ART 409 CPP GIUDICE INDAGINI PRELIMINARI

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ART 409 CPP GIUDICE INDAGINI PRELIMINARI

Per il principio della tassatività delle impugnazioni previsto dall’art. 568, comma 1, c.p.p., il provvedimento di archiviazione pronunciato dal Gip su conforme richiesta del P.M. è ricorribile per cassazione, a norma dell’art. 409, comma 6, stesso codice, soltanto per violazione del contraddittorio. Tuttavia, la ricorribilità per cassazione è sempre prevista contro i provvedimenti abnormi, e cioè contro quei provvedimenti che non siano riconducibili ad alcuno degli schemi disciplinati dall’ordinamento processuale, perché emessi in assoluta carenza di potere o con contenuto avulso da ogni previsione normativa. (Fattispecie nella quale la S.C. ha escluso qualsiasi profilo di abnormità, perché relativa a decreto con il quale il Gip, rispettate le regole del contraddittorio nei confronti delle persone offese costituitesi parti civili e nei confronti di chi si era opposto alla richiesta di archiviazione formulata dal P.M., l’aveva accolta ai sensi dell’art. 410 c.p.p. La S.C. ha anche chiarito che, in tal caso, avendo già il P.M. manifestato, con la richiesta di archiviazione, di non voler esercitare l’azione penale in ordine alla notizia di reato devolutagli, spetta solo al procuratore generale presso la corte di appello valutare se sia il caso di avocare le indagini ed eventualmente esercitare l’azione penale in sostituzione del P.M. gerarchicamente inferiore, avvalendosi delle facoltà riconosciutegli dall’art. 412, commi 1 e 2, c.p.p.)

L’inammissibilità dell’opposizione della persona offesa dal reato alla richiesta di archiviazione può derivare esclusivamente dalla mancanza delle condizioni tassativamente previste dall’art. 410, primo comma, c.p.p., le quali, in quanto costituenti un limite al diritto dell’interessato all’attivazione del contraddittorio, non sono suscettibili di discrezionali estensioni né possono consistere in valutazioni anticipate di merito ovvero in prognosi di fondatezza da parte del giudice; ne consegue che eventuali ragioni di infondatezza dei temi indicati nell’atto di opposizione non possono costituire motivo legittimo di inammissibilità, neppure ove attengano ad una valutazione prognostica dell’esito della “investigazione suppletiva” e delle relative fonti di prova indicate dalla parte offesa.

L’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero può ritenersi idonea a legittimare l’intervento della persona offesa dal reato nel procedimento (e quindi ad instaurare il contraddittorio nel previsto rito camerale), in quanto contenga quegli elementi di concretezza e di specificità previsti tassativamente dall’art. 410, primo comma, c.p.p., consistenti nell’indicazione dell’oggetto delle indagini suppletive e dei relativi elementi di prova che devono caratterizzarsi per la pertinenza (cioè la inerenza rispetto alla notizia di reato) e la rilevanza (cioè l’indicenza concreta sulle risultanze dell’attività compiuta nel corso delle indagini preliminari)

Nel valutare l’ammissibilità dell’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero, il giudice è tenuto a verificare se l’opponente abbia adempiuto l’onere impostogli dall’art. 410, primo comma, c.p.p., di indicare l’”oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova”, con l’esclusione di ogni valutazione prognostica di merito; e, qualora ritenga non sussistenti le condizioni legittimanti l’instaurazione del contradditorio, a motivare compiutamente circa le ragioni della ritenuta inammissibilità, indipendentemente dall’apprezzamento o meno della fondatezza della notizia di reato, costituendo la delibazione di inammissibilità momento preliminare all’instaurazione del procedimento di archiviazione. (Nell’occasione la Corte ha altresì precisato che il secondo comma dell’art. 410 c.p.p. non richiede che la declaratoria di inammissibilità formi oggetto di autonomo provvedimento rispetto al decreto motivato di archiviazione, essendo configurata esclusivamente come delibazione costituente atto presupposto alla valutazione del merito della richiesta del pubblico ministero)

