sotto condizione sospensiva, ovvero ha acquistato sotto condizione risolutiva, che, in pendenza della condizione, deve comportarsi secondo buona fede per conservare integre le ragioni dell’altra parte.
In tutti questa diversa tipologia di contratti, a differenza di quelli ad esecuzione istantanea, il reato di truffa, invece, è ipotizzabile anche in tutti i casi in cui l’attività decettiva sia posta in essere anche dopo la stipula del contratto, perchè l’agente, ponendo in essere artifizi e raggiri, non tende a “nascondere” solo il proprio inadempimento, ma, al contrario, tende ad ottenere dall’altra parte contrattuale, prestazioni che questa non avrebbe effettuato se non fosse rimasta vittima di quell’attività fraudolenta.
In altri termini, in queste particolari fattispecie, la truffa è ipotizzabile proprio perchè, sebbene il contratto sia stato giuridicamente concluso, tuttavia le prestazioni da esso derivanti, non si sono esaurite al momento della conclusione del contratto, restando ancora da eseguire; ben si comprende, quindi, il motivo per cui, anche durante la fase dell’esecuzione, è ipotizzabile un’attività decettiva per effetto della quale la vittima effettua prestazioni che, senza quell’attività, era legittimata a non eseguire con conseguente proprio danno e correlativo ingiusto profitto dell’agente relativamente a quella singola prestazione.
Ad es. proprio sulla base di tali principi, è stata ritenuta configurabile una truffa contrattuale – relativamente ad un contratto di locazione – in una fattispecie in cui l’imputato, locatario di un alloggio dell’Istituto Autonomo per le Case Popolari, aveva omesso di comunicare al detto Istituto di essersi procurato l’abitazione altrove e che l’immobile veniva utilizzato da un parente. Questa Corte, infatti, ritenne correttamente configurato il reato di truffa, precisando altresì, che il reato in esame è configurabile, non soltanto nella fase di conclusione del contratto, ma anche in quella della esecuzione allorquando una delle parti, nel contesto di un rapporto lecito, induca in errore l’altra parte con artifizi e raggiri, conseguendo un ingiusto profitto con altrui danno: Cass. 5579/1998, riv 210613.
Ed ancora, la costante giurisprudenza che ritiene che, ove il pagamento del bene deve avvenire, per pattuizione, in più ratei, il reato si consuma con l’ultimo atto di erogazione (S.U. 18/2000, rv 216429; Cass. 31044/2008 Rv. 240659; Cass. 49932/2012 rv. 254110;
Cass. 18859/2012 rv. 252821) si giustifica proprio sulla base della peculiare struttura dei contratti ad esecuzione differita o continuata.
Stessa situazione, infine, è ipotizzabile, anche nel caso di contratto in pendenza di condizione, quando, ad es. la parte interessata, pone in essere, nei confronti dall’altra parte, artifizi e raggiri finalizzati a far apparire verificata la condizione.
1.3. Alla stregua di quanto testè illustrato, la nozione della truffa contrattuale può essere, quindi, precisata nei seguenti termini: “nei contratti ad esecuzione istantanea si ha truffa contrattuale allorchè l’agente ponga in essere artifici e raggiri al momento della conclusione del negozio giuridico, traendo in inganno il soggetto passivo che viene indotto a prestare un consenso che altrimenti non sarebbe stato dato. Di conseguenza, ove tale tipologia di contratti sia stipulata senza alcun artifizio o raggiro, l’eventuale successiva attività decettiva finalizzata a nascondere l’inadempienza costituisce solo illecito civile.
Al contrario, nei contratti sottoposti a condizione o in cui l’esecuzione sia differita, o non si esaurisca in un’unica prestazione, è configurabile il reato di truffa anche nei casi in cui l’attività decettiva sia posta in essere durante la fase di esecuzione del contratto al fine di conseguire una prestazione altrimenti non dovuta o al fine di far apparire verificata la condizione”.
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Originally posted 2018-01-31 18:21:03.