La disposizione contenuta nell’art. 409, comma sesto, c.p.p., che riconosce espressamente alla parte offesa la legittimazione a ricorrere per cassazione avverso l’ordinanza di archiviazione, pronunciata all’esito dell’udienza in camera di consiglio senza che di tale udienza sia stato dato avviso alla medesima parte offesa, non può ragionevolmente essere interpretata nel senso di non riconoscerle tale rimedio allorché, nonostante abbia ritualmente chiesto di essere preavvertita dell’eventuale richiesta di archiviazione da parte del P.M., non le sia stato notificato il relativo avviso, previsto dal secondo comma dell’art. 408 stesso codice. Ed invero, si tratta di un vizio ancora più grave di quello conseguente all’omesso avviso dell’udienza dinanzi al giudice per le indagini preliminari alla persona offesa che abbia proposto opposizione, in quanto colpisce la stessa potenziale instaurazione del contraddittorio prevista dalla legge. Ne consegue che tale omissione dà luogo a nullità del decreto di archiviazione emesso de plano, deducibile in sede di legittimità ai sensi del comma quinto dell’art. 127 c.p.p. (Fattispecie relativa a notificazione dell’avviso della richiesta di archiviazione del P.M. eseguita successivamente all’emissione, da parte del Gip, del decreto di archiviazione e ritenuta dalla S.C. equivalente ad omessa notificazione di detto avviso).

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LA NORMA

 

ART 409 CPP GIUDICE INDAGINI PRELIMINARI

Fuori dei casi in cui sia stata presentata l’opposizione prevista dall’articolo 410, il giudice, se accoglie la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero. Il provvedimento che dispone l’archiviazione è notificato alla persona sottoposta alle indagini se nel corso del procedimento è stata applicata nei suoi confronti la misura della custodia cautelare .

  1. Se non accoglie la richiesta, il giudice entro tre mesi fissa la data dell’udienza in camera di consiglio [127] e ne fa dare avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa [90] dal reato. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall’articolo 127(2). Fino al giorno dell’udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà del difensore di estrarne copia(7).

  2. Della fissazione dell’udienza il giudice dà inoltre comunicazione al procuratore generale presso la corte di appello [4122] (3).

  3. A seguito dell’udienza, il giudice, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indica con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il compimento di esse, altrimenti provvede entro tre mesi sulle richieste(7).

  4. Fuori del caso previsto dal comma 4, il giudice, quando non accoglie la richiesta di archiviazione, dispone con ordinanza che, entro dieci giorni, il pubblico ministero formuli l’imputazione. Entro due giorni dalla formulazione dell’imputazione, il giudice fissa con decreto l’udienza preliminare[418]. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 418e 419 (4).

[6. L’ordinanza di archiviazione è ricorribile per cassazione solo nei casi di nullità previsti dall’art. 127 comma 5 .].

(7) Comma così modificato dalla L. 23 giugno 2017, n. 103.

(8) Comma abrogato dalla L. 23 giugno 2017, n. 103.

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Secondo  Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 40984 del 24 settembre 2018)è atto abnorme  anche dalla persona sottoposta ad indagine il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che, non accogliendo la richiesta di archiviazione, ordini, ai sensi dell’art. 409, comma 5, cod. proc. pen., che il pubblico ministero formuli l’imputazione per un reato diverso da quello oggetto della richiesta.

Deve essere annullato, per violazione del diritto di difesa e, quindi, del principio del contraddittorio, il provvedimento di archiviazione del giudice per le indagini preliminari adottato anteriormente alla scadenza del termine – decorrente dalla data di notificazione dell’avviso alla parte offesa della richiesta medesima – previsto dall’art. 408, comma 3, cod. proc. pen., per la proposizione di un eventuale atto di opposizione alla richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero.

In tema di opposizione alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto,

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 la persona offesa ha l’onere di indicare, a pena di inammissibilità dell’opposizione, soltanto le ragioni del dissenso Cass. pen. n. 49046/2017

rispetto alla richiesta del pubblico ministero, ed il giudice per le indagini preliminari è tenuto a valutare tali ragioni che, se non inammissibili, impongono la fissazione dell’udienza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 409, comma 2, cod. proc. pen. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato il decreto di archiviazione con cui il giudice per le indagini preliminari, senza motivare sull’inammissibilità dell’opposizione con riferimento alle ragioni del dissenso riferite alla tenuità del fatto, ha disposto “de plano” l’archiviazione, rilevata la mancanza di specifiche richieste di integrazione istruttoria).

 

Con la sentenza Cass. pen. n. 30685/2017la suprema corte afferma che :

Il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto non è ricorribile per cassazione, se non per far valere una nullità di cui all’art. 127 cod. proc. pen – come espressamente previsto dall’art. 409, comma sesto, cod. proc. pen. – in quanto, non essendo iscrivibile nel casellario giudiziale, trattandosi di provvedimento non definitivo, e non essendo, pertanto, lesivo della posizione dell’indagato, non vi è interesse da parte di quest’ultimo ad impugnare.

Valutazione l’ammissibilità dell’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione:

 il giudice, pur non potendo effettuare una valutazione prognostica dell’esito della investigazione suppletiva e delle relative fonti di prova indicate dalla parte offesa, Cass. pen. n. 16551/2017

conserva tuttavia il potere-dovere di escludere le richieste investigative che appaiano, con immediata evidenza, superflue o comunque inidonee a determinare modificazioni sostanziali del quadro probatorio. (In motivazione, la S.C. ha osservato che l’onere di indicazione posto a carico della persona offesa dall’art. 410, comma primo, cod. proc. pen., è funzionale a consentire al giudicante di sfrondare il procedimento da richieste non serie o meramente esplorative, che sottoporrebbero l’indagato ad un’inutile aggravio della sua posizione processuale).

La cassazione ha stabilito che Cass. pen. n. 2293/1999

è abnorme il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari, nell’ipotesi in cui non accolga la richiesta di archiviazione e ritenga necessarie nuove indagini a seguito di udienza camerale, indichi al pubblico ministero l’interrogatorio dell’indagato, quale atto d’indagine, attesoché l’ordinanza con cui si richiedono nuove indagini, ai sensi dell’art. 409, comma 4, c.p.p., presuppone che allo stato emergano elementi tali da non poter escludere ipotesi di reato a carico dell’imputato ma tuttavia insufficienti per poterlo configurare.

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QUANDO UN PROVVEDIMENTO E’ ABNORME?

Secondo (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 1707 del 18 maggio 1999) perche’

un provvedimento deve essere definito abnorme sia quando esso, per la singolarità e la stranezza del suo contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, sia quando, pur essendo, in astratto, manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, è da definirsi tale il provvedimento del Gip che, ritenendo di non dover provvedere conformemente alla richiesta di archiviazione avanzata dal P.M., disponga la restituzione degli atti a quest’ultimo, imponendogli il compimento di ulteriori indagini e fissando un termine per tale adempimento. Invero, nel vigente ordinamento, quando il Gip non ritenga di disporre l’archiviazione degli atti, deve, ai sensi dell’art. 409 c.p.p., fissare udienza in camera di consiglio, ovvero dispone che il P.M. formuli l’imputazione

 l’indicazione dell’oggetto della investigazione suppletiva e dei relativi mezzi di prova. Detta indicazione deve essere concreta e specifica e l’investigazione suppletiva deve possedere i caratteri della pertinenza e della rilevanza, intendendosi per pertinenza l’inerenza alla notizia di reato e per rilevanza l’idoneità della stessa ad incidere sulle risultanze dell’attività compiuta dal P.M. Di entrambi i profili, nel provvedimento che dichiara l’inammissibilità dell’opposizione, deve essere data adeguata motivazione, la quale in ordine all’irrilevanza della investigazione suppletiva può essere desunta implicitamente anche da quella relativa alla manifesta infondatezza della “notitia criminis”, onde verificare che non vi sia stato un uso distorto del potere di evitare il contraddittorio.

In tema di opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione, non può ritenersi idonea a promuovere il contraddittorio ed a rendere obbligatoria la fissazione dell’udienza di cui all’art. 409 secondo comma c.p.p. la proposta di temi di indagine estranei al fondamento della richiesta di archiviazione, il cui esperimento risulterebbe perciò superfluo ed indifferente ai fini della decisione. Ed invero, non qualsiasi indicazione di indagini suppletive rende ammissibile l’opposizione ed obbligatorio il confronto tra le parti nell’udienza a ciò destinata, ma soltanto l’indicazione di indagini idonee a porre in discussione i presupposti della richiesta del P.M. ed a determinarne eventualmente il rigetto. (Fattispecie nella quale, escluso dal giudice l’elemento oggettivo del reato, la persona offesa aveva indicato quali profili di ulteriore approfondimento elementi che potevano riferirsi solo alla sussistenza del dolo).

OPPOSIZIONE  A RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE COSA  OCCORRE?

In tema di opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione, la disciplina contenuta nell’art. 410, comma primo, c.p.p., prevede che condizioni di ammissibilità dell’opposizione sono l’indicazione dell’oggetto della investigazione suppletiva e dei relativi mezzi di prova. Se ne ricava che l’opposizione deve contenere un preciso tipo di investigazione, suppletiva rispetto a quella espletata dal pubblico ministero, oltre che concreta e specifica. La investigazione è suppletiva quando si pone rispetto ai risultati conseguiti dalle investigazioni del pubblico ministero in rapporto di strumentalità dialettica secondo i profili della pertinenza e della rilevanza, intendendosi per pertinenza l’inerenza alla notizia di reato, e per rilevanza l’idoneità della investigazione proposta a incidere sulle risultanze dell’attività compiuta dal pubblico ministero. I requisiti della concretezza e specificità sono dati dalla indicazione dei mezzi di prova.

Il provvedimento di archiviazione deve pronunciarsi sulla fondatezza della notizia di reato e non sulla qualificazione giuridica del fatto ART 409 CPP GIUDICE INDAGINI PRELIMINARI

Cass. pen. n. 5067/1996

e sulla conseguente competenza per materia: non ha perciò tale valore sostanziale il provvedimento emesso dal Gip, sotto forma di decreto di archiviazione, con il quale gli atti vengono restituiti al P.M. perché a sua volta li trasmetta al P.M. competente. A sua volta il P.M. che riceve gli atti non può, ove non concordi sulla propria competenza, chiedere al proprio Gip di sollevare conflitto avanzando una richiesta che solo formalmente riveste la forma della richiesta di archiviazione. L’unica possibilità che l’ordinamento gli riconosce per far valere la competenza dell’altro ufficio è quella di sollecitare l’intervento del procuratore generale per risolvere il contrasto negativo tra pubblici ministeri ai sensi dell’art. 54 c.p.p. Il conflitto così sollevato deve ritenersi inesistente e gli atti devono essere restituiti al Gip che l’ha sollevato.

In caso di opposizione all’archiviazione da parte della persona offesa, il Gip può emettere decreto di archiviazione de plano solo dopo aver esaminato ed adeguatamente motivato prima in ordine all’ammissibilità della richiesta, che è subordinata solo alla indicazione di investigazioni suppletive ed elementi di prova (indicazione che non deve essere generica o apparente o assolutamente irrilevante), indipendentemente dal loro eventuale esito, e poi, e solo nel caso in cui la richiesta non sia ammissibile, in ordine alla infondatezza della notizia di reato. In ogni altro caso il Gip, cui è preclusa, in questa fase, ogni valutazione prognostica sull’esito degli accertamenti, deve dar corso alla procedura camerale e in quella sede, in contraddittorio, procedere alle ulteriori valutazioni.

Cass. pen. n. 5689/1996

Per il principio della tassatività delle impugnazioni previsto dall’art. 568, comma 1, c.p.p., il provvedimento di archiviazione pronunciato dal Gip su conforme richiesta del P.M. è ricorribile per cassazione, a norma dell’art. 409, comma 6, stesso codice, soltanto per violazione del contraddittorio. Tuttavia, la ricorribilità per cassazione è sempre prevista contro i provvedimenti abnormi, e cioè contro quei provvedimenti che non siano riconducibili ad alcuno degli schemi disciplinati dall’ordinamento processuale, perché emessi in assoluta carenza di potere o con contenuto avulso da ogni previsione normativa. (Fattispecie nella quale la S.C. ha escluso qualsiasi profilo di abnormità, perché relativa a decreto con il quale il Gip, rispettate le regole del contraddittorio nei confronti delle persone offese costituitesi parti civili e nei confronti di chi si era opposto alla richiesta di archiviazione formulata dal P.M., l’aveva accolta ai sensi dell’art. 410 c.p.p. La S.C. ha anche chiarito che, in tal caso, avendo già il P.M. manifestato, con la richiesta di archiviazione, di non voler esercitare l’azione penale in ordine alla notizia di reato devolutagli, spetta solo al procuratore generale presso la corte di appello valutare se sia il caso di avocare le indagini ed eventualmente esercitare l’azione penale in sostituzione del P.M. gerarchicamente inferiore, avvalendosi delle facoltà riconosciutegli dall’art. 412, commi 1 e 2, c.p.p.)

)

L’inammissibilità dell’opposizione della persona offesa dal reato alla richiesta di archiviazione può derivare esclusivamente dalla mancanza delle condizioni tassativamente previste dall’art. 410, primo comma, c.p.p., le quali, in quanto costituenti un limite al diritto dell’interessato all’attivazione del contraddittorio, non sono suscettibili di discrezionali estensioni né possono consistere in valutazioni anticipate di merito ovvero in prognosi di fondatezza da parte del giudice; ne consegue che eventuali ragioni di infondatezza dei temi indicati nell’atto di opposizione non possono costituire motivo legittimo di inammissibilità, neppure ove attengano ad una valutazione prognostica dell’esito della “investigazione suppletiva” e delle relative fonti di prova indicate dalla parte offesa.

L’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero può ritenersi idonea a legittimare l’intervento della persona offesa dal reato nel procedimento (e quindi ad instaurare il contraddittorio nel previsto rito camerale), in quanto contenga quegli elementi di concretezza e di specificità previsti tassativamente dall’art. 410, primo comma, c.p.p., consistenti nell’indicazione dell’oggetto delle indagini suppletive e dei relativi elementi di prova che devono caratterizzarsi per la pertinenza (cioè la inerenza rispetto alla notizia di reato) e la rilevanza (cioè l’indicenza concreta sulle risultanze dell’attività compiuta nel corso delle indagini preliminari)

Nel valutare l’ammissibilità dell’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero, il giudice è tenuto a verificare se l’opponente abbia adempiuto l’onere impostogli dall’art. 410, primo comma, c.p.p., di indicare l’”oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova”, con l’esclusione di ogni valutazione prognostica di merito; e, qualora ritenga non sussistenti le condizioni legittimanti l’instaurazione del contradditorio, a motivare compiutamente circa le ragioni della ritenuta inammissibilità, indipendentemente dall’apprezzamento o meno della fondatezza della notizia di reato, costituendo la delibazione di inammissibilità momento preliminare all’instaurazione del procedimento di archiviazione. (Nell’occasione la Corte ha altresì precisato che il secondo comma dell’art. 410 c.p.p. non richiede che la declaratoria di inammissibilità formi oggetto di autonomo provvedimento rispetto al decreto motivato di archiviazione, essendo configurata esclusivamente come delibazione costituente atto presupposto alla valutazione del merito della richiesta del pubblico ministero)

La disposizione contenuta nell’art. 409, comma sesto, c.p.p., che riconosce espressamente alla parte offesa la legittimazione a ricorrere per cassazione avverso l’ordinanza di archiviazione, pronunciata all’esito dell’udienza in camera di consiglio senza che di tale udienza sia stato dato avviso alla medesima parte offesa, non può ragionevolmente essere interpretata nel senso di non riconoscerle tale rimedio allorché, nonostante abbia ritualmente chiesto di essere preavvertita dell’eventuale richiesta di archiviazione da parte del P.M., non le sia stato notificato il relativo avviso, previsto dal secondo comma dell’art. 408 stesso codice. Ed invero, si tratta di un vizio ancora più grave di quello conseguente all’omesso avviso dell’udienza dinanzi al giudice per le indagini preliminari alla persona offesa che abbia proposto opposizione, in quanto colpisce la stessa potenziale instaurazione del contraddittorio prevista dalla legge. Ne consegue che tale omissione dà luogo a nullità del decreto di archiviazione emesso de plano, deducibile in sede di legittimità ai sensi del comma quinto dell’art. 127 c.p.p. (Fattispecie relativa a notificazione dell’avviso della richiesta di archiviazione del P.M. eseguita successivamente all’emissione, da parte del Gip, del decreto di archiviazione e ritenuta dalla S.C. equivalente ad omessa notificazione di detto avviso).

Il decreto di archiviazione può essere emesso de plano solo previa declaratoria di inammissibilità dell’opposizione proposta dalla persona offesa: ne consegue che, pendente il termine per proporre tale opposizione, la pronuncia di archiviazione non può validamente intervenire. (Affermando siffatto principio la Cassazione ha ritenuto nullo per violazione del diritto al contraddittorio un decreto di archiviazione emesso senza l’intervento della persona offesa, prima della scadenza del termine per l’opposizione poi tardivamente presentata, e quindi senza deliberazione sulla ammissibilità della stessa).

Cass. pen. n. 1777/1995

Il provvedimento con il quale il giudice — ritenuta l’inammissibilità dell’opposizione della persona offesa dal reato ed infondata la notitia criminis — accolga la richiesta di archiviazione avanzata dal P.M., è legittimamente adottato de plano e non è soggetto ad impugnazione, neppure nel caso in cui si intenda contestare la detta ritenuta inammissibilità; e ciò in quanto con l’impugnazione si tende a dedurre un nuovo difetto di motivazione, laddove, in tema di archiviazione, il ricorso è consentito soltanto ove sussistano le nullità previste dall’art. 127, quinto comma, c.p.p.

L’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione può essere dichiarata inammissibile a norma dell’art. 410 c.p.p., non soltanto qualora non contenga le indicazioni previste dal primo comma dello stesso articolo ma anche quando (sulla base di un principio generale deducibile dalla logica del sistema) tali indicazioni si risolvano nella proposizione di temi e mezzi di prova superflui, non pertinenti o irrilevanti ai fini dell’indagine sulla fondatezza della notitia criminis

Secondo  la Suprema corte (Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1777 del 16 giugno 1995)

 

 In ipotesi sia stata proposta opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dal P.M., il Gip, ai sensi dell’art. 410 c.p.p., può accogliere tale richiesta con provvedimento de plano in presenza di due presupposti di cui deve dare atto nella motivazione: l’inammissibilità dell’opposizione e l’infondatezza della notitia criminis. In difetto di tali condizioni il mancato esperimento della procedura camerale e la nullità del provvedimento per violazione del principio del contraddittorio che ne deriva, danno luogo ad una situazione in cui il provvedimento è da ritenere impugnabile per cassazione a norma degli artt. 127, 409, sesto comma e 410 c.p.p.

Quando il Gip non ritiene di accogliere la richiesta di archiviazione del P.M.:

 deve necessariamente fissare l’udienza camerale prevista dall’art. 409 comma secondo c.p.p. e non può restituire de plano gli atti al P.M. con richiesta di formulazione dell’imputazione; tuttavia ove il Gip adotti un tale provvedimento, questo non è autonomamente ricorribile per cassazione sotto il profilo della nullità in virtù del principio della tassatività dei mezzi di impugnazione, né sotto quella dell’abnormità poiché devono considerarsi abnormi solo quei provvedimenti avulsi dagli schemi normativi e da considerarsi stravaganti e non quelli che, pur se adottati in violazione di specifiche norme processuali, rientrano tra i provvedimenti tipici dell’ufficio che li adotta. La illegittimità della richiesta, adottata in violazione di specifiche norme, potrà essere fatta valere, anche per la tutela di interessi più generali, mediante impugnazione del provvedimento definitivo del procedimento.

Cass. pen. n. 2488/1995

  1. Deve ritenersi abnorme la parte del provvedimento del giudice per le indagini preliminari che, nel respingere la richiesta di archiviazione e restituire gli atti al pubblico ministero per la formulazione dell’imputazione, ordini al P.M. medesimo di iscrivere anche il nome di altra persona nel registro delle notizie di reato. Infatti, se per la formulazione dell’imputazione esiste una base normativa che attribuisce al giudice un potere di impulso (art. 409 c.p.p.), per l’iscrizione di indagati nell’apposito registro nessuna norma attribuisce al Gip un potere anche minimo; o, più esattamente, solo nel caso in cui il P.M. richiede l’archiviazione per essere ignoti gli autori del reato, il Gip, a norma dell’art. 415 c.p.p., se ritiene che il reato sia da attribuire a persona già individuata, ha il potere-dovere di ordinare che il nome di questa sia iscritto nel registro delle notizie di reato, ma al di fuori di questo caso specifico, nessun potere compete al giudice in ordine alle iscrizioni in detto registro.

    Il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che respinge la richiesta di archiviazione e indica al pubblico ministero il nomen juris per la formulazione dell’imputazione non può definirsi abnorme. Infatti, nel rito accusatorio vigente, mentre spetta al P.M. l’esercizio dell’azione penale e la formulazione concreta dell’imputazione, compete al Gip un controllo sull’esercizio di tali poteri, che si esprime nella potestà di rifiutare l’archiviazione e restituire gli atti per la formulazione dell’imputazione (art. 409 c.p.p.), anche se non comprende il potere di imporre al P.M. la formulazione di una imputazione in aggiunta a un’altra, o invece di un’altra; sicché, se il giudice nel restituire gli atti indica al P.M. anche le ipotesi penali per la formulazione dell’imputazione, tale indicazione non ha effetto vincolante, ma deve essere intesa come mero impulso orientativo per il potere del P.M. (Nella specie la S.C. ha, invece, ritenuto abnorme la parte del provvedimento che ordinava al P.M. di iscrivere anche il nome di altra persona nel registro delle notizie di reato)
  2. Avverso il decreto di archiviazione deve ritenersi ammissibile, in via di interpretazione analogica dell’art. 409, sesto comma, c.p.p., il ricorso per cassazione per violazione di legge proposto dalla persona offesa nel caso in cui questa, pur avendo dichiarato di voler essere informata circa l’eventuale archiviazione, non sia stata posta in grado di proporre opposizione a norma dell’art. 410 c.p.p. a causa della mancata notificazione, da parte del P.M., della richiesta di archiviazione, prevista dall’art. 408, secondo comma, stesso codice.

    Il provvedimento con il quale il giudice, ritenuta l’inammissibilità dell’opposizione proposta dalla persona offesa avverso la richiesta di archiviazione, accolga, ai sensi dell’art. 410, comma 2, c.p.p., detta ultima richiesta, è legittimamente adottato nella forma del decreto motivato e non è soggetto ad impugnazione alcuna, neppure nel caso in cui si voglia contestare la detta ritenuta inammissibilità, e ciò in quanto con l’impugnazione si tende a far valere un mero difetto di motivazione, laddove in tema di archiviazione il ricorso per cassazione è ammissibile solo quando sussistono le nullità previste dall’art. 127, comma 5.
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Originally posted 2020-05-01 10:48:34.